di Sara Michelucci

L’immigrazione vista attraverso gli occhi degli italiani a Berlino. Un confronto tra diverse generazioni quello che il documentario di Alessandro Cassigoli e Tania Masi, La deutsche vita, mette in scena attraverso interviste a diversi italiani emigrati a Berlino per lavorare. Cuochi, aspiranti attori, creativi, imbianchini si alternano davanti alla telecamera raccontando le loro esperienze, ma anche le possibili differenze tra italiani e tedeschi.

Purtroppo il lavoro non riesce a decollare o a raggiungere gli obiettivi che si era prefissato all’inizio: quello che resta è solo una serie di interviste, anche piuttosto slegate tra loro e con un montaggio che lascia piuttosto a desiderare, non argomentando bene nessuna tesi.

La voce narrante è quella stessa del regista che ha lasciato l’Italia per andare a Berlino e ora sente nostalgia per il suo Paese. Come dice un vecchio proverbio “dopo sette anni in un paese straniero, finalmente ci si rende conto che cosa sei veramente: un immigrato”.  Per superare la sua malinconia, decide di cercare per le strade di Berlino, i suoi connazionali e di vedere come stanno affrontando la permanenza nella città tedesca.

La deutsche vita si propone sicuramente come un viaggio esilarante e tragicomico, che si sgancia dalle solite esaltazioni dell’estero rispetto all’Italia, ma resta in superficie nella sua analisi degli italiani a Berlino. La città è vista dal regista da un lato come un affidabile “mamma”, che prova a sostenere i sogni di chi vi si reca, ma è anche un pianeta lontano, pieno di contrasti e di incongruenze, che potevano essere resi meglio. Si scopre così una comunità colorata, frenetica ed eroica, che è sopravvissuta ad anni di inverni freddi e grigi e caffè annacquato.

Storie diverse che hanno sicuramente un interesse proprio per il fatto di partire da esperienze differenti, ma che purtroppo non sviluppano nessuna idea forte e scorrono sulla pellicola come nei più classici dei documentari.

La deutsche vita (Germania 2013)

Regia: Alessandro Cassigoli, Tania Masi

Distribuzione: Officine UBU

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Un addio al celibato sui generis e pieno di comicità quello raccontato nel nuovo film The Stag - Se sopravvivo mi sposo, per la regia di John Butler, al suo primo lungometraggio. La pellicola è tutta incentrata sulle avventure di Fionnan, che insieme agli amici di sempre si prepara per un rilassante fine settimana nella natura irlandese. Ma non ha messo in conto la presenza del fratello di Ruth, detto ‘the Machine’, il quale trasformerà il suo tranquillo addio al celibato in un’avventura travolgente, ma anche indimenticabile.

Una commedia vera e propria che, però, riesce a mettere sul piatto motivi e situazioni dal sapore tipicamente irlandese, rimanendo ben salda nelle radici territoriali e culturali in cui nasce. Le battute, poi, sono sapientemente dosate e pensate e il tutto fa sì che venga fuori un film divertente e per il grande pubblico, ma non banale.

L’amicizia tra uomini è un altro dei temi forti del film, trattato in maniera leggera, ma allo stesso tempo luogo di condivisione e anche di riflessione su tematiche politiche di più ampio respiro, come l’euro e la politica economica europea, poco benevola, secondo il regista, verso i paesi più deboli.

The Stag - Se sopravvivo mi sposo (Irlanda 2014)

REGIA: John Butler
SCENEGGIATURA: John Butler, Peter McDonald
ATTORI: Andrew Scott, Hugh O'Conor, Peter McDonald, Brian Gleeson, Michael Legge, Andrew Bennett, Marcella Plunkett, Justine Mitchell
FOTOGRAFIA: Peter Robertson
MONTAGGIO: John O'Connor
MUSICHE: Stephen Rennicks
PRODUZIONE: Irish Film Board, Treasure Entertainment
DISTRIBUZIONE: Academy Two

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Non delude il secondo capitolo della trilogia epica di Dragon Trainer, rivelando nuovamente elementi di originalità e divertimento non scontato. È da cinque anni che Hiccup e Sdentato hanno unito con successo i draghi e i vichinghi nell'isola di Berk. Mentre Astrid, Moccioso e il resto della gang si sfidano tra di loro a bordo dei draghi, che è il nuovo gioco preferito dagli isolani, il duo inseparabile esplora il cielo, traccia una mappa dei territori che ne erano sprovvisti e scopre nuovi mondi.

Quando una delle loro avventure li porta a scoprire una grotta di ghiaccio segreta, che è la casa di centinaia di nuovi draghi selvaggi e di un misterioso Dragon Rider, i due amici si trovano al centro di una battaglia per proteggere la pace. Ora Hiccup e Sdentato devono unire le forse per difendere quello in cui credono e riconoscono che solamente insieme avranno potere di cambiare il futuro di uomini e draghi.

Oltre al legame uomo-animale e al superamento delle differenze come tema centrale della storia, in questo nuovo capitolo si punta l’accento sui giovani, gli unici in grado di poter dare una nuova svolta al mondo. In un’epoca dove, al contrario, alle nuove generazione vengono date poche speranze e dove la popolazione è sempre più vecchia, il nuovo lavoro del regista Dean DeBlois sembra voler dare una lettura diversa del presente.

Sono i ragazzi con la loro disobbedienza e la voglia di fare e di scardinare regole conservatrici a poter salvare il mondo e dare una speranza di cambiamento, ma anche di conservazione dell’umanità.

Dragon Trainer 2
(Usa 2014)

Regia: Dean DeBlois
Sceneggiatura: Dean DeBlois
Attori: Gerard Butler, Jonah Hill, Jay Baruchel, Kristen Wiig, Christopher Mintz-Plasse, Kit Harington, America Ferrera, T.J. Miller, Craig Ferguson
Musiche: John Powell
Produzione: DreamWorks Animation, Mad Hatter Entertainment, Vertigo Entertainment
Distribuzione: 20th Century Fox

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

L'estate sta finendo. Riprende un famoso motivo dei Righeira, il titolo del nuovo film di Stefano Tummolini, co sceneggiatore de Il Bagno Turco di Ferzan Özpetek. Il lavoro mette al centro della storia un gruppo di giovani prossimo alla laurea. La bella stagione volge al termine e gli otto laureandi decidono di partire per passare il fine settimana in una villa sul mare. Un week end che inizia bene e si fa promettente se non fosse per Guido, un nuovo arrivato, che viene considerato da tutti inadeguato e piuttosto fastidioso. In spiaggia non sopporta il caldo, si veste in modo trasandato e soprattutto ha delle uscite poco felici, anche perché molto spesso coglie nel segno attraverso quello che dice.

Da qui l’epilogo negativo, quando avviene un incidente che trasformerà la gita al mare in un incubo. Il gruppo non è capace di gestire la situazione e i ragazzi si ritraggono ognuno nel proprio mondo, dove l’indifferenza regna sovrana. È la “peggio gioventù” quella descritta dal regista di Un altro pianeta, che si contrappone a quella “meglio gioventù” tanto decantata negli anni passati. Un mondo fatto di benessere, ma con poca considerazione dei valori, degli altri e anche di se stessi, dove l’unica condizione a cui si è spinti è quella verso un’esistenza fatta di egoismo e solitudine.

Il film inizia come una commedia, con momenti goliardici e divertenti, ma ben presto si trasforma in altro e questa commistione di generi è sicuramente interessante e rende alto il ritmo del film. La diversità è qualcosa che non viene accettato dal “branco” di ragazzi della società del benessere, che sono infastiditi da chi non si mimetizza col gruppo. I presupposti del film sono buoni, andando a indagare nel tessuto sociale contemporaneo, nonostante manchi una recitazione più corposa e consistente e soprattutto una sceneggiatura che non arrivi subito a rapida conclusione.

L’estate sta finendo (Italia 2014)
REGIA: Stefano Tummolini
SCENEGGIATURA: Michele Alberico, Mattia Betti, Stefano Tummolini
ATTORI: Andrea Miglio Risi, Marco Rossetti, Giuseppe Tantillo, Nina Torresi, Nathalie Rapti Gomez, Fabio Ghidoni, Ilaria Giachi, Lucia Mascino, Antonio Merone, Antonello Fassari
FOTOGRAFIA: Raoul Torresi
MONTAGGIO: Annalisa Schillaci
MUSICHE: Teho Teardo
PRODUZIONE: Film Kairòs, Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC)
DISTRIBUZIONE: Luce Cinecittà

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

La commedia sentimentale torna al cinema con il nuovo lavoro di Rob Reiner, Mai così vicini. Oren Little (un sempre bravo Michael Douglas) è un agente immobiliare che non spicca per simpatia. Intenzionalmente indisponente verso il genere umano, non desidera altro che vendere un’ultima casa, dopo la morte della moglie, e andare finalmente in pensione. Ben presto, però, i suoi puntali piani vengono scombussolati.

Il figlio, ex tossicodipendente, gli lascia la nipote di nove anni, Sarah, della cui esistenza non sapeva nulla. Incapace di prendersi cura della tenera bambina, la affida alla risoluta e sensibile vicina di casa, Leah (Diane Keaton). Ma pur cercando di tornare alla sua triste e piatta quotidianità, Oren imparerà ad aprire il cuore alla famiglia, a Leah e alla vita stessa.

L’interazione tra uomo e donna è ancora una volta protagonista del lavoro di Reiner. Dopo Harry ti presento Sally, del 1989, il regista statunitense torna ad affrontare la relazione tra i due sessi, questa volta in un periodo della vita decisamente differente rispetto al precedente film. Un cast di attori di mezza età sui cui il regista riesce a costruire una storia semplice, ma ben equilibrata, che non scade mai nel ridicolo o nel grottesco, ma punta sugli attori per offrire un quadro generazionale e umano divertente, ma allo stesso tempo dettagliato e puntuale.

La descrizione dei personaggi, infatti, non presenta sbavature e punta dritto ai sentimenti, per far emergere il lato positivo e negativo di ognuno di loro e ridare a ciascuno la possibilità di vivere di nuovo appieno la propria esistenza.

Mai così vicini (Usa 2014)

Regia: Rob Reiner
Sceneggiatura: Mark Andrus
Attori: Michael Douglas, Diane Keaton, Sterling Jerins, Annie Parisse, Paloma Guzmán, Austin Lysy
Fotografia: Reed Morano
Montaggio: Dorian Harris
Produzione: Castle Rock Entertainment, Envision Entertainment Corporation, Foresight Unlimited
Distribuzione: Videa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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