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di Sara Michelucci
Il dramma dell’Alzheimer è protagonista in tutta la sua complessità in Still Alice, film scritto e diretto da Richard Glatzer (morto pochi giorni fa a 63 anni combattendo contro la Sla) e Wash Westmoreland, la cui protagonista, Julianne Moore, si è aggiudicata l’Oscar 2015 come miglior attrice. Adattamento cinematografico del romanzo Perdersi, scritto nel 2007 dalla neuroscienziata Lisa Genova, racconta la storia di Alice Howland, sulla soglia dei cinquant'anni.
Una donna affermata, soddisfatta di quanto ha realizzato nella sua vita. È, infatti, una celebre linguista che insegna alla Columbia University, ha un marito e tre figli che ama follemente: Anna, Tom e Lydia. Ad un certo punto, nella vita di Alice, qualcosa comincia a cambiare, dapprima qualche dimenticanza e in seguito veri e propri momenti di vuoto, durante i quali non riconosce il posto in cui si trova. Eventi che la spingono a farsi vedere da alcuni medici e la diagnosi è terribile: una forma presenile di Alzheimer di matrice genetica.
E così la vita di Alice cambia di colpo. Tutte le sue certezze crollano, diventando una donna fragile e indifesa, anche agli occhi della famiglia. La malattia, ancora una volta, torna ad essere un tema centrale, come lo è stato in altri film, tra cui non si può non ricordare lo splendido Amour, scritto e diretto da Michael Haneke.
In questo caso, però, la forza della trama è inferiore e il successo della pellicola è incentrato soprattutto sulla bravura della Moore, che riesce a dosare in maniera magistrale sentimenti contrapposti, dando al personaggio una luce vivida che la mette al centro e mostra il lento progredire della malattia. Una mutazione di se stessi che spiazza e rende bene l’orrore di questa malattia.
Still Alice (Usa 2014)
REGIA: Richard Glatzer, Wash Westmoreland
SCENEGGIATURA: Wash Westmoreland, Richard Glatzer
ATTORI: Julianne Moore, Kristen Stewart, Kate Bosworth, Shane McRae, Alec Baldwin, Seth Gilliam, Hunter Parrish, Daniel Gerroll
FOTOGRAFIA: Denis Lenoir
MONTAGGIO: Nicolas Chaudeurge
MUSICHE: Ilan Eshkeri
PRODUZIONE: BSM Studio, Backup Media, Big Indie Pictures, Killer Films
DISTRIBUZIONE: Good Films
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di Sara Michelucci
Una lettura comica della criminalità organizzata, quella che chiede il pizzo e che vessa i commercianti. Noi e la Giulia, nuovo film di Edoardo Leo, trae ispirazione dal libro Giulia 1300 e altri miracoli di Fabio Bartolomei, per raccontare la storia di tre uomini, Diego (interpretato da Luca Argentero), Fausto (Edoardo Leo) e Claudio (Stefano Fresi).
Insoddisfatti della vita che conducono e ansiosi di lasciare la città e cambiare vita, si ritrovano uniti nell’impresa di aprire un agriturismo. Da perfetti sconosciuti quali sono, i tre iniziano un’avventura e a loro si unirà Sergio (Claudio Amendola), cinquantenne nostalgico dei tempi che furono, e Elisa (Anna Foglietta), una giovane donna incinta un bel po’ fuori di testa.
Ma la loro strada sarà ben presto ostacolata da un losco individuo. Vito (Carlo Buccirosso) è un camorrista venuto a chiedere il pizzo alla guida di una vecchia Giulia 1300. Ma la ribellione al sopruso che stanno subendo sarà orchestrata in maniera piuttosto tragicomica. Un’avventura rocambolesca e imprevista, per resistere a un sopruso a cui, nella vita reale, spesso e volentieri si risponde con la paura e il silenzio.
Una commedia che, però, non sa volare, non riesce a tirare fuori la risata che nasconde al suo interno la critica allo status quo. È debole sia per quanto riguarda la tenuta della storia che per i personaggi che, pur funzionando bene nei loro singoli ruoli, non creano quell’intesa tra di loro che spesso ci si aspetta da commedie corali di questo tipo.
Noi e la Giulia (Italia 2015)
REGIA: Edoardo Leo
SCENEGGIATURA: Marco Bonini, Edoardo Leo
ATTORI: Luca Argentero, Edoardo Leo, Claudio Amendola, Anna Foglietta, Stefano Fresi, Carlo Buccirosso
FOTOGRAFIA: Alessandro Pesci
MONTAGGIO: Patrizio Marone
DISTRIBUZIONE: Warner Bros. Italia
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di Sara Michelucci
Uno stile quasi da caserma, quello che Terence Fletcher - interpretato da un eccellente J. K. Simmons, premio Oscar 2015 come miglior attore non protagonista - usa per insegnare musica ai suoi allievi. Metodi poco ortodossi, al limite della ferocia, sia fisica che psicologica, che toccheranno nel profondo il giovane Andrew, il quale sogna di diventare uno dei migliori batteristi jazz della sua generazione.
Però al conservatorio di Manhattan, lo Shaffer, di bravi ce ne sono e mister Fletcher non perde l’occasione di mettere i ragazzi in competizione tra loro. Il regista Damien Chazelle regala un film dai sentimenti forti e contrastanti, dove il giusto e lo sbagliato si intrecciano e si confondono nella ricerca della genialità e della grandezza di personaggi come Charlie Parker.
“Bird” è infatti il termine di paragone e il punto di congiunzione tra il maestro e l’alunno, la spinta che farà superare a Andrew paure e rabbia e che permetterà a Fletcher di riconoscere la bravura del suo allievo. L’accusa che pesa sulla testa del maestro e che gli farà perdere il posto è quella di aver condotto un suo vecchio allievo al suicidio, a causa del suo modo di fare. Un motivo che, però, non fermerà il ragazzo.
Non c’è bisogno di dire che la musica è una delle protagoniste indiscusse di quest’opera, sapientemente utilizzata per mettere in mostra la fatica e il turbamento che c’è dietro la genialità. L’uso della telecamera, a tratti anche scattanti, che insegue frenetica i gesti dell’insegnante e la messa in musica dell’orchestra, riesce a delineare un mondo fatto di sacrifici, ma anche di enormi soddisfazioni.
Whiplash (Usa 2014)
Regia: Damien Chazelle
Sceneggiatura: Damien Chazelle
Attori: Miles Teller, J.K. Simmons, Melissa Benoist, Paul Reiser, Austin Stowell, Jayson Blair, Kavita Patil, Kofi Siriboe, Jesse Mitchell
Prduzione: Blumhouse Productions, Bold Films, Exile Entertainment, Right of Way Films
Distribuzione: Sony Pictures
Fotografia: Sharone Meir
Montaggio: Tom Cross
Musiche: Justin Hurwitz
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di Sara Michelucci
Nessuna grande sorpresa per gli Oscar 2015. L’87esima edizione degli Academy Awards al Dolby Theatre di Los Angeles ha rispettato le aspettative, consacrando il film di Alejandro Gonzales Innaritu, Birdman, il migliore di quest'anno. Ed è proprio un film “antihollywoodiano” a conquistare, invece, l’Academy.
Il regista messicano ha fatto incetta di premi, portando a casa anche la statuetta per miglior regista, migliore sceneggiatura e miglior fotografia. A bocca asciutta, invece, il suo protagonista, il bravo Michael Keaton, a cui è sfuggito il premio come miglior attore protagonista, andato invece a un commosso Eddie Redmayne, che ha vestito i panni del fisico malato di Sla, Stephen Hawking, ne La teoria del tutto.
Altro premio atteso è stato quello per la migliore attrice protagonista, conquistato dall'altrettanto valente Julienne Moore, che ha vinto con Still Alice, il film che porta sul grande schermo la sofferenza dell'Alzheimer. La Moore, con le lacrime agli occhi, non ha infatti mancato di sottolineare l'importanza di parlare di questa malattia che coinvolge molte persone.
Interessanti i premi conferiti agli attori non protagonisti. Spunta, infatti, per il ruolo al maschile un eccellente J. K. Simmons premiato per Whiplash, dove interpreta il ruolo di un insegnante di jazz dai modi poco ortodossi. Durante il suo discorso ha detto: “Per tutti quelli che hanno ancora i genitori, non mandate mail e sms, tirate su il telefono”.
Per il miglior ruolo di non protagonista femminile la spunta Patricia Arquette, che batte un mostro sacro come Meryl Streep, grazie al ruolo interpretato in Boyhood. La Arquette, che nel film veste i panni di una madre, ha parlato, nel suo discorso di premiazione, della necessità che ci sia maggiore eguaglianza per le donne: “È difficile avere un’eguaglianza di stipendio per le donne negli Stati Uniti ed è ora che ne parliamo”. Discorso che ha sollevato numerosi applausi, soprattutto tra le sue colleghe.
Ma ce n’è anche per l’Italia, anche se si tratta di un premio tecnico. Dopo l’Oscar a Sorrentino, lo scorso anno per La Grande Bellezza, questa volta il Bel Paese porta a casa la statuetta per i migliori costumi, premiando Milena Canonero, alla sua quarta statuetta, grazie a Gran Budapest Hotel. Il bel film di Wes Anderson conquista anche i premi per la miglior colonna sonora, il miglior trucco e la migliore scenografia.
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di Sara Michelucci
Dai blockbuster al teatro di Broadway. Dalla tuta da uccello piumato ai panni impegnati del protagonista dell’opera What We Talk About When We Talk About Love di Raymond Carver. Birdman, il nuovo film di Alejandro González Iñárritu, racconta le vicende di Riggan Thompson, attore che disperatamente tenta di allontanarsi dalla figura che tanto lo ha reso celebre, il supereroe Birdman, per l’appunto, mettendo in scena, a Broadway, uno spettacolo che non ha niente a che fare con i suoi film pieni di effetti speciali e trame hollywoodiane.
Ma Riggan soffre il fallimento, sia lavorativo che familiare: ha una figlia che è appena uscita da un centro per tossicodipendenti, un’ex moglie che continua ad amare, ma che ha tradito, e una nuova fiamma che non rappresenta molto per lui. A questo si aggiunge il dramma di essere scisso tra voglia di celebrità e brama di contare veramente qualcosa nell’arte drammaturgica.
La convinzione di non essere un bravo attore viene supportata da quello che pensa la gente, ma soprattutto dalla temutissima critica cinematografica, Tabitha Dickinson, la quale gli rivela la sua intenzione di stroncare lo spettacolo che porterà presto in scena. Riggan in quattro giorni di programmazione, tre dei quali sono anteprime, dovrà fronteggiare il nuovo attore del cast, Mike Shiner, che tenterà di usarlo come trampolino per la sua carriera. Shiner, infatti, rappresenta la figura dell'attore senza macchina, anche se continua a recitare nella realtà, mentre sul palcoscenico fa di tutto, meno che fingere.
Iñárritu dimostra ancora una volta le sue grandi capacità registiche, coadiuvato da un cast altrettanto valido, con Michael Keaton, Edward Norton, Emma Stone e Naomi Watts. La caratterizzazione dei personaggi è sapiente e riesce a mostrare tutti i lati dei ruoli messi in campo, dosandoli con maestria. Inoltre, l’uso della macchina da presa è accattivante, con piani sequenza e un montaggio che sa creare un’atmosfera a metà tra realtà e finzione, tra vero e immaginato, dove la destrutturazione del mondo dello spettacolo e il suo essere, spesso, ridicolo e meschino, sono messi bene in luce. Senza alcuna sbavatura.
Birdman (Usa 2014)
REGIA: Alejandro González Iñárritu
SCENEGGIATURA: Alejandro González Iñárritu, Armando Bo, Nicolas Giacobone, Alexander Dinelaris
ATTORI: Michael Keaton, Edward Norton, Emma Stone, Naomi Watts, Zach Galifianakis, Amy Ryan, Merritt Wever, Joel Garland, Clark Middleton, Bill Camp, Dusan Dukic, Andrea Riseborough
FOTOGRAFIA: Emmanuel Lubezki
MONTAGGIO: Douglas Crise
MUSICHE: Antonio Sanchez
PRODUZIONE: New Regency Pictures, Worldview Entertainment
DISTRIBUZIONE: 20th Century Fox