di Giovanni Gnazzi

Centomila voti. La differenza tra il giorno e la notte, a Roma, è stata di centomila voti. Tale é stata infatti la distanza tra Alemanno e Rutelli, pari a quella tra una classe politica e una città che in lei non si riconosce più. L’ondata di destra, certo; l’effetto domino delle politiche, forse. Ma il voto maggiore per Alemanno pare essere venuto dalla periferia di Roma; le aree cioè dove il disagio, la povertà, l’emarginazione, si respirano a pieni polmoni. Non è un caso - purtroppo - che i quartieri popolari, bacino d’utenza storico del voto della sinistra, siano diventati da diversi anni il serbatoio di voti della destra. Una triste nemesi che indica la fine del ruolo sociale della sinistra capitolina, un tempo capace di parlare al suo popolo e oggi, invece, capace solo di frequentare i salotti del centro storico e dei quartieri-bene. Certo la sicurezza, tema agitato come un manganello dall’impero mediatico della destra, è stato l’elemento sul quale il voto è stato netto, ma non è il solo.

di Saverio Monno

Week-end particolarmente propizio per Silvio Berlusconi. Al termine di una settimana di “afflizioni”, il premier in pectore riesce a chetare gli appetiti degli alleati e a chiudere il toto-ministri. Il summit milanese, nella sede della Lega in via Bellerio, permette al Cavaliere di incassare l’agognato sì del carroccio. Al vertice, in agenda da giorni, e preceduto da un’interminabile serie di incontri e riunioni, in cui gli alleati non perdevano occasione per tirare il doppiopetto al Cavaliere, prendono parte, oltre a Berlusconi e Bossi, l’immancabile frotta di galantuomini. Tra questi Aldo Brancher (arrestato per tangenti e condannato a 2 anni e 8 mesi, per falso in bilancio e violazione della legge sul finanziamento ai partiti), Roberto Maroni (4 mesi e 20 giorni per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale) e Roberto Calderoli (indagato per ricettazione nell’inchiesta sulla Bpl di Giampiero Fiorani). A conclusione del meeting, davanti ai cronisti, i soliti segnali distensivi, a celare le giornate trascorse a muovere e rimuovere le tessere di un mosaico che non prendeva alcuna forma. “E’ un incontro che soddisfa entrambe le parti - sorride Berlusconi - stiamo andando avanti come avevamo cominciato”. In realtà le cose sono iniziate in modo diverso.

di mazzetta

L'ex Segretario alla Difesa Usa Rumsfeld, falco dei falchi, potrà anche dire che "la guerra in Irak é una catastrofe", ma pare che nel nuovo governo ci sia una gran voglia di riportare i nostri militari a morire in Iraq. Ha cominciato Martino dicendo che se dipendesse da lui manderebbe uomini in Iraq e Afghanistan e toglierebbe quelli che ci sono in Libano, dove purtroppo impediscono al governo israeliano di invadere il Libano in caso di crisi di consensi. Sembra strano, ma dopo che il precedente governo Berlusconi aveva dato segno di voler ritirare le truppe dall'Iraq prima di uscire sconfitto dalle urne, ora c'è invece un consenso montante ad aumentare l'esposizione dei nostri militari nelle guerre di Bush. Ovviamente sono guerre che i nostri indomiti spacciano per missioni di pace a giorni alterni, quando non sono impegnati a propagandare lo scontro di civiltà, ma restano pur sempre disastri senza apparente via d'uscita e senza una ratio apprezzabile da chi non commercia in idrocarburi.

di Maura Cossutta

Per la sinistra la sconfitta elettorale è stata devastante, ben al di là di ogni previsione, la più pessimistica o la più lucida che fosse. Un vero e proprio tsunami, che stravolge la faccia delle istituzioni e del Paese. Per la prima volta nella storia la sinistra è fuori dal Parlamento, neanche un parlamentare, sparita, dissolta. Perde milioni di voti ovunque, al Nord e al Sud, nelle grandi città e nei piccoli comuni, non raggiungendo il quorum neppure nelle zone considerate “sicure”, neppure dove il radicamento era consolidato o dove il cosiddetto voto di opinione aveva sempre tenuto. E crolla addirittura negli insediamenti operai delle grandi fabbriche. Una sconfitta epocale, storica. Ma l’onda lunga dello tsunami non si ferma: ora dilaga nei partiti che sono stati sconfitti, dissolvendo quello che era rimasto.

di mazzetta

Il risultato elettorale sembra aver colto di sorpresa gli sconfitti in misura superiore al plausibile. Stupore strano, poiché la sconfitta era annunciata, si sapeva che sarebbe stata netta quanto inevitabile e non solo perché lo dicevano i sondaggi. Fanno buon viso a pessimo gioco al Partito Democratico, entrano nel fair play con il quale Veltroni pensa di tappezzare il suo Piano B, ovvero l'attesa che la fine del governo Berlusconi, prima o poi, lo consegni al paese come unica alternativa. Sono i vantaggi del sistema bipolare: non occorre vincere, basta attendere il fallimento dell'altro polo e festeggiare la vittoria sui cadaveri degli amministrati. L'errore originale è stato quello di dare per finito Berlusconi e credere che in caso di caduta di Prodi ci sarebbe stato da affrontare un centrodestra imploso, salvo poi ritrovarsi Berlusconi trionfante a capo di una destra coesa, più forte e più reazionaria che mai. Fanno buon viso a cattivo gioco anche nella Destra, che ora cercherà di elemosinare qualche strapuntino, festeggiano la sparizione dei comunisti e anche loro sperano nel loro personale sole nero dell'avvenire. Al popolo di destra piace il potere, un partito di destra che si offre come opposizione ha il destino segnato.


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