di Saverio Monno

Archiviato il clima temperato della prima ora, la campagna elettorale imbocca la strada verso orizzonti più turbolenti. La settimana appena trascorsa è stata teatro, infatti, delle prime recriminazioni e di accennate baruffe. Le polemiche si sono concentrate per lo più sull’uso dei dati di sondaggio e sulla par condicio. In entrambi i casi, ad occupare la scena vi è il solito Berlusconi. Il Cavaliere preoccupato dalla diffusione “incontrollata di dati statistici artificiosi o sapientemente manipolati” e nonostante il tormento per uno strumento “antidemocratico” che, a suo dire, penalizzerebbe Pd e Pdl, qual è la legge sulla par condicio, non ha, comunque lesinato il suo sorriso serafico alle telecamere dei vari salotti televisivi. Così, la sortita ai microfoni “casalinghi” di Canale5, teatro del primo “messaggio evangelico” ai suoi elettori. “Rialzati Italia!” è lo slogan, di matrice quasi biblica, “ideato” dallo stesso Berlusconi, e lanciato dalla poltroncina solitaria dello studio di Matrix. Si tratta del fiore all’occhiello di un programma di circa dodici pagine, che vedrebbe il Cavaliere impegnato in “sette missioni”, sette fatiche di “erculea memoria”.

di Sara Nicoli

Come tutti gli anniversari che si rispettino, anche quello sulla tragica fine di Aldo Moro non esula dalle rivelazioni dell’ultim’ora, quelle destinate - almeno nelle intenzioni - ad aprire squarci di verità su fatti ancora oscuri a distanza di trent’anni. Ora, fatto salvo che in Italia non si riesce mai a sapere una verità che è una su una qualsivoglia vicenda (sia essa minimale per le sorti del Paese, come un delitto di provincia, o decisamente più importante, come la morte violenta di uno statista o una strage dai mandanti politici) la storia dell’omicidio Moro viene vissuta oggi come qualcosa di veramente troppo lontano perché ogni nuova verità possa minimamente influenzare in qualche modo il presente. Ma è forse proprio per questo che ora entrano in scena, con rivelazioni sul piede della tomba, personaggi che all’epoca svolsero ruoli più o meno importanti nell’indirizzare le indagini e nell’influenzare le decisioni di chi, davvero, doveva decidere. Quel che emerge sono nuovi tasselli di una verità a dire il vero già nota, ma raccontata con maggiore rudezza e forse per questo digeribile con più difficoltà. Aldo Moro - ci viene svelato adesso - fu lasciato morire nel nome della ragion di Stato, cosa che di per sé non è certo una novità. Lo è, invece, che nel nome di questa il comitato di crisi messo in piedi per gestire l'emergenza pianificò la morte dell'ex statista. E allora la storia diventa più complicata.

di Sara Nicoli

E’ una campagna elettorale strana, schizofrenica, più guerreggiata nelle retrovie che verso l’esterno. Tranne rare eccezioni di gesti plateali, come quello del Cavaliere che straccia il programma del Pd, fino a poco prima accusato di essere “copiato” dal suo, per il resto gli schizzi di veleno sono equamente dispensati in una guerra del tutti contro tutti che solo quaranta giorni fa sarebbe stata impensabile. E’ ufficialmente cambiato tutto, con Borselli che dice peste e corna di Bertinotti e Bertinotti fa altrettanto con Veltroni, mentre Berlusconi spara addosso a Casini e quest’ultimo se la prende con Fini che, a sua volta, inveisce contro Storace: saltate le coalizioni, è tutto uno strapparsi il pane di bocca. Con un’unica certezza sul finale di questa giostra: se Berlusconi sarà per la quinta volta presidente del Consiglio, porterà con sé, tra Camera e Senato, un battaglione di parlamentari che mai avremmo pensato di dover chiamare un giorno “onorevoli” se non all’interno di un film dell’orrore. Che, invece, puntualmente si è verificato.

di Cinzia Frassi

Ci sarà ancora questo clima fino al deposito dei simboli e sicuramente fino alla presentazione delle liste di candidati, il 9 e 10 marzo prossimo. Si concluderà solo allora questo periodo all'insegna del "rimpasto", di fusioni audaci e separazioni annunciate e di restyling di simboli, identità e scambio di poltrone. Il centro destra, dopo l’ingresso nel Pdl di Fini e dei suoi, chiude la porta in faccia a Casini e all’Udc. A cercare di rastrellare i nostalgici di una destra con una sua identità ideologica più tradizionale: Francesco Storace a capo del nuovo partito la Destra. Secondo i recenti sondaggi, una formazione che potrebbe riuscire a trovare una quota tra l’1 e il 3% e una potenziale fetta del 12%. Così mentre Gianfranco Fini sostiene che nessuno li voterà, Storace risponde proprio che “bisogna avere più prudenza quando si parla di piccoli partiti". Una fetta di elettori di An quindi dovrebbe riconoscersi maggiormente nella neo formazione che vede come candidato premier la signora Santanchè.

di Saverio Monno

Al via oramai da qualche giorno, l’attuale campagna elettorale ci stupisce per il clima particolarmente cordiale che ha accompagnato questa prima fase del confronto. La dialettica tra le diverse fazioni si è presentata improntata, almeno sino ad ora, all’insegna di un’inusitata pacatezza. I primi a lanciare questo “messaggio di pace”, sono stati Berlusconi e Veltroni, con il primo pieno di premure e consigli per la salute del secondo, che da parte sua ringrazia ed assicura di non essere disposto ad attaccare l’avversario, durante la competizione elettorale per “rispetto”. In forma Berlusconi che, dicendosi preoccupato per la pesante eredità del governo-Prodi, discute del grande senso di insicurezza e della paura che “attanaglia il paese, anche per l’ingresso generalizzato di immigrati.” Ribadisce che “Prodi ha fallito, ha fallito l’Unione. La sinistra ha fallito. Hanno scontentato tutti, imprenditori, lavoratori, giovani ed anziani”. Il cavaliere attinge a piene mani dal suo repertorio, e, rispolverando un vecchio slogan del 2006, proposto in versione soft, aggiunge: “Gli Italiani non saranno così ingenui da riconsegnare il paese nelle mani di questa sinistra!”


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