di Cinzia Frassi

Ci sarà ancora questo clima fino al deposito dei simboli e sicuramente fino alla presentazione delle liste di candidati, il 9 e 10 marzo prossimo. Si concluderà solo allora questo periodo all'insegna del "rimpasto", di fusioni audaci e separazioni annunciate e di restyling di simboli, identità e scambio di poltrone. Il centro destra, dopo l’ingresso nel Pdl di Fini e dei suoi, chiude la porta in faccia a Casini e all’Udc. A cercare di rastrellare i nostalgici di una destra con una sua identità ideologica più tradizionale: Francesco Storace a capo del nuovo partito la Destra. Secondo i recenti sondaggi, una formazione che potrebbe riuscire a trovare una quota tra l’1 e il 3% e una potenziale fetta del 12%. Così mentre Gianfranco Fini sostiene che nessuno li voterà, Storace risponde proprio che “bisogna avere più prudenza quando si parla di piccoli partiti". Una fetta di elettori di An quindi dovrebbe riconoscersi maggiormente nella neo formazione che vede come candidato premier la signora Santanchè.

di Saverio Monno

Al via oramai da qualche giorno, l’attuale campagna elettorale ci stupisce per il clima particolarmente cordiale che ha accompagnato questa prima fase del confronto. La dialettica tra le diverse fazioni si è presentata improntata, almeno sino ad ora, all’insegna di un’inusitata pacatezza. I primi a lanciare questo “messaggio di pace”, sono stati Berlusconi e Veltroni, con il primo pieno di premure e consigli per la salute del secondo, che da parte sua ringrazia ed assicura di non essere disposto ad attaccare l’avversario, durante la competizione elettorale per “rispetto”. In forma Berlusconi che, dicendosi preoccupato per la pesante eredità del governo-Prodi, discute del grande senso di insicurezza e della paura che “attanaglia il paese, anche per l’ingresso generalizzato di immigrati.” Ribadisce che “Prodi ha fallito, ha fallito l’Unione. La sinistra ha fallito. Hanno scontentato tutti, imprenditori, lavoratori, giovani ed anziani”. Il cavaliere attinge a piene mani dal suo repertorio, e, rispolverando un vecchio slogan del 2006, proposto in versione soft, aggiunge: “Gli Italiani non saranno così ingenui da riconsegnare il paese nelle mani di questa sinistra!”

di Rosa Ana De Santis

Il partito gli chiede di correre da solo, Berlusconi gli propone di entrare nel Pdl. Giorni difficili per Pier Ferdi, che a forza di fare il "né-né" si trova a dover scegliere di non saper dove andare. L'ex Presidente della Camera le sta tentando tutte con il Cavaliere: pur di apparentarsi farebbe qualunque cosa. Ma pare che stavolta l'uomo di Arcore abbia deciso che la formazione bigotta serve solo se porta voti a lui, non se Casini utilizza i voti suoi per le sue probabili, future scorribande trasversali. Dunque, forse l’Udc di Pier Ferdinando Casini, suo malgrado e controvoglia, “correrà da sola”. Del resto era stato questo il duro verdetto emesso dalla segreteria politica dei partito papale, che ha respinto le offerte indecenti di Berlusconi che pretendeva adottarlo cambiandogli però nome e cognome. Davanti all’idea di veder scomparire il proprio simbolo, Casini ha detto no: l’Udc, allora, correrà da sola. Che poi sia preciso il termine correre piuttosto che camminare, questo lo vedremo il 14 Aprile. Intanto quello che è certo è che il partito dell’ex-presidente della Camera ha raggiunto il record di traumi nel più breve lasso di tempo possibile.

di Cinzia Frassi

Prima Silvio Berlusconi, poi Walter Veltroni. Si alternano così nel salotto bianco di Bruno Vespa i corridori solitari della politica italiana. Dallo scrittoio ormai d’obbligo per il Cavaliere, riesumato per l’occasione martedì scorso, al leader che ha lanciato la moda di “navigare in solitaria”. Il “si può fare” vestito di blu sembra nato per stare davanti ad una telecamera. Politically correct nel sangue, senza bisogno di tingersi i capelli. Moderato di default e moderno fino al midollo. Questa la sensazione in apertura della serata dedicata a lui nel salotto di Bruno Vespa. Ragionevole e sempre in linea con la saggezza latina all’insegna di in medio stat virtus. Abbiamo fatto un partito dal basso, con le primarie, dice, molto diverso dallo schieramento sotto l’ala del Cavaliere. Parla di cambiamento della geografia politica, di terremoto politico: il partito democratico, dichiara, è il partito di centro sinistra. Rivendica il titolo di partito di sinistra, suscitando come è accaduto, reazioni tra coloro che rappresentano la sinistra radicale. Dall’altra parte invece non c’è più il centro destra, sostiene, dato che Casini non ci sta e il Cavaliere coaugula forze di destra, da Fini alla Mussolini.

di Sara Nicoli

Già il solo vederlo pronunciare la parola “aborto” provoca un sano senso di disagio e di disgusto. Non appena, poi, oltre all’ormai noto salmoidiare su quanto sia riprovevole la pratica abortiva sotto tutte le latitudini senza che mai ci possa essere una ragione valida per farvi ricorso, lo si sente dire che l’altro giorno a Napoli, oltre ad aver offeso la dignità di una donna che già stava soffrendo “è morto anche un bambino”, vien voglia davvero di spernacchiarlo. Ma siccome passeremmo poi per cafoni, scivolando dalla parte dove non vogliamo stare, ossia quella del torto e della furia cieca vendicativa delle menti semplici, ecco che ci piacerebbe avere, adesso, una macchina del tempo. E ricacciare Giuliano Ferrara esattamente dove vorrebbe farci tornare lui, ad anni luce da qui e dal mondo civilizzato, verso quel tardo medioevo, oscuro e terribile, di cui sicuramente lui e i suoi vescovi sentono tanto la mancanza. Ovviamente vorremmo che, contrariamente a quanto vuole il Cavaliere, Ferrara non ci andasse da solo, indietro nel tempo. Ci spediremmo volentieri anche il suo giornale e i componenti tutti della lista Pro Life (leggasi No all’aborto), nostalgici del mondo che torna all’età della pietra, ma che è anche l’unico in cui questi furbastri che le sparano grosse per far breccia sui poveri di spirito, trovano degna cittadinanza.


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