di Mario Braconi

Nella notte del 21 luglio 2001 diverse squadre della Mobile di Roma irrompono nella Scuola Diaz di Genova, dove sono accampati un centinaio di ragazzi che hanno partecipato alle manifestazioni contro il G8. Risultato: un centinaio di ragazzi feriti, un’ottantina di arresti arbitrari. Dopo 200 udienze, il tribunale di Genova, dopo dieci ore di camera di consiglio, ha condannato 13 dei 28 poliziotti imputati ad un totale di 36 anni: condanna minima rispetto ai 110 anni richiesti dai PM Zucca e Cardona Albini, chiamati a giudicare su una bruttissima storia di pestaggi selvaggi ed indiscriminati ai danni di giovani innocenti ed inermi, aggravati da conclamati episodi di crudele accanimento sulle vittime. Esemplari al proposito le vicende di una ragazza, manganellata sul capo fino a farle uscire della materia cerebrale, stando all’orripilante testimonianza di Michelangelo Fournier, all'epoca del G8 a Genova vice questore aggiunto del primo Reparto Mobile di Roma, condannato ieri a due anni e quella di un giornalista britannico, cui rappresentanti delle forze dell’ordine, a forza di calci, hanno fatto percorrere volando il perimetro di una stanza.

di Mariavittoria Orsolato

Dopo quasi 50 fumate nere è stato finalmente eletto quello che sarà il nuovo presidente di vigilanza Rai, ma aspettate a stappare lo champagne. La fumata bianca, quella che si attendeva da cinque mesi e che c’è quasi costata un Pannella in sciopero di fame e sete, è arrivata nel pomeriggio dopo una votazione che definire “cilena” pare quasi riduttivo. Il nuovo presidente di commissione è infatti Riccardo Villari e non Leoluca Orlando. Riassunto delle puntate precedenti: da quando in Parlamento sedevano Fanfani, Togliatti e Almirante, la regola ufficiosa di nomina del Presidente della commissione vigilanza Rai è sempre stata quella dell’alternanza, ovvero quella della nomina di un esponente dell’opposizione; anche stavolta si presumeva che il tacito accordo sarebbe valso e l’opposizione ha presentato come candidato l’ex sindaco della Palermo antimafia Leoluca Orlando. Essendo il nostro in quota Idv, è risultato immediatamente sgradito alla maggioranza la quale, a suon di assenze e di mancati numeri legali, ne ha boicottato l’elezione ben 46 volte a dispetto dei continui richiami dal Quirinale.

di Mariavittoria Orsolato

Nonostante gli snervanti tentennamenti del governo e il continuo sobillare del “grande ex” Cossiga, l’onda del movimento studentesco continua a crescere e a rafforzasi di giorno in giorno. Si moltiplicano come funghi le iniziative di autoformazione e di didattica non convenzionale, gli atenei e i licei occupati resistono in ogni parte d’Italia, i cortei spontanei continuano a dispetto delle cariche - l’ultima lo scorso 7 novembre a Roma - e in ogni aula si lavora alacremente alle iniziative che prenderanno vita venerdì prossimo in occasione dello sciopero generale indetto assieme al sindacato in difesa dell’università. Il movimento che ha preso corpo alla Sapienza e che si è costituito in un’assemblea nazionale, ha rivolto nei giorni scorsi un appello ai confederati e ai sindacati di base per costruire assieme una grande manifestazione capace di paralizzare il paese da nord a sud, cercando così di imporre un’agenda politica diversa in merito alle politiche sociali. Nelle assemblee universitarie è infatti ricorrente la proposta di allargare la protesta a tutte quelle categorie di lavoratori colpite dai provvedimenti del Berlusconi IV: dai dipendenti Alitalia, agli statali e - perché no? - anche a quel 13% di italiani che vive sotto la soglia della povertà.

di Valentina Laviola

Dev’essere un timore concreto, palpabile, quello che spinge il premier Berlusconi e altri rappresentanti della maggioranza ai commenti quotidiani sulle proteste del mondo della scuola. Trovarsi di fronte, inaspettatamente (perché, diciamolo, gli italiani non mettono in discussione tanto spesso il potere costituito) ad un movimento di questa portata deve aver sollevato non poche preoccupazioni. Ed ecco, allora, che si cerca ogni mezzo per incasellarlo, circoscriverlo, giustificarlo in qualche modo. La soluzione d’attribuirne la responsabilità all’opposizione sobillatrice e mal informata è fin troppo banale. Ridurre tutto ciò che accade ad una manovra di disturbo ideata da Veltroni di certo aiuta a ridimensionare la situazione, a trattarla come ordinaria amministrazione, ma certo non rende giustizia della realtà.

di Mariavittoria Orsolato

Il nostro premier come al solito c’ha provato, ma la compostezza e l’intelligenza del movimento spontaneo creatosi attorno al dissenso sulla riforma Gelmini, sono stati capaci di fare quello che la sinistra e l’opposizione tutta non sono riusciti a fare in 15 anni. Sono solo di pochi giorni fa le parole con cui Silvio Berlusconi inviava un “avviso ai naviganti” e si preparava a far comunella con il superministro Maroni per inviare i celerini nelle scuole e nelle università occupate. Pronta, il giorno dopo è arrivata l’ormai naturale smentita, ma il movimento non ha fatto una piega: come sordo al canto della sirena di Arcore, ha preferito tralasciare la provocazione e continuare a concentrarsi sugli obiettivi che da qui a novembre dovrebbero dare una svolta all’impasse della scuola pubblica italiana. Un atteggiamento tutt’altro che radicale, in cui convogliano gli umori e le preoccupazioni di diverse anime, sia politiche che sociali. A partire dalle mamme bolognesi che hanno occupato le elementari dei figli, fino ad arrivare agli studenti universitari che già qualche testa forse canuta, certamente idiota, non ha esitato a definire - sull’onda dell’entusiasmo securitario - “ricettacolo del terrorismo”.


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