Con la sinistra versavano e con la destra se li riprendevano. La vicenda dei rimborsi che alcuni parlamentari grillini usavano come una fisarmonica è divampata, né poteva essere altrimenti. Racconta sì di malefatte di alcuni e non di tutti, certo, ma anche di una gestione allegra del controllo dell’operato dei suoi eletti che mal si coniuga con l’affermata capacità di controllare e denunciare le malefatte di tutti.

Un grande equivoco serpeggia fra i moderati di centrosinistra. Orfani di un vero partito socialdemocratico e ostili al Pd renziano, molti elettori sono tentati di ripiegare su +Europa, la lista di Emma Bonino coalizzata ai dem. Una scelta a cui arrivano per esclusione: non votano LeU perché lo ritengono troppo estremista o perché temono di avvantaggiare la destra ed escludono il Movimento 5 Stelle perché detestano il populismo grillino.

La manifestazione di Macerata è stata una gradita sorpresa in questa stupida campagna elettorale. Vi hanno partecipato circa trentamila persone che hanno interrotto, almeno per un giorno, le litanie fasciste e xenofobe che affollano una corsa al voto che sembra misurarsi solo in un confronto tra la destra e l’estrema destra.

 

Assente il centrosinistra, di ormai usurpata fama, che biascica pelosi distinguo e inutili appelli, arrivando a chiedere all’antifascismo di rimanere a casa mentre il rigurgito fascista è ormai incontrollato nel suo immondo scorazzare.

Giustificare un crimine raziale non è solo spregevole: è pericoloso. Tanto più se a firmare l’apologia del delinquente sono uomini politici di primo livello, candidati a formare il prossimo governo del nostro Paese. Quello che è successo a Macerata non è difficile da interpretare. Un energumeno vigliacco è sceso in strada e ha sparato sulla folla, ferendo sei persone. Punto.

 

Fin qui sembra una notizia di cronaca ordinaria, di quelle che vengono condannate da tutti “senza se e senza ma”. Il problema è che stavolta l’attentatore non inneggiava alla jihad, non voleva punire gli infedeli. In faccia aveva tatuato il simbolo di Terza Posizione, gruppo neofascista degli anni 70-80, e i suoi bersagli erano africani. Non qualcuno in particolare: tutti. La pelle nera, agli occhi di Luca Traini, li rendeva colpevoli in massa, obiettivi di una vendetta sommaria per il presunto omicidio di una ragazza romana di cui è sospettato un nigeriano.

Dopo gli esordi da rottamatore, Matteo Renzi è diventato peggio di quello che voleva demolire. Nemmeno nella Dc si è mai vista un’occupazione così dispotica delle liste elettorali, un’umiliazione così clamorosa delle minoranze in dissenso con la voce del Capo. E a quale scopo? Non certo di vincere e governare. Al contrario, l’obiettivo del segretario è prevenire la sconfitta.


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