Tutto ci potevamo aspettare da questa vita, meno che vedere Matteo Salvini trasformarsi in uno stratega politico capace di mettersi in tasca Quirinale e M5S, oltre al centrodestra già colonizzato. Il leader della Lega è infatti l'indiscusso trionfatore di questa crisi politica. Prima ha moltiplicato a dismisura i suoi consensi (stando agli ultimi sondaggi, la Lega è salita dal 17% del 4 marzo al 27%, portandosi ormai a ridosso dei 5 Stelle). Ci è riuscito surclassando per carisma comunicativo Luigi Di Maio - che pure aveva il doppio dei suoi voti - e sfruttando la debolezza del capo politico grillino, smanioso di andare al governo a tutti i costi, per imporgli un contratto di coalizione molto più di destra che pentastellato.

 

Dopo di che si è fatto regalare le elezioni e la campagna elettorale nientemeno che dal Presidente della Repubblica.

 

Non si può interpretare altrimenti la decisione sconsiderata con cui domenica Sergio Mattarella ha rifiutato di firmare il decreto di nomina a ministro dell'Economia di Paolo Savona. L'obiettivo del Capo dello Stato era impedire che al Tesoro sedesse un economista che, in quanto teorico dell'uscita dall'euro, avrebbe nella migliore delle ipotesi scatenato la tempesta sui mercati e nella peggiore innescato l'Armageddon finanziario con il ritorno alla lira.

 

Purtroppo, la mossa del Colle non si è rivelata affatto salvifica: anzi, ha provocato una serie di effetti collaterali. Innanzitutto, ha dato a Salvini il migliore dei pretesti per far saltare l'accordo di governo con i 5 Stelle e tornare il più presto possibile alle urne, in modo che la Lega possa incassare il dividendo elettorale maturato in questi mesi. Non solo: Mattarella ha fornito al leader leghista anche il miglior argomento possibile per la campagna elettorale. Sembra già di sentirlo, Salvini, aizzare le folle contro i "poteri forti" e tirannici che si oppongono alla volontà popolare.

 

E quale sarà il risultato? Ovviamente il voto consegnerà ai pentaleghisti una vittoria bulgara (forse il 100% dei collegi uninominali) e con essa una maggioranza parlamentare assai più larga di quella attuale. A quel punto saremo in una situazione peggiore rispetto a quella che il Quirinale voleva evitare, perché non solo Salvini riproporrà un euroscettico al Tesoro, ma potrebbe anche rivendicare per sé la presidenza del Consiglio.

 

È questo lo scenario più prevedibile e sembra assurdo che Mattarella non lo abbia previsto. Addirittura grottesco il tentativo di formare un governo balneare guidato da Carlo Cottarelli. Sarebbe il primo esecutivo a incassare zero voti in Parlamento e rimarrebbe in carica al massimo 3-4 mesi, sostanzialmente per non fare nulla.

 

Con queste prospettive, non sorprendono le difficolta che l'ex Mr Spending Review sta incontrando nel mettere insieme una squadra di ministri: a quanto pare non sono molti i tecnici prestigiosi disposti a sacrificarsi per il semplice amor di patria. In fondo, dovrebbero sputtanarsi solo per tenere calde le poltrone ai barbari.

Una crisi istituzionale violenta, uno scontro senza precedenti fra maggioranza parlamentare (sebbene non ancora insediata formalmente come tale) e Quirinale. Una stagione di scontro politico incandescente, con toni – e speriamo solo toni – da guerra civile o quasi. Ne valeva la pena? Paolo Savona rappresentava davvero un pericolo per la finanza pubblica e per i risparmi degli italiani?

 

Sergio Mattarella poteva, dal punto di vista del diritto costituzionale, e doveva, dal punto di vista politico, accettare la sfida di Matteo Salvini sulla decisiva poltrona del ministro dell’Economia? Queste domande – al netto del giudizio sulla debolezza di Luigi Di Maio e sul “doppio gioco” fra governo e nuove elezioni condotto con abilità e cinismo dal segretario della Lega – saranno dimenticate presto, perché siamo già nella nuova campagna elettorale, e davvero la fantasia di chi scrive non arriva a immaginare cosa mai si potrebbe escogitare di creativo per andare, restando nei limiti della norma costituzionale, oltre settembre, ottobre al massimo per la data delle nuove elezioni politiche.

La legge 194 (“Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”) ha compiuto il 22 maggio quarant’anni e sono quarant’anni che continuano gli attacchi del fronte pro-life. Non hanno mai smesso. Sono gruppi organizzati e finanziati, strettamente collegati tra loro e con solidi legami internazionali. In Europa sostengono il progetto “Agenda Europa”, il cui prioritario obiettivo è ripristinare l’“ordine morale naturale” con la cancellazione di ogni legislazione favorevole all’aborto.

 

Anche gli ultimi vergognosi episodi dei megacartelloni affissi per le strade di Roma hanno la firma del marchio CitizenGO che è una fondazione spagnola ma attivissima in Italia contro l’educazione sessuale nelle scuole e che in realtà nasconde il sostegno di una società segreta paramilitare messicana, ultracattolica, di stampo fascista i cui leader provengono da centri di formazione e movimenti ecclesiali conservatori come i Legionari di Cristo o Comunione e Liberazione.

 

Mentre gli aborti drasticamente diminuiscono (ed è questo il risultato più straordinario della legge), gli attacchi continuano. Apertamente, con i blitz dei militanti delle associazioni antiabortiste nei reparti ma anche in modo più subdolo, cercando di svuotare dall’interno la legge. E’ il tema ormai palesemente politico dell’obiezione di coscienza, che negli anni continua a crescere raggiungendo percentuali addirittura del 90% soprattutto nelle regioni del Sud. Sono ginecologi, anestesisti, ma anche infermieri, ostetriche e tutte le figure sanitarie,  fino all’operatore che deve accompagnare la donna in camera operatoria.  

Nella sciagurata ipotesi che il professor Conte venisse nominato Presidente del Consiglio, ci troveremmo di fronte a un Premier che obbedisce al capetto di un partito (Di Maio), che a sua volta obbedisce ad un leader mediatico (Grillo), che a sua volta obbedisce al vero capo occulto (Casaleggio). Tale Premier dovrebbe governare con una squadra che non ha scelto, con un programma che non ha scritto e sorretto da una coalizione di cui non fa parte.

 

In estrema sintesi il quadro che ci si presenta è questo. Il dettato costituzionale, che prevede l’autorità e la responsabilità politica del Presidente del Consiglio sull’operato del governo e dei suoi ministri, risulterebbe decisamente ignorato.

 

Il professor Conte si presenta con un curriculum piuttosto contestato: non risulta aver frequentato a New York, nemmeno a Parigi e tanto meno in Austria, dove addirittura quella che cita è scuola di lingue da lui mai frequentata. Persino a Malta, altra tappa esibita della sua specializzazione, nessuno l’ha mai visto. Insomma il curriculum è molto taroccato e, più che a uno statista, lo fa somigliare ad un Oscar Giannino qualunque.

Tra qualche ora sapremo se vedrà la luce il governo Lega-M5S. Se succedesse saremmo di fronte ad un panorama inedito nella storia politica italiana. Per la prima volta a trattare per la formazione del governo ci sono due forze politiche che non vengono dall’alveo dell’arco costituzionale e, soprattutto, non appartengono alle scuole di pensiero –liberale, cattolico, socialista, comunista – che hanno determinato la storia politica dell’Europa post seconda guerra mondiale. Sono, per così dire, aggregati elettorali post-ideologici, costruiti sulle pulsioni primarie e di riflesso che si creano in un paese che ha nell’assenza di qualità nel governare e nella peggiore iniquità, la sua identità reiterata.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy