Il problema del nostro Paese è che gli italiani non cercano lavoro o che il lavoro non c’è? La risposta giusta dovrebbe essere la seconda. A giudicare dall’impostazione della nuova legge di bilancio, però, sembra proprio che il Governo non sia d’accordo. La manovra licenziata dal Consiglio dei ministri vale 37 miliardi e per 22 è finanziata in deficit.

 

Il ricorso all’indebitamento è largamente superiore a quanto consentito dalle regole europee e Bruxelles è già furiosa, ma non è questo il punto. La vera questione è che stiamo allargando il disavanzo solo per aumentare la spesa corrente e non per riaccendere gli investimenti pubblici. In altri termini, la legge di Bilancio peggiora i conti senza migliorare le prospettive del Paese nel medio lungo termine, perché non crea nemmeno un posto di lavoro.

Nelle recenti parole di Papa Francesco contro l’aborto, aldilà dello sconcerto o del fastidio che possono aver provocato, alcuni hanno voluto leggervi l’ennesimo altalenarsi di posizioni più aperte e più conservatrici proprie della retorica papale, altri hanno invece ritenuto di non doversi stupire per una presa di posizione così netta, trattandosi - appunto - del Papa.

 

In fondo, per la religione cattolica il tema dell’interruzione volontaria di gravidanza è particolarmente delicato, assume un valore fondante dal punto di vista dottrinario e, insieme, fa emergere la rabbia e il fastidio delle gerarchie ecclesiali quando non riescono ad esercitare la loro influenza, ovvero a condizionare decisamente le scelte legislative dei diversi paesi cattolici. Italia in particolare, per ovvie ragioni.

Nel tentativo di racimolare coperture per le pensioni di cittadinanza, Luigi Di Maio ha annunciato che il taglio a quelle d’oro sarà molto più consistente del previsto: “Ci prendiamo un miliardo”. Un gettito quasi sette volte superiore a quello stimato giovedì dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, che valuta in meno di 150 milioni la somma ricavabile.

 

Per rendere sensata la cifra fornita dal leader del M5S, bisogna supporre che negli ultimi giorni l’intervento sia stato esteso agli assegni superiori ai 3.500 euro netti al mese, cioè mille euro in meno rispetto alla soglia prevista finora.

Il linguaggio usato da Bergoglio nell’udienza del mercoledì dedicata al comandamento “Non uccidere” è feroce, violentissimo: “Far fuori un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema, è come affittare un sicario”.  E’ andato persino oltre le precedenti condanne: “ l’aborto è male assoluto”,  “è nazismo in guanti bianchi”. E’ una chiamata non solo alla condanna morale, ma anche a quella penale, contro le donne ( i mandanti) e contro i medici (i sicari). Un’accelerazione di una strategia in atto da tempo.

 

Non si dimentica infatti che Bergoglio si è direttamente impegnato nella campagna in Argentina e che ha appoggiato tutte le spinte dei governi che hanno cercato di imporre legislazioni sempre più restrittive, prevedendo pene severe per le donne che abortiscono. E lo ha fatto senza usare neppure parole di compassione per tutte le donne che stanno scontando queste condanne nelle carceri di molti paesi, lontane dai loro figli e dalle loro famiglie, subendo violenze nella detenzione. Evidentemente la sacralità della vita degli embrioni è sempre superiore alla vita di queste donne nella gerarchia confessionale dei valori etici  di riferimento del Vaticano.

"Perché la Francia può portare il debito al 2,8 in rapporto al PIL mentre noi dovremmo restare sotto l’1,6?" La domanda che pone il Vicepremier Di Maio, seppure retorica - nel senso che suggerisce implicitamente la risposta - ha una sua piena legittimità. In termini di principio, certo, e anche sotto il profilo del diritto di ogni singolo stato membro della UE a decidere il proprio equilibrio finanziario purché stia nei parametri previsti dal Trattato di Maastricht, ovvero entro il 3%. Di Maio pone un problema che c’è mentre i soloni tifosi del rigore e della sottomissione che insorgono dovrebbero avere il buongusto di tacere.

 

La risposta al quesito che pone Di Maio è multipla e riguarda sia la sostenibilità di un tale coefficiente sui mercati che l’autorevolezza ed affidabilità politica di Roma nel contesto dell’Unione Europea. Ci sono insomma due aspetti che rendono un’affermazione di principio inutile sul piano politico: il peso sui mercati e quello nella UE. Si è accettata la follia del pareggio in Bilancio in Costituzione e del Fiscal Compact con il quale Bruxelles governa l’Italia. In un harakiri fantozziano è stato votato il dominio della Commissione Europea sui nostri conti, con ciò esonerando il Parlamento dalle scelte fondamentali di indirizzo del Bilancio del Paese.


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