Nel tentativo di racimolare coperture per le pensioni di cittadinanza, Luigi Di Maio ha annunciato che il taglio a quelle d’oro sarà molto più consistente del previsto: “Ci prendiamo un miliardo”. Un gettito quasi sette volte superiore a quello stimato giovedì dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, che valuta in meno di 150 milioni la somma ricavabile.

 

Per rendere sensata la cifra fornita dal leader del M5S, bisogna supporre che negli ultimi giorni l’intervento sia stato esteso agli assegni superiori ai 3.500 euro netti al mese, cioè mille euro in meno rispetto alla soglia prevista finora.

Il linguaggio usato da Bergoglio nell’udienza del mercoledì dedicata al comandamento “Non uccidere” è feroce, violentissimo: “Far fuori un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema, è come affittare un sicario”.  E’ andato persino oltre le precedenti condanne: “ l’aborto è male assoluto”,  “è nazismo in guanti bianchi”. E’ una chiamata non solo alla condanna morale, ma anche a quella penale, contro le donne ( i mandanti) e contro i medici (i sicari). Un’accelerazione di una strategia in atto da tempo.

 

Non si dimentica infatti che Bergoglio si è direttamente impegnato nella campagna in Argentina e che ha appoggiato tutte le spinte dei governi che hanno cercato di imporre legislazioni sempre più restrittive, prevedendo pene severe per le donne che abortiscono. E lo ha fatto senza usare neppure parole di compassione per tutte le donne che stanno scontando queste condanne nelle carceri di molti paesi, lontane dai loro figli e dalle loro famiglie, subendo violenze nella detenzione. Evidentemente la sacralità della vita degli embrioni è sempre superiore alla vita di queste donne nella gerarchia confessionale dei valori etici  di riferimento del Vaticano.

"Perché la Francia può portare il debito al 2,8 in rapporto al PIL mentre noi dovremmo restare sotto l’1,6?" La domanda che pone il Vicepremier Di Maio, seppure retorica - nel senso che suggerisce implicitamente la risposta - ha una sua piena legittimità. In termini di principio, certo, e anche sotto il profilo del diritto di ogni singolo stato membro della UE a decidere il proprio equilibrio finanziario purché stia nei parametri previsti dal Trattato di Maastricht, ovvero entro il 3%. Di Maio pone un problema che c’è mentre i soloni tifosi del rigore e della sottomissione che insorgono dovrebbero avere il buongusto di tacere.

 

La risposta al quesito che pone Di Maio è multipla e riguarda sia la sostenibilità di un tale coefficiente sui mercati che l’autorevolezza ed affidabilità politica di Roma nel contesto dell’Unione Europea. Ci sono insomma due aspetti che rendono un’affermazione di principio inutile sul piano politico: il peso sui mercati e quello nella UE. Si è accettata la follia del pareggio in Bilancio in Costituzione e del Fiscal Compact con il quale Bruxelles governa l’Italia. In un harakiri fantozziano è stato votato il dominio della Commissione Europea sui nostri conti, con ciò esonerando il Parlamento dalle scelte fondamentali di indirizzo del Bilancio del Paese.

Come in un pendolo fra Bud Spencer e Don Matteo, gli esponenti del Governo legastellato continuano a prodursi in risse da saloon seguite prediche francescane. E ad andarci di mezzo è il povero Giuseppe Conte, che s’era presentato come l’avvocato degli italiani e si ritrova a tapparsi le orecchie sotto le coperte mentre mamma e papà litigano nell’altra stanza.

 

L’ultimo episodio della lista è il più clamoroso. Con il Casalino-gate, l’armata gialloverde mette in luce in un colpo solo buona parte delle contraddizioni su cui è nata. Tutto parte dalle frasi para-squadriste pronunciate al telefono dal portavoce del Presidente del Consiglio e finite poi sul web: “O ci trovano i 10 miliardi del cazzo per fare il reddito di cittadinanza, oppure dedicheremo tutto il 2019 a fare fuori quei pezzi di merda dal ministero dell’Economia”.

E’ in discussione in Commissione Giustizia del Senato il ddl  “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”, che cambia la normativa del diritto di famiglia in materia di separazione, in particolare  cambia la legge n. 54 del 2006, conosciuta come legge sull' affido condiviso. Ce n’era bisogno? E’ un testo davvero migliorativo? E soprattutto: è nell’interesse primario dei figli?

 

Nessuno può certo negare che negli anni la giurisprudenza abbia talvolta assunto posizioni pregiudizievoli, o siano prevalsi stereotipi o automatismi per cui di norma alla madre sono stati assegnati i figli. E nessuno può certo sottovalutare i cambiamenti avvenuti nel sentimento di genitorialità di tanti giovani padri, che vogliono essere presenti e attenti, responsabili nella vita quotidiana dei figli. Ma la necessità di una migliore applicazione dell’attuale legge sull’affido condiviso non è l’obiettivo del senatore Pillon, primo firmatario di questo disegno di legge. Anzi, l’idea di fondo è la convinzione che nella separazione la donna ottiene, usa e abusa del suo potere genitoriale e che quindi  il padre deve essere tutelato, in quanto  parte fragile. Una richiesta vendicativa, più che rivendicativa.


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