All’assemblea del Pd, Matteo Renzi segue la regola d’oro di ogni marito beccato dalla moglie con i messaggi dell’amante nel telefono: nega, nega, continua a negare. Contro ogni evidenza. Poche cose al mondo sono manifeste come il suo fallimento politico, ma lui non riesce proprio ad ammetterlo. Vive in una bolla, paralizzato dall’illusione di un riscatto ineluttabile.

 

Nella sua visione semplificata della politica in stile vasi comunicanti, rifiuta qualsiasi passo indietro perché convinto che in futuro il fallimento del governo legastellato riporterà al potere il suo Giglio Magico. Ha il coraggio di proporsi come soluzione del problema che lui stesso ha contribuito più di ogni altro a causare. Come se un’infezione si potesse curare con il batterio che l’ha provocata.

Dopo anni di proclami e di campagna elettorale permanente, Lega e Movimento 5 Stelle sono arrivati allo scontro con la realtà. Che purtroppo è fatta anche di numeri. Matteo Salvini continua a rilanciare sulla flat tax e Luigi Di Maio non arretra sul reddito di cittadinanza, ma il governo deve fare i conti con una situazione contabile che quasi certamente impedirà di varare le due misure economiche di punta. E non solo.

 

A voler schematizzare, i problemi sono tre. Innanzitutto, torna ad aleggiare il fantasma di una manovrina. Bruxelles ha già detto che ci sono dei problemi con i conti italiani del 2018 e la settimana scorsa Confindustria ha previsto che l’Europa ci chiederà una correzione da circa nove miliardi.

In questa fase pre-balneare dell’anno, con la soglia d’attenzione dell’opinione pubblica che inizia a scendere, Matteo Salvini ha deciso di tenere tutti svegli a colpi di propaganda. La tecnica è quella della mitragliatrice: una serie di annunci-manifesto a ripetizione, con cadenza pressoché quotidiana, su argomenti sensibili e con l’aggressività necessaria a stimolare il duodeno degli elettori.

 

Dal punto di vista formale, questa pratica rappresenta una grave violazione istituzionale. Non si è mai visto un vicepremier-ministro dell’Interno che si permette di pontificare su quale indirizzo politico il governo debba assumere in tema di rapporti internazionali, programmazione economica e perfino politica sanitaria. Salvini si è spinto a dare pubblicamente ordini al Presidente del Consiglio, danneggiandone (o meglio, cancellandone) credibilità e autorevolezza.

La flat tax è un’ingiustizia. Per rendersene conto basta dare un’occhiata alle simulazioni che circolano da qualche giorno sui giornali. Secondo quanto riporta Il Messaggero, grazie alla tassa piatta una famiglia con reddito lordo di 300mila euro guadagnerebbe in rapporto al reddito netto attuale il 39%, mentre in caso di reddito da 80mila euro il risparmio scenderebbe al 15%.

 

Per un nucleo con reddito complessivo di 30mila euro il guadagno sarebbe nullo, mentre a 50mila euro si attesterebbe all’1%. Morale: più sei ricco, più guadagni. E lo squilibrio è talmente ampio che nessun sistema di deduzioni basterebbe a compensarlo.

 

Questa iniquità è indiscutibile, lo sanno tutti. Lo sa il M5S, che fino a qualche mese fa, sul Blog delle Stelle, parlava della tassa piatta come di una “truffa”. E soprattutto lo sa il leader leghista Matteo Salvini, che infatti la settimana scorsa non ha negato lo sbilanciamento della flat tax in favore dei ricchi, ma ha cercato di legittimarlo. “È giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse perché spende e investe di più - ha detto il vicepremier a Radio anch'io - Se uno fattura di più, risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più e crea lavoro in più”.

“Le famiglie gay non esistono”. È con questa frase ignobile che inizia il Governo del Cambiamento. A dirla è stato il neoministro della Famiglia e della Disabilità, il leghista Lorenzo Fontana, in un’intervista al Corriere della Sera. Una frase pericolosa, che non merita alcun rispetto e anzi dovrebbe far avvampare di vergogna chiunque abbia pensato anche solo per un istante che questo governo potesse rappresentare una buona notizia per il nostro Paese.

 

Matteo Salvini ha provato a metterci una pezza facendo notare che le idee di Fontana “non sono nel contratto”. Come se questa fosse una giustificazione o un’attenuante. Peraltro, viene da chiedersi in che modo il negazionismo su una realtà sociale così diffusa come le famiglie omosessuali potrebbe mai entrare in un programma politico: pianificando deportazioni? O magari finanziando studi per la riconversione sessuale degli “invertiti”?


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