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L’emergenza Coronavirus e la crisi economica provocata dall’interruzione di molte attività industriali e commerciali si stanno traducendo in una drammatica impennata del numero di disoccupati e di lavoratori ridotti in povertà, negli Stati Uniti come altrove. Non per tutti l’ondata della pandemia ha significato però miseria e disperazione. Anzi, gli eventi delle ultime settimane sono stati un’autentica fortuna per un club molto ristretto di privilegiati, a cominciare da Jeff Bezos, fondatore e numero uno di Amazon, nonché uomo più ricco del pianeta.
La reclusione forzata di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo ha fatto schizzare gli ordini sulla più nota piattaforma di commercio on-line, fino a registrare una media di acquisti pari a circa 11 mila dollari al secondo. Questo vero e proprio boom, di cui sta beneficiando non solo Amazon, dall’inizio dell’anno ha fatto aumentare del 20% il prezzo delle azioni di una compagnia che ha oggi un valore di mercato di oltre 1.100 miliardi di dollari, praticamente uguale al PIL dell’Indonesia, cioè un paese di quasi 270 milioni di abitanti. Nello stesso arco di tempo, l’indice “S&P 500” della borsa americana ha al contrario segnato una flessione del 12%.
Per Bezos, questa nuova realtà ha significato un’aggiunta di altri 24 miliardi di dollari a una ricchezza personale che già ammontava a 138 miliardi. Altri 8,2 miliardi sono poi finiti nelle tasche della sua ex moglie, MacKenzie Scott Bezos, la quale, grazie a una quota del 4% di Amazon ottenuta dal recente accordo di separazione, può vantare un patrimonio di oltre 45 miliardi di dollari che le vale la 18esima posizione nella lista dei paperoni di Fortune.
Il successo della creatura di Jeff Bezos contrasta in modo clamoroso con il rapidissimo precipitare della situazione per la gran parte degli americani. Negli Stati Uniti, a partire dalla dichiarazione dello stato di emergenza, il numero di disoccupati ha sfondato quota 22 milioni. Amazon, al contrario, dal mese di marzo ha assunto 100 mila nuovi dipendenti e prevede di impiegarne altri 75 mila a breve per rispondere all’esplosione di ordini.
Una simile quantità di denaro, generata di fatto da un’epidemia devastante, non ha prevedibilmente cambiato il modello imprenditoriale di Amazon, basato in sostanza sullo sfruttamento di una forza lavoro sottopagata e costretta a subire regole rigidissime. Al contrario, l’impatto del Coronavirus sulle modalità di lavoro nella compagnia di Bezos ne ha accentuato le aberrazioni, mettendo i dipendenti a serio rischio di contagio.
Nei magazzini di Amazon in tutto il mondo sono state numerose le manifestazioni di protesta contro le scarse misure di sicurezza adottate per l’impatto del COVID-19. Ufficialmente, sarebbero 74 gli impianti della compagnia nei quali si sono già registrati casi di contagio, anche se, a giudicare dalle segnalazioni dei lavoratori, il numero potrebbe essere almeno il doppio. Questa settimana è circolata inoltre la notizia della prima vittima di Coronavirus, un responsabile delle operazioni, deceduto il 31 marzo scorso, nella sede di Hawthorne, in California.
I vertici di Amazon hanno licenziato solo nell’ultima settimana tre dipendenti negli Stati Uniti che avevano denunciato condizioni di sicurezza inadeguate. Le ragioni dei provvedimenti includono in tutti i casi la presunta violazione delle norme di “distanziamento sociale” all’interno degli impianti, scusa utilizzata per colpire quanti intendono coinvolgere nella mobilitazione gli altri lavoratori.
L’arricchimento clamoroso di Bezos sulla pelle di una forza lavoro esposta a seri rischi sanitari e a regole sempre più autoritarie contrasta fortemente con l’immagine pubblica che il presidente di Amazon sta cercando di proiettare in questo periodo. A fine marzo, Bezos aveva ad esempio indirizzato una lettera aperta ai propri dipendenti nella quale sosteneva che, riguardo all’emergenza, questi ultimi e i massimi vertici della compagnia erano “sulla stessa barca”.
Bezos ha anche cercato di ripulire la propria immagine con iniziative di beneficenza. In realtà, a tutt’oggi sembra che sia stata fatta da parte sua una sola donazione da 100 milioni di dollari a favore di un’organizzazione che provvede alla distribuzione di cibo. La cifra, evidentemente, rappresenta una frazione infinitesimale del suo patrimonio. D’altra parte, sempre nel mese di marzo, Bezos aveva creato un fondo di sostegno per i propri dipendenti colpiti dal Coronavirus, sollecitando addirittura donazioni pubbliche dopo avere contribuito di tasca propria con appena 25 milioni di dollari.
Il caso di Amazon e di Jeff Bezos non è ovviamente un’eccezione, bensì la regola in un sistema che sfrutta qualsiasi evento, anche il più letale come una pandemia, per dirottare verso il vertice della piramide sociale ricchezze sottratte al resto della comunità. Un folto numero di corporations e di top manager americani hanno incassato abbondantemente in queste settimane di crisi, grazie soprattutto a due fattori. Il primo è appunto lo sfruttamento di segmenti di mercato esplosi in parallelo al lockdown, come le vendite on-line, mentre l’altro è l’infusione di denaro virtualmente senza limite da parte del governo per evitare il tracollo dell’economia.
Solo nella prima settimana di aprile, i nomi più noti dell’industria e della finanza USA hanno visto così lievitare i propri patrimoni. Secondo dati compilati da Forbes, Bezos ha intascato quasi 7 miliardi di dollari, Mark Zuckerberg (Facebook) 6,2 miliardi, Warren Buffett 5 miliardi, Elon Musk (Tesla) 4,2 miliardi, Larry Ellison (Oracle) 4 miliardi, Larry Page (Google) e Bill Gates 3,6 miliardi ciascuno. Lo stesso Elon Musk dall’inizio dell’anno ha aggiunto 10 miliardi di dollari alle sue ricchezze, mentre i tre membri della famiglia Walton, proprietari del gigante della vendita al dettaglio Walmart, presente anche nel settore dell’e-commerce, si sono appropriati complessivamente di quasi 8 miliardi.
Affari d’oro stanno facendo anche le compagnie private che operano nel settore sanitario. Il fondatore della società di software per videoconferenze Zoom, Eric Yuan, ha da parte sua più che raddoppiato il suo patrimonio nell’ultimo periodo, salito a 7,4 miliardi di dollari. A 5,1 miliardi è arrivato invece Reed Hastings, “CEO” di Netflix, i cui programmi offerti in streaming stanno raggiungendo un numero enorme di persone in tutto il mondo costrette a rimanere in casa.
Altri settori ancora hanno goduto degli interventi di “salvataggio” decisi dal governo e dal Congresso di Washington. Disney, nonostante abbia momentaneamente sospeso dal lavoro oltre 40 mila dipendenti, ha visto salire del 20% il valore delle proprie azioni nel mese di marzo in seguito allo stanziamento di fondi federali che, per l’industria alberghiera e dell’intrattenimento, ammontano complessivamente a 250 miliardi di dollari.
Le compagnie aeree, tra le più penalizzate dall’emergenza in atto, hanno a loro volta ottenuto un totale di 50 miliardi tra prestiti agevolati e denaro a fondo perduto. Le condizioni imposte a queste e alle altre corporations “assistite” dal denaro pubblico sono in gran parte irrisorie e, quando anche comportano il divieto di licenziamenti, risultano soltanto provvisorie. Per quanto riguarda ancora le compagnie aeree, va ricordato che le quattro che dominano il mercato americano – American, Delta, Southwest e United – negli ultimi cinque anni avevano sprecato un totale di 45 miliardi di dollari nel pagamento di dividendi agli azionisti e nel riacquisto delle proprie azioni. Una pratica, quest’ultima, che serve principalmente a far schizzare verso l’alto il valore delle azioni di una determinata compagnia.
Nel pacchetto di salvataggio dell’economia USA, già sbilanciato a favore del business, i membri del Congresso hanno inserito infine una misura che prevede enormi sgravi fiscali per le grandi aziende, difficilmente giustificabili dai contraccolpi del COVID-19, visto che è consentito loro di detrarre le perdite registrate anche nel 2018 e nel 2019. Solo nel 2020, il bonus toccherà i 90 miliardi di dollari e arriverà a 170 in dieci anni. L’82% del totale sarà a beneficio di circa 43 mila contribuenti americani con redditi superiori a un milione di dollari. Appena il 3% della cifra complessiva andrà invece a quanti guadagnano meno di 100 mila dollari.
In media, secondo un’analisi di un’apposita commissione del Congresso, i redditi più alti godranno di uno sconto fiscale pari a 1,6 milioni solo per l’anno in corso. Per avere un’idea delle priorità della classe politica di Washington, nello stesso provvedimento da duemila miliardi di dollari (“CARES Act”), approvato a fine marzo, sono stati stanziati appena 100 miliardi per le strutture sanitarie in prima linea contro il Coronavirus e 150 a favore delle amministrazioni locali.
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- Scritto da Fabrizio Casari
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Nove casi di Corona virus, 5 di essi guariti, tre in cura ed uno deceduto. Quest’ultimo giunto dagli Stati Uniti già malato e con un quadro clinico seriamente compromesso. Questo bilancio, pur suscettibile di leggere variazioni, è straordinariamente unico nel panorama mondiale e dovrebbe fare del Nicaragua e del suo modello sanitario, improntato alla dimensione sociale egualitaria e comunitaria un caso di studio.
Il Presidente del Nicaragua, Comandante Daniel Ortega, in un intervento pubblico trasmesso ieri a reti unificate, ha spiegato il modo in cui il Nicaragua ha ingaggiato e conduce la battaglia contro la pandemia. Il governo ha assunto le linee guida internazionali ed i protocolli di vigilanza indicati dall’OMS, adattandoli però alla sua realtà sociale, economica e territoriale.
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- Scritto da Bianca Cerri
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Karen Batten è una signora di circa sessanta anni o poco più moglie del vice presidente degli Stati Uniti Mike Pence, ex- governatore dell'Indiana. Era già divorziata quando conobbe Pence, all'epoca laureando in legge, lavorava come maestra elementare e ogni domenica suonava la chitarra durante la messa nella chiesa di San Tommaso d'Acquino a Indianapolis. A otto mesi dal primo incontro i due ragazzi si sposarono e la fede avrebbe sempre avuto un ruolo importante nella loro unione. Per la verità ci furono un po' di baruffe all'inizio per via delle reciproche tentazioni che furono superate proprio grazie alla fede.
Lasciato il lavoro da maestra Batten si scrisse ad un corso di acquarello per ingannare la noia ed iniziò a dipingere. Vendeva le sue creazioni nelle fiere di paese organizzate nelle varie località dell'Indiana. Ma nel 2012, quando Pence fu nominato Governatore, Batten scoprì di avere anche una vena imprenditoriale e avviò una piccola impresa che chiamò “Quello è il Mio Asciugamano”, che fabbricava ciondoli utili appunto a distinguere gli asciugamani di casa uno dall'altro. Nonostante qualcuno avesse ostinatamente continuato a sostenere che Pence fosse l'uomo sbagliato, Donald Trump lo scelse come compagno di corsa alle presidenziali del 2016. La carriera di Karen Batten come manager, ritenuta poco adatta alla moglie di un uomo politico di un certo rilievo subì una brusca fine. Divenuta la seconda signora d'America dopo la vittoria elettorale tornò agli acquarelli fino a quando la sua routine, come quella di tutti, fu sconvolta dall'improvvisa devastazione portata dal COVID-19.
Si riteneva anzi che entrambi i Pences fossero stati contagiati dal virus. Con grande sollievo della famiglia i tamponi ebbero poi esito negativo. Recentemente il vice-presidente ha annunciato che affiderà un compito molto delicato nella lotta contro il COVID-19 alla moglie. Dal momento che negli Stati Uniti si verifica immancabilmente un'impennata di suicidi a seguito di qualunque tragedia collettiva, sarà la signora Pence a guidare la task force che veglierà sul benessere emotivo delle categorie più a rischio con particolare riguardo per i veterani e le loro famiglie.
I Pence sono degli ardenti cristiani. Per dirla con parole loro hanno "preso un impegno" con Cristo. Da ragazzo il vice presidente faceva il chierichetto e lui stesso ha dichiarato che anche i suoi cinque fratelli erano stati ministranti presso varie parrocchie. A un certo punto della sua vita adulta però si era messo alla ricerca di una nuova Chiesa assieme alla moglie ed entrambi sono passati alla Chiesa Evangelica. Una decisione privata che resterebbe tale se non riflettesse invece alcune sciagurate decisioni in materia di salute pubblica costate già troppe morti. Tanto per iniziare, anche se non riguarda la pandemia, il vice presidente ha ribaltato tutte le teorie sul fumo dichiarando pubblicamente che, nonostante l'isteria che lo circonda, il tabacco non ha mai ammazzato nessuno. Come governatore dell'Indiana aveva fatto il possibile per tagliare i fondi da destinare agli operatori sanitari che praticano aborti. In vista della Pasqua il cristiano-evangelico hardcore ha consigliato ai credenti di accedere alle chiese ma sempre senza superare le dieci persone alla volta.
Nel frattempo Karen Pence e Melanie Trump sono andate insieme nella base militare di Charleston nella Carolina del Nord per rassicurare i soldati e ricordare le misure precauzionali. In tempi di Corona virus la missione anti-suicidio può apparire assai nobile ma, come tante altre questioni, il suicidio militare non è facilmente spiegabile. E non si capisce come farà la moglie di Pence, priva di esperienza sanitaria e psicologica, a venire a capo di un tema tanto complesso. Bisogna dire che i Pence hanno già fatto alcune delle scelte più disastrose della storia degli Stati Uniti in vari ambiti e non ci sarebbe alcuna necessità del loro moralismo bigotto di fronte al corona virus. Ci fu un periodo in cui Batten girava nelle scuole facendo sottoscrivere agli studenti un documento che li impegnava all'astinenza sessuale mentre il marito,all'epoca governatore , osteggiò non solo l'aborto ma anche la distribuzione gratuita di siringhe per prevenire il diffondersi dell'HIV incurante dell'aumento di morti nella contea rurale di Scott nonostante l'allarme lanciato dalle autorità locali. Chiuse i battenti anche l'unico fornitore ufficiale di test per infezioni a trasmissione sessuale dell'Indiana meridionale.
Per gli Stati Uniti si prospettano giorni molto difficili ma la Casa Bianca non ha ancora un piano nazionale per gestire la situazione. Il presidente è però sicuro che la presenza di Pence al suo fianco sia provvidenziale perchè il suo vice sarebbe “un vero esperto in materia di salute pubblica”. Alla luce dell'alto numero di morti a New York la gente è stremata e, se non fosse per i severi ordine di restrizione, a migliaia sarebbero già scesi su Central Park per protesta.
La Protezione Civile non ha più “body bags”, sacchi muniti di zip per sistemare i corpi senza vita che andranno poi sepolti da qualche parte. Ma al diavolo i numeri, visto che è ottimista persino anche il governatore di New York che ha espresso la sua gratitudine al presidente e al suo vice per “avere risposto prontamente” all'emergenza derivata dalla diffusione del virus. Non tutti condividono un giudizio smentito dai fatti. Nel frattempo si sta diffondendo in rete un commercio macabro oltre che inutile, compresa una collanina con un ciondolo ispirato alla pallina ormai tristemente nota del corona virus. Tanto gli eventi più devastanti sono sempre serviti per lanciare sul mercato le cose più incredibili. In America i fabbricanti d'armi ad esempio hanno rimpinguato l'assortimento del settore con nuovi modelli di pistole e fucili ritenuti più necessari di acqua e cibo. Tutte cose che stridono palesemente con la creazione della task force anti-suicidio capeggiata dalla signora Pence. Inoltre è prematuro affermare che esista un nesso tra la pandemia e l'aumento dei suicidi. E' vero invece che in un momento di grande pressione come quello attuale le persone mentalmente più deboli potrebbero avere la tentazione di mettere fine alla propria vita e non sembra molto saggio armare un popolo sufficientemente armato.
Da quando il corona virus ha iniziato a manifestarsi alcuni ospedali erano ricorsi a tendoni mobili per tamponare le emergenze. Perchè il virus di cui stiamo parlando è una creatura diabolica che ha riempito gli ospedali fino alla capacità massima. In America un ospedale può tenere in vita la media di mille pazienti poi lo spazio si esaurisce. Ma l'arrivo del COVID ha portato ad uno stato di emergenza eccezionale. L'esperienza del passato non fa testo perchè si tratta di una sfida che la medicina si trova davanti per la prima volta.
Una sfida che riguarda tanti paesi ma che negli USA assume a volte aspetti imprevisti. Nel Bronx ad esempio anche malati gravi sono stati respinti per mancanza di letti. Generosamente la Chiesa Evangelica aveva deciso di approntare una tendopoli proprio per ricoverare pazienti a rischio di morte. L'81% dell'amministrazione Trump è composta da evangelici e Pence arde dal prendere la questione COVID nelle sue mani e in quelle di sue moglie. Duemila morti in meno di 24 ore è cosa da far impallidire persino l'11 settembre. Come era già accaduto con Dick Cheney appunto l'11 settembre Pence poteva apparire indispensabile giostrando sul virus. Billy Graham, il più popolare dei leaders della Chiesa Evangelica si era impegnato a costruire in tempi brevissimi un ospedale da campo con sessanta posti letto e il Sinai Hospital era disposto ad aiutare a condizione che non diventasse una struttura riservata ai pazienti evangelici ma servisse a salvare vite senza distinzione. Il benestare del Sinai Hospital era arrivato e Graham aveva firmato i patti. Ma quanto ci si può fidare della buona volontà di Graham, sodale di Pence e, come lui, nemico giurato di omosessuali e islamici?
Il vulnus di relazioni tra bigotti avidi di potere faceva temere il peggio e infatti, al momento di assumere operatori sanitari e medici Graham col benestare dell'alter ego politico, ha selezionato solo elementi a sua immagine e somiglianza facendo metter per iscritto a ciascuno una dichiarazione in cui s'impegneranno ad "evitare contatti sessuali, a rimanere nella stessa stanza con colleghi del sesso posto e lo stesso vale per quanto riguarda il trasporto in macchina". Inoltre dovranno ricordare ogni momento che "Gesù ha versato il proprio sangue per i peccatori e che la vita umana è sacra già dal concepimento". Infine l'invito a pregare perchè la preghiera aiuta a resistere.
Forse sarebbe stato utile aggiungere qualche parola sull'obbligo di guanti e mascherine e magari un invito a lavarsi le mani prima di avvicinarsi ai pazienti. Esentati dall'obbligo di preghiera i detenuti che avranno il compito di seppellire i morti. Con guanti, mascherina e tuta ignifuga depositeranno le bare, molte delle quali senza nome, scaricate dai mastodontici camion sul terreno fangoso della Hart Island. Non hanno mai conosciuto le persone che per un capriccio del destino accompagneranno nel luogo dove passeranno l'eternità. Per ogni giorno di lavoro avranno dieci dollari. Hart Island è da sempre l'ultima dimora degli ultimi della scala sociale. Erano lì che venivano i morti dI AIDS per separarli da tutti gli altri. Non è improbabile che vengano seppellite nello stesso posto anche le vittime del COVID. I virus non sono omofobi o classisti. Gli Stati Uniti d'America sì.
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Il ritiro dalla corsa alla nomination democratica di Bernie Sanders ha di fatto consegnato la vittoria nelle primarie del Partito Democratico all’ex vice-presidente Joe Biden. Significativamente, la decisione del senatore “democratico-socialista” del Vermont è arrivata in piena emergenza Coronavirus negli Stati Uniti, cioè quando la sua proposta politica “radicale”, incentrata in buona parte su un ruolo più forte dello stato nel settore della sanità, sembrava in grado di raccogliere un consenso sempre più vasto. A ben vedere, la ragione principale dell’abbandono, determinato da fortissime pressioni dei vertici democratici, a cominciare dall’ex presidente Obama, potrebbe essere proprio il crescente appeal dell’agenda di Sanders in parallelo all’avanzata dell’epidemia.
Il tempismo della sua uscita di scena è stato singolare, visto che è arrivata il giorno dopo il voto nelle primarie del Wisconsin, per le quali i risultati non saranno noti ancora per svariati giorni. Gli exit poll in questo stato non sono infatti disponibili per via delle misure anti-COVID-19. Sul voto c’era stato un duro scontro politico dopo che il governatore democratico aveva rinviato le primarie a giugno, prima della cancellazione del provvedimento da parte della Corte Suprema statale. Se l’intenzione di Sanders era quella di lasciare, è evidente che un annuncio avvenuto solo pochi giorni prima avrebbe evitato il recarsi alle urne di molti votanti democratici che martedì hanno invece rischiato il contagio.
Il ritiro di Sanders ha comunque comportato una prevedibile e avvilente dichiarazione di appoggio a Joe Biden, ovvero la personificazione stessa dell’establishment ultra-corrotto e reazionario contro cui il senatore del Vermont aveva condotto una durissima campagna. In un discorso video di un quarto d’ora postato su Twitter, Sanders ha assicurato che intende indirizzare il “movimento” creato attorno alla sua candidatura verso il vicolo cieco della candidatura Biden.
Il processo che si aprirà ora è sostanzialmente lo stesso di quattro anni fa, quando Sanders uscì da un’aspra contesa con Hillary Clinton e finì per sostenerla in pieno malgrado il complotto orchestrato nei suoi confronti dal Partito Democratico per impedirgli di conquistare la nomination. Se i toni quest’anno sono stati apparentemente meno accesi, dopo i primi successi di Sanders nelle primarie (New Hampshire, Nevada) i vertici democratici avevano mobilitato tutti gli ambienti politici, mediatici e della società civile vicini al partito per resuscitare la campagna di Biden.
Le successive primarie della South Carolina e gli appuntamenti del “Supermartedì” avevano così assicurato il rilancio dell’ex vice-presidente, nemmeno scalfito dall’evidente deteriorarsi delle sue condizioni di salute mentale e dal moltiplicarsi delle accuse di molestie sessuali. La macchina del Partito Democratico ha in definitiva boicottato il candidato che ancora nel mese di febbraio era sulla rampa di lancio verso la nomination e stava generando i maggiori entusiasmi nel paese grazie alla sua agenda progressista.
Nello spiegare il ritiro, Sanders ha rivendicato il suo ruolo nello spostare a sinistra il dibattito politico americano e, a suo dire, il fatto di avere introdotto alcuni temi cruciali, come l’assistenza sanitaria pubblica universale o l’istruzione universitaria gratuita, nella coscienza collettiva del Partito Democratico. Da queste premesse, il 78enne senatore ha prospettato un ruolo determinante dei suoi sostenitori nella formulazione della piattaforma del partito in vista delle presidenziali di novembre. In realtà, anche quest’anno Sanders ha svolto il ruolo previsto per lui dall’establishment democratico, vale a dire quello di incanalare verso il partito l’avversione per il sistema oligarchico americano, se non per il capitalismo stesso, e neutralizzarne la portata potenzialmente rivoluzionaria.
In questo senso, non è un caso che a spingere Sanders verso l’uscita dalla competizione per la nomination sia stata in qualche modo la più grave crisi sanitaria da un secolo a questa parte. La vergognosa gestione dell’epidemia di Coronavirus da parte dell’amministrazione Trump ha mostrato in tutta la sua drammaticità le carenze della sanità americana basata sul settore privato, portando all’attenzione di decine di milioni di persone la necessità di un solido sistema pubblico.
Proprio in questo frangente, le potenzialità della proposta politica di Sanders sembravano poter tornare ad avere un peso determinante, forse addirittura in chiave nomination. Lo sfidante di Biden, invece, ha mollato precisamente in questo momento, quasi a sottolineare la necessità di evitare la radicalizzazione del clima politico negli Stati Uniti. In altre parole, con la minaccia concreta di un’esplosione sociale nel paese, alimentata anche dall’impennarsi del numero dei disoccupati, Sanders ha abbandonato qualsiasi pretesa di alternativa progressista o “rivoluzionaria”, per impedire che la situazione sfuggisse di mano. Sulla decisione ha pesato comunque anche l’opera di convincimento dei leader democratici. La stampa USA ha infatti scritto che Obama aveva intrattenuto “svariate conversazioni telefoniche” con Sanders nelle ultime settimane.
Recentemente, Sanders aveva già provveduto ad attenuare la retorica di “sinistra”, abbracciando inoltre le iniziative del Congresso per ridurre l’impatto economico del Coronavirus, oggettivamente sbilanciate a favore di Wall Street e delle grandi aziende. Sanders aveva votato a favore del pacchetto di aiuti da duemila miliardi di dollari e, parallelamente, nei suoi discorsi non si è più trovata traccia di proposte per reperire risorse tra le enormi ricchezze private americane.
La lezione più importante del secondo fallimento di Bernie Sanders nella corsa alla Casa Bianca, nonostante la capacità di generare un seguito popolare difficilmente eguagliabile da qualsiasi altro politico americano negli ultimi decenni, consiste dunque nell’avere mostrato ancora una volta come siano illusori e inutili i tentativi di utilizzare il Partito Democratico come strumento di cambiamento in senso anche solo moderatamente progressista.
Il ritiro di Sanders lascia ora strada a Joe Biden nella corsa alla Casa Bianca, anche se non è da escludere che proprio la decisione del senatore del Vermont possa consentire un qualche colpo di mano ai leader democratici se l’ex vice-presidente dovesse mostrarsi impossibilitato, con ogni probabilità per ragioni di salute, a sostenere una campagna efficace contro Trump. Alcune voci sui media americani stanno già circolando sulla possibile alternativa di Andrew Cuomo, la cui gestione dell’emergenza Coronavirus in veste di governatore dello stato di New York continua a essere elogiata dai media vicini al Partito Democratico.
I sondaggi su base nazionale stanno in ogni caso evidenziando un vantaggio più o meno consistente di Biden sull’attuale inquilino della Casa Bianca. Le rilevazioni sono però premature e, a meno che la situazione economica negli Stati Uniti dovesse precipitare nei prossimi mesi, destinate a cambiare drasticamente non appena inizierà la vera e propria campagna elettorale con i due candidati che si fronteggeranno quotidianamente. A contare, infine, non saranno tanto gli equilibri nazionali, quanto le sfide in una manciata di stati perennemente in equilibrio, dall’Ohio alla Florida, dove la strada di un candidato ultra-screditato e legato a doppio filo all’apparato di potere di Washington come Joe Biden risulterà decisamente in salita.
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- Scritto da Mario Lombardo
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Se fosse possibile riassumere il comportamento di Donald Trump durante l’emergenza Coronavirus, si potrebbe sostenere che il presidente americano stia continuando a lanciare critiche infuocate verso svariate direzioni per la presunta pessima gestione di altri della crisi sanitaria per poi vedersele ritorcere contro. Così è stato questa settimana anche per la clamorosa polemica esplosa attorno alle parole di Trump sull’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tutt’altro che impeccabile o senza macchia nell’affrontare lo tsunami del COVID-19, ma di gran lunga più all’altezza della situazione rispetto alla Casa Bianca.