La nuova aggressione israeliana contro Gaza, assieme ai drammatici eventi che l’hanno preceduta, ha riportato prepotentemente la questione palestinese al centro del dibattito sia in Medio Oriente sia a livello internazionale. Le vittime civili e la distruzione su larga scala inflitte ancora una volta dallo stato ebraico sembrano infatti segnare la fine delle illusioni, alimentate dall’amministrazione americana dell’ex presidente Trump, di una possibile riconciliazione tra Israele e i regimi arabi sulla pelle della popolazione palestinese. Questa utopia è crollata sotto le contraddizioni del defunto “accordo del secolo” promosso da Washington e, ancor più, da quelle che tormentano il primo ministro israeliano Netanyahu, come sempre senza il minimo scrupolo nel tentare di risolvere i propri guai politici, e in questo caso anche giudiziari, con il sangue dei palestinesi.

Dietro all’ultima brutale aggressione israeliana contro i palestinesi nella striscia di Gaza sembrano esserci, oltre alle consuete ragioni legate all’oppressione di un intero popolo, delicate questioni politiche che riguardano il futuro del primo ministro, Benjamin Netanyahu. Attorno alla guerra potrebbe infatti decidersi anche la sorte del prossimo governo di Tel Aviv, per il quale sono in corso complicatissimi negoziati che appaiono ora appesi a un filo. Sul campo, nel frattempo, le vittime palestinesi sono già svariate decine, in gran parte civili e molti bambini, mentre la prospettiva di un cessate il fuoco appare tutt’altro che a portata di mano.

Il 25 maggio 2020 George Floyd andò a comprare le sigarette all'angolo di Chicago Avenue, nel centro di Minneapolis. Era la festa del Memorial  Day è c'era moltissima gente in giro. Floyd rimase qualche minuto nel locale dove aveva preso le sigarette, incerto se chiedere al personale di dare un'occhiata al suo cellulare poi decise di rinunciare. Alla cassa c'era un ragazzo di una ventina d'anni che aveva preso i soldi di Floyd senza battere ciglio, salvo poi rincorrere il suo cliente chiedendogli indietro le sigarette accusandolo di avergli rifilato un biglietto da venti dollari falso.

Il fermento che circola all’interno delle forze armate transalpine, in conseguenza della crisi sociale in cui versa la Francia, si sta manifestando sempre più frequentemente con avvisaglie di rigurgiti golpisti, concretizzatisi nelle ultime settimane sotto forma di minacciose lettere aperte indirizzate al governo del presidente Macron. La più recente è stata pubblicata nel fine settimana dalla rivista di estrema destra Valeurs Actuelles (“Valori Attuali”) e riporta l’avvertimento di circa duemila soldati in servizio attivo per una possibile “guerra civile” che rischia di scoppiare nel prossimi futuro in Francia.

Le violenze delle forze di sicurezza di Israele contro i palestinesi e le proteste di questi ultimi, che stanno caratterizzando il mese del Ramadan, hanno fatto segnare un’impennata nel fine settimana in concomitanza con l’aggravarsi delle tensioni provocate dal tentativo di cacciare dalle proprie abitazioni decine di famiglie palestinesi in un quartiere di Gerusalemme Est. La vicenda ha mostrato ancora una volta come lo stato ebraico metta in atto regolarmente politiche di apartheid, in questo caso implementando un disegno ben preciso per espellere la popolazione palestinese dai territori occupati. Un’ulteriore preoccupante escalation c’è stata lunedì con un pesante bombardamento israeliano in risposta al lancio di alcuni missili da Gaza.


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