La decisione della Cina di infliggere una pesante multa alla società Alibaba segna un notevole salto di qualità nell’approccio perseguito dal governo di Pechino nei confronti delle proprie potentissime imprese private o semipubbliche. La multa è stata di 3,7 miliardi di dollari, pari al 4% dei ricavi annuali dell’impresa nel 2019, ed è stata applicata per comportamento contrario alla libera concorrenza. La sanzione fa seguito ad altre analoghe, seppure di minore entità, decise nei confronti di altri attori privati e all’emanazione di direttive contro i monopoli adottate a Febbraio, nonché alla sospensione dalla borsa valori della stessa Alibaba (Chinese government fines Alibaba $3.7 billion for anti-competitive behaviour - ABC News).

La questione dello status di Taiwan sta diventando rapidamente l’elemento più infuocato nella rivalità tra Cina e Stati Uniti in questi primi mesi dell’amministrazione Biden. Stampa e commentatori americani insistono per lo più nel denunciare l’escalation di iniziative intimidatorie da parte di Pechino nei confronti del governo di Taipei, anche se è in realtà proprio Washington a mettere pericolosamente in discussione i fragili equilibri che hanno assicurato pace e stabilità nello stretto di Taiwan in questi ultimi quattro decenni.

La decisione annunciata mercoledì dal presidente Biden di ritirare tutte le forze di occupazione americane in Afghanistan entro il prossimo 11 settembre sembra essere ciò che più si avvicina, da quasi due decenni a questa parte, a un’ammissione del fallimento degli Stati Uniti nel paese asiatico. La Casa Bianca ha rotto gli indugi sul disimpegno dalla lunghissima guerra al termine di un riesame della situazione sul campo e dell’accordo di pace che l’amministrazione Trump aveva sottoscritto con i Talebani nel febbraio del 2020.

E’ un autentico schiaffo all’Italia ed al suo Presidente del Consiglio quello che ieri il Presidente turco, Erdogan, ha rifilato. Draghi, infatti, indossati i panni del difensore d’ufficio di Ursula Von Der Layen, vittima di uno sgarbo politico e personale ordito da Michael, ha ritenuto di sentirsi in diritto di apostrofare il Presidente turco come un “dittatore”.

Sul fatto che Erdogan sia un dittatore c’è poco da cavillare. E’ persino molto peggio.

Stupisce semmai come non lo fosse fino a che massacrava kurdi e invadeva la Siria, arrestava e lasciava morire oppositori, sosteneva l’Isis (dal quale comprava petrolio siriano rubato a basso costo e forniva corridoi per l’afflusso di mercenari in Siria). Fin lì ci si ricordava di quanto la Turchia fosse centrale nello scacchiere mediterraneo, di come il Bosforo fosse strategico e di quanto Ankara fosse necessaria nello spostamento sulla rotta balcanica dei flussi migratori. E che la Turchia sia il secondo esercito NATO non aveva destato allarme nella professione di atlantismo che Draghi espose nel suo discorso d’insediamento alla Camera. Solo che ora, con l’Isis sconfitto e la caccia al tesoro libico, improvvisamente l’educazione protocollare del sultano diventa oggetto di riprovazione. Il Presidente turco diventa così un dittatore ma le parole di Draghi diventano un boomerang.

Una gravissima esplosione avvenuta nella giornata di domenica ha causato danni molto estesi all’impianto nucleare civile iraniano situato nella località di Natanz. Anche se non ci sono rivendicazioni ufficiali per l’operazione, tutti gli indizi sembrano portare a Israele. L’attentato, di fatto di natura terroristica, dimostra ancora una volta come l’unica “democrazia” mediorientale promuova i propri obiettivi di politica estera attraverso la violenza deliberata. In questo caso, l’attacco punta a boicottare o, quanto meno, a complicare ancora di più i negoziati in corso a Vienna per la riattivazione del trattato sul nucleare della Repubblica Islamica (JCPOA).


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy