Dopo anni di polemiche, sanzioni e tentativi di boicottaggio, il gasdotto Nord Stream 2 dovrebbe finalmente essere completato e diventare operativo entro la fine di quest’anno. I governi di Stati Uniti e Germania hanno annunciato questa settimana un accordo che permetterà la fine dei lavori, lasciando cadere le minacce delle ultime due amministrazioni americane. Più che un vero e proprio accordo, in realtà, si tratta di una resa da parte di Washington che, in cambio di una serie di promesse e iniziative di facciata, ha preso atto dell’impossibilità di fermare il progetto da 11 miliardi di dollari senza mettere in grave pericolo i rapporti con Berlino.

Un giudice distrettuale americano ha emesso questa settimana la prima condanna a una pena detentiva a carico di uno dei partecipanti all’attacco neo-fascista contro l’edificio del Congresso di Washington del 6 gennaio scorso. L’imputato, il 38enne Paul Hodgkins, dovrebbe trascorrere solo pochi mesi dietro le sbarre e la sentenza tutt’altro che severa potrebbe essere da esempio per gli altri sostenitori di Donald Trump alla sbarra. La sorte di Hodgkins riflette l’attitudine fin troppo indulgente di gran parte della classe politica americana verso i responsabili e i “mandanti” della tentata rivolta a favore dell’ex presidente, proprio mentre sono emersi nuovi preoccupanti dettagli sulle manovre golpiste di quest’ultimo nei giorni precedenti l’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca.

Secondo Edward Snowden, quella pubblicata nel fine settimana da 17 testate giornalistiche sarebbe semplicemente la “notizia dell’anno”. La rivelazione riguarda la vendita a numerosi governi, da parte di una compagnia informatica israeliana, di un avanzato strumento di sorveglianza in grado sostanzialmente di garantire il completo accesso al contenuto degli smartphone nei quali il software viene impiantato. Maggiori dettagli e informazioni dovrebbero arrivare nei prossimi giorni, ma alcuni aspetti allarmanti appaiono già evidenti, a cominciare dal controllo dei telefoni di centinaia di giornalisti in tutto il mondo.

Sono 42 anni che Sandino è tornato in Nicaragua. Da quel 1979 si è scritta una storia senza timore di noia e senza speranza di riposo. Sono 42 anni del FSLN che si sovrappongono e si integrano alla storia del Nicaragua. Non sono immaginabili il sandinismo privo del Nicaragua e la vicenda nicaraguense al di fuori del sandinismo.

Il sandinismo è una architettura è in costante aggiornamento ma con i punti cardinali irremovibili. Lotta alla povertà, sviluppo inclusivo, indipendenza, costruzione di una società equa. Una società che si regga su valori condivisi, sulla responsabilità collettiva, sulla supremazia del Noi sull’Io. Il sandinismo non è infatti la semplice – per quanto fondamentale – enumerazione dei suoi successi: è stato ed è ideologia e prassi, etica e mistica rivoluzionaria, identificazione del destino di ognuno con quello di tutti e di quello di tutti con quello della Patria. In qualche modo è stato ed è la religione civile del Paese.

La battaglia in corso negli Stati Uniti sulla riforma elettorale ha spinto questa settimana il presidente Biden ad affrontare per la prima volta in un discorso pubblico lo stato precario della “democrazia” americana. La delicatissima questione si sta giocando in primo luogo a livello dei singoli stati, a cui competono le questioni elettorali secondo la Costituzione USA, ma si intreccia anche alle dinamiche politiche di Washington, con un Partito Democratico profondamente diviso sulle iniziative da adottare contro il moltiplicarsi dei tentativi dei repubblicani di restringere drasticamente il diritto di voto.


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