Dopo anni di polemiche, sanzioni e tentativi di boicottaggio, il gasdotto Nord Stream 2 dovrebbe finalmente essere completato e diventare operativo entro la fine di quest’anno. I governi di Stati Uniti e Germania hanno annunciato questa settimana un accordo che permetterà la fine dei lavori, lasciando cadere le minacce delle ultime due amministrazioni americane. Più che un vero e proprio accordo, in realtà, si tratta di una resa da parte di Washington che, in cambio di una serie di promesse e iniziative di facciata, ha preso atto dell’impossibilità di fermare il progetto da 11 miliardi di dollari senza mettere in grave pericolo i rapporti con Berlino.

 

Il gasdotto, una volta in funzione, trasporterà attraverso il Mar Baltico e direttamente in Germania 55 miliardi di metri cubi di gas russo all’anno, raddoppiando la quantità già fornita con l’infrastruttura esistente. Trump aveva causato un rallentamento di un paio d’anni dei lavori attraverso l’imposizione di sanzioni ad alcune società costruttrici. Lo stesso atteggiamento di ostilità nei confronti del Nord Stream 2 lo aveva subito evidenziato anche Joe Biden. Anch’egli era ricorso inizialmente alla solita arma delle sanzioni, peraltro rese teoricamente obbligatorie da una legge del Congresso.

Già a maggio, l’amministrazione democratica aveva lasciato tuttavia intendere di avere rinunciato alla battaglia contro il gasdotto. Il dipartimento di Stato aveva certificato la sospensione delle sanzioni contro la società tedesca responsabile dei lavori (“Nord Stream 2 AG”) e il suo amministratore delegato, anche se impegnati in “attività sanzionabili”. Il governo USA aveva motivato la decisione con la necessità di ricostruire relazioni da veri alleati con la Germania dopo le tensioni dei quattro anni di presidenza Trump.

Per Biden, in definitiva, continuare la guerra contro il gasdotto Nord Stream 2 sarebbe stato controproducente, poiché avrebbe rischiato di ingigantire l’appeal delle sirene russe e, più generale, euroasiatiche per Berlino. Inoltre, l’opera è completata ormai quasi al 98% e difficilmente sarebbe stata abbandonata anche di fronte a un’intensificazione delle pressioni americane. Alla fine, la visita a Washington di settimana scorsa della cancelliera Merkel ha suggellato quello che dovrebbe essere l’epilogo della vicenda, annunciato ufficialmente mercoledì.

Per gli Stati Uniti e i loro alleati in Europa orientale, il Nord Stream 2 continua a essere indicato come un progetto che favorisce l’espansione dell’influenza russa nel vecchio continente, vincolando il paese di maggior peso al Cremlino attraverso il rafforzamento dei rapporti in ambito energetico. Il gasdotto è piuttosto una scelta razionale che risponde agli interessi tedeschi. Il gas russo è relativamente economico e, soprattutto, lo è molto di più di quello liquefatto americano, per il quale Washington intendeva aprire il mercato europeo proprio attraverso lo stop del Nord Stream 2.

Non solo, quest’opera dovrebbe togliere importanza alla rotta di terra attraverso l’Ucraina, evidentemente esposta a pericoli sia di natura politica sia logistica, visto anche lo stato delle infrastrutture del paese dell’ex Unione Sovietica. L’incremento delle importazioni di gas per la Germania si è reso necessario anche dall’abbandono dell’energia nucleare, deciso dopo il disastroso incidente nella centrale giapponese di Fukushima nel 2011.

Le necessità e gli interessi tedeschi sono sempre stati alla base della spinta al completamento del progetto Nord Stream 2, smentendo la tesi americana della determinazione russa di portare a termine i lavori per tenere in pugno la Germania e il resto dell’Europa attraverso il proprio gas naturale. Come ha spiegato mercoledì il blog MoonOfAlabama, Mosca ha intensificato i legami energetici con la Cina in questi ultimi anni, come conseguenza delle pressioni americane e occidentali in genere. Per questa ragione, il mercato europeo non è più imprescindibile per la Russia, che ha al contrario stipulato accordi con Pechino per forniture colossali in grado di rimpiazzare il gas diretto verso Occidente.

La partnership a tutto tondo tra Russia e Cina è da collegare precisamente alla decisione di Biden di abbandonare gli sforzi per fermare la costruzione del Nord Stream 2. Infatti, queste dinamiche si inquadrano nei processi di integrazione euroasiatica attorno ai quali ruota anche la Germania e che Washington vede con orrore. Proseguire sulla strada dello scontro con Berlino intrapresa da Trump avrebbe perciò dato un’ulteriore spinta verso est al governo e al business tedeschi, nonché, di riflesso, a quelli del resto dell’Europa.

Questi timori spiegano anche le ragioni di un accordo, come quello di mercoledì tra USA e Germania, che sembra più una capitolazione da parte americana. I due governi hanno tenuto a mettere in primo piano gli scrupoli per l’Ucraina, che rischia appunto di essere maggiormente penalizzata dal completamento del gasdotto nel Mar Baltico, vedendosi privata dei circa tre miliardi di dollari che incassa annualmente dalla Russia in diritti di transito. Ciò serve in primo luogo a eludere le critiche degli ambienti più ferocemente anti-russi a Washington e a Kiev, ma avrà effetti concreti tutt’al più modesti.

I punti su cui Biden e la Merkel si sono accordati includono la creazione di un fondo per finanziare un piano di investimenti nelle energie pulite in Ucraina pari a un miliardo di dollari. La Germania si impegna a effettuare un versamento iniziale a questo scopo di 175 milioni, mentre promuoverà anche discussioni dalla dubbia utilità e sempre in ambito energetico nel quadro del forum della cosiddetta “Iniziativa dei Tre Mari”, di cui fanno parte alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale.

Di maggiore rilievo ma altrettanto problematico è poi l’impegno a garantire all’Ucraina per il futuro le entrate derivanti dai diritti di transito del gas russo sul suo territorio e quello a punire il Cremlino se dovesse implementare politiche di “ricatto energetico” grazie al Nord Stream 2. Nel primo caso, la Germania dovrebbe in sostanza convincere Mosca a continuare a versare i diritti di passaggio a Kiev per altri dieci anni dopo la scadenza dell’attuale accordo nel 2024. Con quali strumenti Berlino dovrebbe farlo non è però spiegato.

Nel secondo caso, il riferimento è sempre e comunque a possibili sanzioni, ma alcuni dettagli suggeriscono che questa condizione è in larga misura formale. La cancelliera Merkel ha infatti già scaricato sull’Unione Europea eventuali decisioni punitive contro la Russia e, soprattutto, ha respinto nettamente l’introduzione nell’accordo con Washington di un meccanismo che avrebbe fatto scattare la chiusura automatica dei rubinetti del gas in caso di comportamenti ritenuti “scorretti” da parte del governo di Putin.

Retorica a parte, l’amministrazione Biden ha dunque espresso chiaramente le priorità americane, sia pure dovendo prendere atto di una realtà sulla quale non ha potuto incidere secondo le proprie intenzioni. In Ucraina e a Washington le reazioni non si sono ad ogni modo fatte attendere e, ad esempio, svariati senatori di entrambi i partiti hanno subito attaccato la decisione della Casa Bianca e promesso battaglia nei mesi che mancano al completamento dei lavori.

Il presidente democratico ha però invitato il governo di Kiev a ingoiare il rospo e ad astenersi dal continuare a sollevare pubblicamente la questione del Nord Stream 2. Biden ha spedito a questo proposito in Ucraina il funzionario del dipartimento di Stato, Derek Chollet, il quale ha riferito gli ordini di Washington, tra gli altri, al primo ministro Denys Shmyhal e al ministro degli Esteri Dmytro Kuleba. Consapevole della più che probabile attivazione a Washington delle lobby ucraine e anti-russe, l’inviato di Biden ha anche chiesto a Kiev di non discutere con membri del Congresso USA dell’accordo con la Germania.

In maniera poco sorprendente, il governo del presidente Zelensky non sembra per il momento avere accolto le raccomandazioni americane e continua a insistere nel chiedere alla Casa Bianca di fermare il Nord Stream 2 e a cercare di mobilitare a questo stesso scopo i paesi con cui è maggiormente allineato in Europa. Zelensky sarà però ricevuto a Washington il prossimo 30 agosto ed è certo che Biden ribadirà di persona il concetto già spiegato nei giorni scorsi dal suo inviato a Kiev. Per Zelensky il messaggio più chiaro è stato l’avvertimento che il persistere nell’opposizione all’accordo sul gasdotto potrebbe finire addirittura per “danneggiare” le relazioni tra Stati Uniti e Ucraina.

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