di Alessandro Iacuelli

Askar Akayev Altre avvisaglie di rivolgimenti nella piccola ma strategica repubblica asiatica del Kirghizistan. Un gruppo di politici coinvolti nella "Rivoluzione dei Tulipani", che ha portato l'attuale governo al potere, sta premendo verso alcune fondamentali riforme nel Paese, asserendo che dal cambio di regime in poi non è poi cambiato molto.
Per comprendere meglio quanto sta succedendo, occorre fare un piccolo passo indietro nel tempo, fino al marzo 2005 ed alle elezioni che confermano la Presidenza di Askar Akayev, già vincitore delle elezioni nel 1991, 1995, e 2000.
Pochi giorni dopo, spinta dall'opposizione che accusa il governo di brogli elettorali, la "Rivoluzione dei Tulipani" rovescia il governo e costringe il Presidente a fuggire a Mosca, dove è accolto da Putin e riceve asilo politico.

di Maurizio Musolino

Bashar al Assad "Siamo nel mirino", è questa la consapevolezza che attraversa l'intera società siriana. Una frase che suona come un ritornello nei mercati, come nelle università, nelle moschee come negli affollati uffici ministeriali. Tutti sanno che dopo la guerra e l'invasione all'Iraq è proprio la Siria, insieme al vicino Iran, ad essere indicata dall'amministrazione Bush come lo stato responsabile e colluso con il terrorismo internazionale, in pochi però riescono a spiegarsene il motivo.
La Siria è oggi l'unico Stato, nell'intera regione, ad aver conservato una fortissima impronta laica. Molto più che in Egitto, dove in maniera strisciante (ma non troppo dopo le ultime elezioni e l'affermazione dei Fratelli mussulmani) l'Islam politico è un soggetto influente nella vita politica, qui c'è una sorta di rivendicazione del pluralismo religioso. Una necessità per un Paese da decenni governato dalla dinastia Al Assad, famiglia di religione alawita, una piccola corrente del frastagliato universo islamico.

di Luca Mazzucato

Donne Palestinesi al voto Il sacro principio della propaganda di Bush in politica estera è l'esportazione della democrazia nei paesi mediorientali. Ma se non c'è oro nero da razziare, a quanto pare, gli USA e i loro alleati israeliani sembrano avere obiettivi ben diversi: è il caso delle elezioni palestinesi. Dopo svariati rinvii e annullamenti, il 25 Gennaio 2006 sembra ormai la data certa per il rinnovo del Parlamento dell'Autorità Nazionale Palestinese. Ma la libertà di voto e la sua segretezza e, ancor prima, la possibilità stessa di accedere alle urne, sono a totale discrezione delle forze occupanti israeliane. Le precedenti elezioni, tenutesi dieci anni fa a ridosso degli accordi di Oslo, servirono per dare una legittimazione al potere di Arafat. Il sistema elettorale maggioritario fu disegnato a tavolino per assicurare una netta vittoria al suo movimento Fatah, che conquistò 57 seggi sugli 88 allora previsti. A causa di questo fatto, le elezioni del 1996 furono boicottate da tutti i gruppi di opposizione, tra cui Hamas e la Jihad Islamica. La grossa novità di quest'anno è la partecipazione alle elezioni di Hamas, che è dato nei sondaggi di poco indietro rispetto a Fatah, il partito dell'attuale Presidente Mahmoud Abbas.

di Fabrizio Casari

Il Cile ha una nuova Presidente. E' Michelle Bachelet, candidata della coalizione di centrosinistra "Concertacìòn", al governo del Paese dal 1990, anno nel quale la dittatura pinochettista prese commiato dal destino delle cilene e dei cileni.
Tre figli, 54 anni, medico chirurgo specializzato in pediatria ed ematologia, la Bachelet ha ottenuto il 53, 50 dei voti contro il 46,50 ottenuti da Sebastian Pineira, miliardario e possessore di televisioni, un berluschino cileno che rappresentava la coalizione di centrodestra "Alleanza per il Cile". Mai nessun esponente socialista aveva avuto tanti voti. Con il boia del suo passato in casa, agli arresti domiciliari, persino le urne sembravano allegre.
Le congratulazioni sono arrivate da tutto il mondo. Il primo è stato Hugo Chavez, che ha definito la Bachelet "una eroina del Cile, figlia di un uomo che diede la vita per difendere il governo legittimo del compagno Salvador Allende". Telefonate di Zapatero, Chirac, Angela Merkel, di Javier Solana a nome della Ue, mentre il suo predecessore, Ricardo Lagos, ha dichiarato che è "un privilegio consegnare il mandato nelle mani di una donna del suo livello".

di mazzetta

Gli Stati Uniti stanno preparando un profondo rivolgimento strategico della loro politica nei confronti del Pakistan. E' forse per questo che per volontà o per errore hanno bombardato il villaggio pachistano di Damadol, ufficialmente per tentare di uccidere il numero due di al Qaeda, Al Zawahiri.
E' finita in una tragica farsa dall'amaro sapore del deja-vu; gli ordigni americani che piovono dal cielo e che sterminano ignari civili; a seguire, come di prammatica, le scuse del Pentagono che fanno seguito alle proteste diplomatiche del colpito di turno. L'operazione di Damadol potrebbe essere stata provocata da un informatore doppiogiochista, o anche essere intesa come un avvertimento ai pachistani. Le due possibilità hanno uguale dignità, posto che per colpire i loro nemici gli Usa non hanno mai esitato a violare i confini di altri stati sovrani, colpendo negli ultimi anni anche il territorio siriano e quello iraniano in caccia di "terroristi".
Nel paese si è subito manifestata la rabbia e la giunta militare ha tuonato promettendo che non accetterà violazioni del proprio territorio da parte delle forze americane.


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