di Bianca Cerri

Trentotto anni fa, il 4 aprile del 1968, un balordo di provincia in cerca di gloria uccideva Martin Luther King, premio Nobel per la pace, il cui nome sarebbe passato alla storia come leader della lotta per i diritti civili degli afro americani. Sono tuttavia pochissimi i giornali americani che hanno ricordato la figura di King ed il suo impegno per l'abolizione delle leggi razziali ancora in vigore alla fine degli anni '50. Un impegno testimoniato dalle lettere scritte da una prigione di Birmingham, in Alabama, che costituiscono tuttora una denuncia appassionata della sua crociata per la giustizia. Martin Luther King è riconosciuto all'unanimità come l'apostolo della resistenza non violenta, il suo famoso discorso dell'agosto 1963 è conosciuto in tutto il mondo per via della fatidica frase I have a dream. Il mito vuole che il suo ideale fosse l'uguaglianza per tutti gli uomini, come testimoniano anche le omelie che infiammarono le folle; anche se, a ben guardare, mancarono spesso di elementi concreti.

di Fabrizio Casari

E' diffuso convincimento che la guerra é una cosa troppo seria per farla fare ai generali. Altrettanto diffuso è il convincimento che l'informazione la debbano fare i giornalisti, o almeno dovrebbero. Ma visto dal punto di vista del Pentagono, questo refrain ha un significato diverso; i militari fanno le guerre e producono l'informazione necessaria a farle vincere. Ma come è possibile determinare uno schieramento assoluto da parte dei media a sostegno dei militari e delle scelte politiche che li muovono?
Alla fine di gennaio del 2006, il National Secutity Archive, ha pubblicato un documento declassificato del Pentagono che bene illustra come l'informazione sia annoverata tra gli obbiettivi di guerra dell'Amministrazione Bush.
Intitolato Information Operation Roadmap, il documento, a firma di Donald Rumsfield e datato 30 ottobre del 2003, prende in esame tutte le possibili attività militari relazionate all'obiettivo di controllare l'informazione. Guerra elettronica, intossicazione dei media, operazioni psicologiche e, soprattutto, "guerra ad Internet", sono le operazioni che i militari statunitensi hanno pianificato - e realizzato - con lo scopo di produrre punti di vista favorevoli alla politica del governo degli Stati Uniti.

di Raffaele Matteotti

Philip Claeys, un parlamentare belga, ha affermato al Parlamento Europeo che in Turchia non esistono i diritti umani. Nelle ultime settimane l'esercito turco affronta una nuova intifada curda che ha già provocato la morte di decine di persone. Circa un mese fa la Turchia ha rischiato il golpe, quando i militari hanno risposto a muso duro all'accusa fatta al generale Buyukanit, numero due militare turco in attesa di diventare il numero uno a giugno, di aver organizzato attentati per attribuirli ai curdi. Nonostante l'evidenza della cattura di ufficiali sulla scena di un attentato, alla fine sul banco degli accusati c'é andato il Procuratore di Van, incaricato dell'inchiesta, mentre gli ufficiali sono liberi e difficilmente subiranno conseguenze.
Nelle ultime settimane l'esercito turco ha quindi forzato la mano nella repressione fino a provocare la reazione di massa dei curdi, che sono scesi in piazza a migliaia.

di Bianca Cerri

Molti giornalisti radiofonici degli Stati Uniti ricordano ancora i tempi in cui il Klan marciava per le vie delle città del Sud, ma sono rimasti scioccati visitando le prigioni di oggi in Mississippi e Louisiana, dove centinaia di persone alle quali non è stato mosso un preciso capo d'accusa vengono trattenute dietro le sbarre. I tempi d'attesa prima di essere ascoltati da un giudice variano da un minimo di un anno ad un massimo di 1.289 giorni.
Dopo il passaggio dell'uragano Katrina, la situazione si è fatta ancora più grave e oggi si sa che durante i giorni più difficili dello scorso agosto i detenuti vennero abbandonati al loro destino senza acqua né cibo. Le loro grida d'aiuto risuonarono per giorni ma nessuno le ascoltò e quattro detenuti persero la vita annegando nelle celle invase dall'acqua. Anche i minori nei riformatori rimasero senza acqua né cibo, senza possibilità di trovare riparo altrove, terrorizzati dall'acqua che continuava a salire. Certi che nessuno li avrebbe assistiti, i ragazzi più grandi si dedicarono ai più piccoli aiutandoli a sopravvivere.

di mazzetta

Kadima, il partito prima di Sharon e ora di Olmert ha vinto le elezioni e Israele si avvia a compiere un crimine inaudito nel silenzio complice dell'Occidente.
Olmert ha spiegato molto chiaramente le sue prossime mosse, che prevedono il ritiro da alcune colonie nei Territori Occupati e la contemporanea annessione dei Territori inglobati dal Muro della Vergogna mediorientale, Gerusalemme Est compresa.
In Occidente, anche nel nostro paese, i media hanno trasmesso una informazione assolutamente falsata di questa decisione, parlando quasi all'unisono di ritiro israeliano e della grande volontà di pace dimostrata da Olmert nel decidere l'abbandono di alcune colonie, contro il parere degli estremisti ortodossi. Tutti i giornali, da destra a sinistra, si sono attenuti alla presentazione falsa con la quale lo stesso Olmert ha illustrato il suo piano.
Nessuno dei grandi media ha ritenuto il caso di far notare che l'annessione dei Territori Occupati è illegale, come è contrario alle risoluzioni dell'ONU che Israele progetti nuovi insediamenti nei Territori dalla sua parte del Muro della vergogna. Nessuno ha fatto notare che Israele in questo modo rigetta anche l'ultimo piano di pace proposto dalla comunità internazionale, cancellando di fatto la Road Map e delegittimando il quartetto incaricato di condurre i colloqui tra Israele e Palestina.
Nessuno ha fatto notare che Israele in questo modo espone tutto l'Occidente al rischio di una guerra lunghissima e sanguinosa.


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