di Luca Mazzucato

La sera del 4 Gennaio, pochi minuti dopo il ricovero di Sharon per un grave ictus, rimbalza la notizia di veglie di preghiera per il premier, a Gerusalemme, e di un grande ritrovo spontaneo al muro del pianto. In realtà, quella notte Gerusalemme resterà deserta e al muro del pianto faranno capolino solo alcuni giornalisti a caccia di servizi strappalacrime. E' iniziato in diretta il processo di beatificazione. E' comprensibile che Sharon non mobiliti le folle: il piglio decisionista da eroe di guerra gli ha valso in patria un consenso senza precedenti, basato però sull'autorità e il rispetto più che sulla passione civile. Il suo personaggio infatti è estremamente controverso: storicamente nemico della sinistra pacifista, con il ritiro da Gaza si è guadagnato il consenso di quest'ultima ma anche l'odio dei religiosi ultraortodossi.

di Liliana Adamo

"Caro direttore, ci aiuti a liberare i nostri amici nello Yemen; non sono spie, né funzionari del governo. Sono persone come tante. Hanno un profondo rispetto per la fede islamica e per tutte le religioni. Avevano espresso il desiderio di visitare il vostro meraviglioso paese per approfondire un differente rapporto tra le culture e la fede, per scoprire il vostro patrimonio di conoscenze e tradizioni. Sono venuti in pace. Sono contro ogni genere di violenza e lavorano per l'istruzione e la medicina. Vi preghiamo, liberate i nostri amici!" Nel momento in cui perveniva l'appello disperato (e pieno di speranza), firmato da colleghi e amici dei cinque turisti italiani tenuti in ostaggio, al direttore del quotidiano Yemen Observer, è giunta un'altra lettera, firmata da un suo connazionale, Yacob Mohamed Alkaff:

di Fabrizio Casari

Mancano pochi giorni alla cerimonia d'insediamento del neo eletto Presidente della Bolivia Evo Morales e l'attesa dell'evento scatena entusiasmi da un lato e preoccupazioni dall'altro. La vittoria dell'ex leader dei cocaleros boliviani, artefice della loro organizzazione sindacale e politica, uomo simbolo per le rivendicazioni dei diseredati del paese andino, uno dei più poveri del continente con Haiti e Nicaragua, è arrivata con un risultato straordinario: quasi il 55% dei voti al primo turno e nonostante si sia impedito di votare ad un milione di contadini, cancellati con trucchi e raggiri dalle liste elettorali.

di Bianca Cerri

La balena conservatrice di Bush rischia di finire nei guai a causa di Jack Abramoff, superlobbista accusato di frode, evasione fiscale, corruzione ed estorsione ai danni delle tribù indiane, intenzionato a fare nomi eccellenti. Colto con le mani nel barattolo della marmellata, l'ex studente di Beverly Hills nonché idolo delle compagne di classe, non ha avuto altra scelta se non quella di ammettere la propria colpevolezza per evitare l'arresto. Scosso dalla decisione del lobbista, restituisce quel che resta degli oltre 150.000 dollari ricevuti per la prima campagna elettorale di Bush. Ma questo è un particolare irrilevante nel contesto di una vicenda di denaro e corruzione alla quale la stampa americana ha dato un enorme rilievo.

di Daniele John Angrisani

Il giornale più famoso e conosciuto d'America è ufficialmente in crisi e non sa come uscirne. Questa è la conclusione alla quale sono arrivati diversi esperti del settore americani e non, dopo la serie di scandali che ha colpito in maniera piuttosto forte la credibilità del giornale liberal newyorkese, lasciando costernati parecchi suoi lettori. Per di più questo avviene proprio nel momento nel quale si stava tentando di ritirarlo su, anche attraverso una sezione a pagamento sul suo sito online.


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