di Alessandro Iacuelli

Lunedì 10 aprile, alle 20.40, gli italiani erano tutti davanti ad un televisore a prestare attenzione ai risultati elettorali e disattenzione a tutto ciò che non riguardava voti, schede, Camera e Senato.
Così, nonostante uno dei temi fondamentali dei programmi di entrambe le coalizioni sia quello energetico e riguardi in particolare il ritorno all'uso dell'energia nucleare, è sfuggito a tutti che in quel preciso istante in Giappone, 3.40 ora locale, in una centrale nucleare in costruzione situata a Rokkashomura, nella provincia settentrionale di Aomori, qualcosa non ha funzionato.
Secondo i comunicati ufficiali giapponesi, l'incidente è stato causato da una miscela avente un volume di circa 40 litri di Mox.
Il Mox è un combustibile nucleare, un liquido contenente 260 grammi di uranio e un grammo di plutonio: é fuoriuscito dal reattore centrale durante delle operazioni da parte di tecnici addetti alla messa a punto del reattore.

di Carlo Benedetti

Il Cardinale Theodore Edgar McCarrick Si muove l'altra America, ma la grande stampa mondiale mette il silenziatore. Perché la notizia delle manifestazioni degli immigrati "irregolari" - che sconvolgono le principali città statunitensi chiedendo cambiamenti sociali improntati ad uno spirito umanitario - viene trascurata, sottovalutata. Forse anche per il fatto che a guidare le proteste è un cardinale: Theodore Edgar McCarrick, Arcivescovo di Washington noto non tanto per la campagna contro i sacerdoti pedofili (che agitò gli Usa nel 2002) quanto per i suoi interventi in Vaticano, nel 2004, quando la Chiesa si interrogò sul rapporto tra povertà e globalizzazione. In quella occasione fu proprio lui a far sentire forte la sua voce in favore di una politica di vero appoggio ed aiuto ai poveri. Coerentemente, oggi il cardinale scende in piazza per unirsi a centinaia di migliaia di dimostranti che si muovono in varie regioni degli Usa.

di Carlo Benedetti

Non sapremo mai se Silvio Berlusconi e Vladimir Putin si sono baciati sulle labbra come vuole la vera tradizione russa. Le cronache, comunque, ce li hanno sempre presentati sorridenti, sicuri, aitanti, gagliardi e prestanti. Con qualche lampo di vita non propriamente "ufficiale" come informò un cronista italiano il 26 ottobre 2001 precisando che a Mosca il presidente russo aveva ricevuto l' "amico Silvio" nella Sala Ovale del Cremlino: "Una stretta di mano, un abbraccio e un bacio su ogni guancia all'usanza russa hanno dato il via all'incontro che dai cinquanta minuti previsti si è allungato fino a due ore e mezza". Poi, andando avanti nelle cronache, abbiamo saputo che Berlusconi parlava del "mio amico Volodia" e che Putin, ricambiando, diceva "Silvio, moj daragoi", Silvio mio caro…

di Alessandro Iacuelli

Si sta profilando una vittoria storica per la coalizione di centro sinistra alle elezioni in Ungheria: per la prima volta nella storia della giovane democrazia del Paese, un governo sta per essere riconfermato dal popolo alle urne. La certezza definitiva si avrà al secondo turno del 23 aprile. Finora, negli ultimi 17 anni, ad ogni elezione, i governi erano stati ogni quattro anni tutti rimandati a casa.
Elezioni importanti per l'Ungheria, le quinte dopo la caduta del Patto di Varsavia nel 1989 e le prime dopo l'adesione all'Unione europea nel 2004. Il governo che sarà eletto in questa tornata elettorale sarà quello che avrà il difficile compito di traghettare il Paese verso l'adozione dell'Euro come moneta corrente.
Stando ai risultati del primo turno elettorale, il Partito Socialista Mszp guidato dall'attuale capo del governo Ferenc Gyurcsany, si conferma il primo partito del Paese; sommando i suoi voti all'alleato "storico", il Szdsz (Partito liberale), potrà probabilmente confermarsi al governo.
Il principale partito di opposizione, il Fidesz (Alleanza dei Giovani democratici) guidato dal leader conservatore Viktor Orban, che é stato Premier dal 1998 al 2002, ha pochi voti in meno del Mszp: da solo non ha i numeri per governare, né ha alleati per dare vita a una sua coalizione.

di Sara Nicoli

Alla fine hanno avuto ragione loro, gli studenti e i sindacalisti. Alla fine ha vinto la lotta per il lavoro contro l'imposizione dall'alto, senza concertazione alcuna, della precarietà a vita. Il famigerato Cpe, il contratto di prima assunzione che per due mesi e mezzo ha visto una mobilitazione di massa in tutta la Francia non c'è più. Ma insieme a questa cocente sconfitta il presidente francese Jacques Chirac potrebbe aver sotterrato anche le speranze presidenziali del fido Dominique de Villepin. Per il Primo Ministro la decisione di Chirac di sostituire l'articolo 8 della legge sull'uguaglianza delle opportunità - quello cioè che conteneva il Cpe - con un "dispositivo a favore dei giovani in difficoltà" è infatti uno smacco, come d'altra parte ha riconosciuto lui stesso.
Mezz'ora dopo il comunicato dell'Eliseo che annunciava la morte del Cpe, Villepin ha annunciato che "le condizioni necessarie di fiducia e di serenità non sono riunite né dal lato dei giovani, né da quello delle imprese per permettere l'applicazione del contratto prima assunzione".


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