di Daniele John Angrisani

Esecrazione, biasimo, disgusto e persino orrore. Sono questi i sentimenti provocati dalla notizia che è stata diffusa nel pomeriggio di venerdì scorso, in base alla quale il Parlamento di Teheran avrebbe approvato una legge che prevederebbe l'obbligo per gli ebrei, i cristiani ed i zoroastriani di indossare obbligatoriamente una fascia di riconoscimento di diverso colore a seconda della propria fede religiosa. Tale codice di colori permetterebbe ai musulmani di riconoscere facilmente gli aderenti ad altre religioni evitando che possano stringere loro la mano per sbaglio, diventando così ''najis'' (sporchi). Ciò che di gran lunga impressiona di più in questa notizia è però il colore giallo della fascia che sarebbero obbligati ad indossare gli ebrei, cosa che ricorda sin troppo da vicino uno dei principali provvedimenti presi dal governo nazista in Germania negli anni che hanno portato all'Olocausto. La notte tra il 9 ed il 10 novembre 1938, infatti, in seguito all'uccisione di un funzionario dell'ambasciata tedesca a Parigi da parte di un ragazzo ebreo diciassettenne, in Germania furono incendiate o distrutte oltre 200 sinagoghe, profanati cimiteri, e distrutti oltre 7500 negozi di ebrei.

di mazzetta

Nelle ultime settimane la capitale somala, Mogadiscio, è stata teatro di sanguinosi scontri. Scontri come da anni non se ne vedevano e che nascono dal tentativo di alcuni signori della guerra, legati nell'Alleanza per la Pace Contro il Terrorismo (Arpct), di cacciare dalla capitale i gruppi identificati come aderenti alle Corti Islamiche. Nell'impotenza del Governo Federale Transitorio, che ha dovuto insediarsi a Baidoa perchè a Mogadiscio non c'era sicurezza ( cioè non lo voleva nessuno) e dell'IGAD (Inter-Governmental Authority on Development, un'autorità costituita dai paesi africani per aiutare la costituzione di un governo formata da Gibuti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Sudan, Uganda e Somalia ), i combattimenti sono andati crescendo fino a provocare qualche centinaio di morti ( in gran parte civili non combattenti) e feriti in proporzione.

di Michele Muro

Un elicottero Marine One della società AugustaWestland Da un bel po' di mesi, sia i giornalisti che i magistrati inquirenti stanno tentando di capire come sia stato possibile che documenti falsi, che ricostruirebbero un presunto tentativo del presidente iracheno Saddam Hussein di acquistare uranio arricchito dal Niger, siano stati consegnati dall'Italia alle autorità americane. La vicenda ha assunto rilevanza internazionale in quanto si tratta di una delle principali accuse allora mosse dal presidente Bush nell'ambito della sua campagna a favore della guerra contro l'Iraq e che lo stesso Bush, grazie anche a questi documenti, ha ripetuto dinanzi al Congresso nel Discorso sullo Stato dell'Unione 2003. Peccato che, come si è scoperto dopo, fosse tutto falso.

di Carlo Benedetti

Sono già separati in casa, ma ora si avvia un vero e proprio processo di divorzio che è fissato per questo 21 maggio. Le "parti" in causa sono la Repubblica del Montenegro e la Repubblica della Serbia, sino ad oggi entità istituzionale dominante e considerata, quindi, come "madrepatria". Ma è il governo di Podgorica che - dando il via ad un referendum popolare - contesta la centralità della Serbia e chiede il distacco e la conseguente autonomia totale, puntando a ristabilire la "sua" verità storica. Presenta il conto ricordando che per un certo numero di secoli il Paese fu, di fatto, un principato indipendente regolato da una successione di dinastie. Ottenne poi un riconoscimento internazionale della sua indipendenza, a seguito della crisi dell'Est (1975-1878), al Congresso di Berlino.

di Agnese Licata

Una contesa che continua dal 1947, al prezzo di sessantamila morti (solo dal 1989), mille e settecento dei quali nel 2005. In una sola giornata, lo scorso 30 aprile, sono stati uccisi altri trentacinque civili.
In ballo c'è un territorio poco più piccolo della Romania, stretto tra due giganti come Cina e India da un lato, e dalla polveriera del Medio Oriente dall'altro. Il Kashmir però, a differenza della Romania, non è un vero e proprio stato. Anzi, non è neanche possibile parlare di un unico Kashmir. Esiste infatti una parte a nord - detta Azad Kashmir - sotto il controllo pakistano; e una parte a sud - il Jammu e Kashmir - amministrato dall'India. Le due zone sono divise dalla Linea di controllo (Loc), un confine nato come linea provvisoria di cessate il fuoco dopo le due guerre indo-pakistane (1947-48 e 1965), ma che ormai è diventato sempre più difficile modificare o anche trasformare in un confine nazionale. Né India né Pakistan hanno infatti mai riconosciuto ufficialmente questa divisione. Ognuno dei due paesi rivendica il controllo su entrambe le zone, rifiutando la possibilità di un Kashmir riunificato e indipendente.


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