di Luca Mazzucato

I risultati ufficiali non lasciano dubbi sul terremoto politico delle elezioni palestinesi del 25 Gennaio: Hamas ha stravinto. Il gruppo islamico, che aveva boicottato le precedenti e uniche elezioni del 1996, ha conquistato la maggioranza assoluta con 76 seggi su 132 totali, lasciando ad Al Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, appena 43 seggi. Pochi seggi sono andati alle liste laiche di sinistra. In ossequio alla democrazia dell'alternanza, il governo in carica di Abu Qureia si è dimesso nel pomeriggio di giovedì, prima ancora che i risultati finali fossero resi noti. Spetterà ora ad Hamas formare il nuovo governo dell'ANP, dopo dieci anni di dominio indiscusso di Al Fatah.

di Maurizio Musolino

Marwan Barghouti Chissà, quando mercoledì prossimo apriranno ufficialmente i seggi elettorali nei territori palestinesi occupati da Israele per il rinnovo dell'assemblea nazionale (il Parlamento), cosa farà nella sua cella Marwan Barghouti. Come attenderà i risultati il leader di Fatah, nelle carceri israeliane da quasi quattro anni per scontare cinque ergastoli, lo sanno in pochi; di sicuro molti di più sanno cosa ha pensato in queste ultime settimane. Marwan (sottolineamo ancora una volta il nome per evitare confusione con un altro Barghouti, Mustapha, anche lui candidato alle prossime elezioni a capo di una formazione laica e progressista) anche dalle mura del carcere è riuscito a condizionare le elezioni confermandosi una figura di riferimento per una parte importante della società civile palestinese. Su di lui sono stati puntati gli occhi di molti commentatori e di tanti protagonisti dell'area. Innanzitutto gli occhi di quanti all'interno di Fatah vedevano nella sua figura l'unico modo per arginare l'aumento di popolarità della formazione religiosa Hamas. La sua candidatura doveva servire inoltre a tenere unito un partito che, dopo la morte di Yasser Arafat, rischia la frantumazione.

di Raffaele Matteotti

I lettori di Topolino ricorderanno certo i famosi trilioni di Paperone. Molti però, pur ricordando la parola, non hanno mai saputo a che quantità esatta si riferisse. Un trilione equivale a un milione di milioni, o a mille miliardi. Tradotto in milioni di dollari è una cifra spaventosa ed è la soglia superata da quello che sarà il budget dell’invasione dell’Iraq.
Per dare un’idea della differenza tra tale cifra e le previsioni dell’Amministrazione Usa, basta pensare al licenziamento del sig. Lawrence Lindsey, che sei mesi prima dell’invasione fu cacciato per aver previsto un costo della Guerra tra i cento ed i duecento miliardi di dollari, mentre Bush diceva solo settanta miliardi.
A seguito dello studio dell’economista J. Stiglitz (già premio Nobel) che prevede un conto totale tra uno e due trilioni di dollari, anche i commentatori più vicini ai conservatori non hanno potuto fare a meno di notare che qualunque manager faccia una previsione di costi sbagliano di oltre il 97%, verrebbe immediatamente licenziato. A Bush saranno fischiate le orecchie.

di mazzetta

Nasce oggi la FGE, una forza europea destinata a compiti di gendarmeria continentale.
La FGE è stata istituita tramite accordi informali tra alcuni governi e vi parteciperanno elementi provenienti da Olanda, Italia, Spagna, Portogallo e Francia. La sua costituzione non è stata deliberata da alcun organo legislativo, ma attraverso incontri informali tra i ministri della difesa di alcuni Stati, che conferiranno al nuovo corpo uomini provenienti dalle polizie militarizzate europee: i Carabinieri italiani, la Gendarmeria francese, la Guardia civil spagnola, la Guardia Nazionale repubblicana portoghese e la "Koninklijke Marechaussee" olandese. Appare dunque evidente che la neonata FGE va intesa come un corpo paramilitare.

di Alessandro Iacuelli

Askar Akayev Altre avvisaglie di rivolgimenti nella piccola ma strategica repubblica asiatica del Kirghizistan. Un gruppo di politici coinvolti nella "Rivoluzione dei Tulipani", che ha portato l'attuale governo al potere, sta premendo verso alcune fondamentali riforme nel Paese, asserendo che dal cambio di regime in poi non è poi cambiato molto.
Per comprendere meglio quanto sta succedendo, occorre fare un piccolo passo indietro nel tempo, fino al marzo 2005 ed alle elezioni che confermano la Presidenza di Askar Akayev, già vincitore delle elezioni nel 1991, 1995, e 2000.
Pochi giorni dopo, spinta dall'opposizione che accusa il governo di brogli elettorali, la "Rivoluzione dei Tulipani" rovescia il governo e costringe il Presidente a fuggire a Mosca, dove è accolto da Putin e riceve asilo politico.


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