di Carlo Benedetti

Non sapremo mai se Silvio Berlusconi e Vladimir Putin si sono baciati sulle labbra come vuole la vera tradizione russa. Le cronache, comunque, ce li hanno sempre presentati sorridenti, sicuri, aitanti, gagliardi e prestanti. Con qualche lampo di vita non propriamente "ufficiale" come informò un cronista italiano il 26 ottobre 2001 precisando che a Mosca il presidente russo aveva ricevuto l' "amico Silvio" nella Sala Ovale del Cremlino: "Una stretta di mano, un abbraccio e un bacio su ogni guancia all'usanza russa hanno dato il via all'incontro che dai cinquanta minuti previsti si è allungato fino a due ore e mezza". Poi, andando avanti nelle cronache, abbiamo saputo che Berlusconi parlava del "mio amico Volodia" e che Putin, ricambiando, diceva "Silvio, moj daragoi", Silvio mio caro…

di Alessandro Iacuelli

Si sta profilando una vittoria storica per la coalizione di centro sinistra alle elezioni in Ungheria: per la prima volta nella storia della giovane democrazia del Paese, un governo sta per essere riconfermato dal popolo alle urne. La certezza definitiva si avrà al secondo turno del 23 aprile. Finora, negli ultimi 17 anni, ad ogni elezione, i governi erano stati ogni quattro anni tutti rimandati a casa.
Elezioni importanti per l'Ungheria, le quinte dopo la caduta del Patto di Varsavia nel 1989 e le prime dopo l'adesione all'Unione europea nel 2004. Il governo che sarà eletto in questa tornata elettorale sarà quello che avrà il difficile compito di traghettare il Paese verso l'adozione dell'Euro come moneta corrente.
Stando ai risultati del primo turno elettorale, il Partito Socialista Mszp guidato dall'attuale capo del governo Ferenc Gyurcsany, si conferma il primo partito del Paese; sommando i suoi voti all'alleato "storico", il Szdsz (Partito liberale), potrà probabilmente confermarsi al governo.
Il principale partito di opposizione, il Fidesz (Alleanza dei Giovani democratici) guidato dal leader conservatore Viktor Orban, che é stato Premier dal 1998 al 2002, ha pochi voti in meno del Mszp: da solo non ha i numeri per governare, né ha alleati per dare vita a una sua coalizione.

di Sara Nicoli

Alla fine hanno avuto ragione loro, gli studenti e i sindacalisti. Alla fine ha vinto la lotta per il lavoro contro l'imposizione dall'alto, senza concertazione alcuna, della precarietà a vita. Il famigerato Cpe, il contratto di prima assunzione che per due mesi e mezzo ha visto una mobilitazione di massa in tutta la Francia non c'è più. Ma insieme a questa cocente sconfitta il presidente francese Jacques Chirac potrebbe aver sotterrato anche le speranze presidenziali del fido Dominique de Villepin. Per il Primo Ministro la decisione di Chirac di sostituire l'articolo 8 della legge sull'uguaglianza delle opportunità - quello cioè che conteneva il Cpe - con un "dispositivo a favore dei giovani in difficoltà" è infatti uno smacco, come d'altra parte ha riconosciuto lui stesso.
Mezz'ora dopo il comunicato dell'Eliseo che annunciava la morte del Cpe, Villepin ha annunciato che "le condizioni necessarie di fiducia e di serenità non sono riunite né dal lato dei giovani, né da quello delle imprese per permettere l'applicazione del contratto prima assunzione".

di Maurizio Musolino

La decisione dell'Unione europea di sospendere i fondi destinati all'Autorità nazionale palestinese non ha sorpreso nessuno. Innanzitutto perché arriva dopo una analoga decisione assunta nei giorni precedenti dall'Amministrazione statunitense, confermando così una preoccupante sudditanza verso la Casa Bianca; poi perché si somma ad una serie di misure che da oltre due decenni caratterizzano le politiche dei Paesi occidentali in quell'area del mondo. Infatti, dietro una facciata fatta da accuse durissime verso Hamas, di minacce (spesso risultate concretissime) e da proclami di lotta contro l'integralismo islamico, si nasconde una strategia che ha, più o meno colpevolmente, favorito proprio l'espandersi dell'islam politico.
Ripercorriamo velocemente questi ultimi due decenni. Partiamo con la decisione, presa dai governi israeliani nella prima metà degli anni Ottanta, di sostenere, a volte con aiuti concreti altre chiudendo un occhio, la nascita dell'organizzazione Hamas. Lo scopo dichiarato di questa complicità era allora quello di creare un contro altare all'Olp e a Fatah, insomma dividere il popolo palestinese per meglio controllarlo e dominarlo. Una sconvolgente ammissione a questo proposito arrivò nel 1994 proprio da Itzak Rabin, che in occasione di un attentato messo a segno da Hamas, dichiarò che le responsabilità precise sulla nascita di quella organizzazione risiedevano proprio nei palazzi dei servizi segreti di Israele. Parole pesantissime.

di Carlo Benedetti

Un' immagine del vertice tenutosi a Mosca Il Cremlino alza il tiro nei confronti della politica americana nell'area dell'Islam e critica duramente la posizione israeliana sul Medio Oriente. Tutto avviene mentre s'intravedono montare i marosi di una polemica a livello internazionale. Ma la Russia di Putin sembra proprio non temere le reazioni e continua ad ostentare certezze. Affida l'intera "offensiva" ad un uomo politico di primo livello. Perché, appunto, è proprio Evghenij Maksimovic Primakov (classe 1929, massimo esperto del mondo arabo, ex primo ministro ed ex ministro degli Esteri) che torna sull'arena politico-diplomatica per lanciare - dopo il crollo dell'Urss e degli allora forti rapporti con il mondo arabo - una nuova pagina della diplomazia russa. Primakov, che è attualmente il responsabile dell'attività politica ed economica della Camera di Commercio russa, attacca su tutti i fronti Washington e Tel Aviv. Lo fa con un duro intervento alla prima riunione del gruppo "La Russia e il mondo islamico" che vede la partecipazione di politici ed ex ministri degli Esteri di venti paesi musulmani, come Iran, Arabia Saudita, Giordania, Pakistan, Turchia, Egitto, Algeria, Indonesia e Malesia.


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