di Maurizio Coletti

Come per molti altri aspetti, anche le politiche sulle droghe degli Stati Uniti sono di grande fascino per certi politici nostrani.
Alla fine degli anni '80, Bettino Craxi tornò da un viaggio oltreoceano entusiasta dell'approccio americano e da lì iniziò il percorso che ha portato alla legge nota come "Jervolino- Vassali". Un provvedimento approvato nel 1990 e che si volle, ai suoi tempi, blindato ed impermeabile a qualsiasi proposta dell'opposizione e incentrato sul "simply, say no", sul rifiuto di tutte le droghe, sull'obbligo dell'azione giudiziaria per i consumatori, sull'idea di una "dose media giornaliera" stabilita per legge e molto rigida.
Un agghiacciante parallelo con la legge Berlusconi-Fini-Giovanardi, come se il tempo non insegnasse nulla.
Ci volle il referendum del 1993 a cancellare gli articoli sulla dose media ed altri provvedimenti (la legge 45 del 1999, per esempio) a riequilibrarne il tiro.
Gli USA, quindi, come ispiratori, suggeritori.
Ma qual è la situazione del consumo di sostanze nella terra di Bush e quali sono le risposte istituzionali?
Gli Stati Uniti hanno dati sul consumo e sull'abuso di sostanze che sembra per certi versi, simile al nostro e per altri differente.

di Maurizio Musolino

Come si aspettavano tutti le elezioni israeliane sono state vinte da Kadima, il partito fondato dall'ex premier Ariel Sharon, ma - a dispetto di tutti i sondaggi - non c'è stato il previsto sfondamento. Kadima ha vinto ma non ha propriamente convinto. E così dalla tornata elettorale esce una situazione politica israeliana precaria, che nei prossimi mesi sarà soggetta a tensioni e imprevisti.
Analizzando il voto, insieme al buon risultato del partito diretto da Ehud Olmert, si sono registrate quattro tendenze principali. La prima, una sostanziale tenuta dei partiti della sinistra e di voto arabo. Meretz ha confermato i suoi 4 seggi e le tre forze arabe hanno complessivamente portato a casa dieci deputati. Quest'ultimo risultato veniva dato per irraggiungibile anche dalle prime proiezioni di martedì notte. Gli arabi non hanno disertato le urne, anche se è chiaro che la loro condizione di cittadini di serie B ha nel tempo frustrato le ambizioni elettorali dei loro rappresentanti.

di Raffaele Matteotti

L'Italia è troppo presa dalla competizione elettorale per fare caso agli avvenimenti nel mondo, la politica estera non tira vicino alle elezioni. Il governo Berlusconi, annunciando un fumoso ritiro dall'Iraq, ha congelato il dibattito sulle nostre missioni militari all'estero; ma il fatto che non se ne parli non impedisce alla cronaca di evolvere, anche in direzioni preoccupanti.
Il generale italiano Fabio Mini, ex comandante delle forze in Kosovo, in un'intervista esclusiva rilasciata al settimanale del "no profit" Vita, ha avvertito che una nostra squadra aerea (sei cacciabombardieri AMX) sta per essere impiegata nella caccia ai talebani (con tanti saluti alla "missione di pace") . Non ci sarà da stupirsi se da Kabul arriverà qualche bara avvolta nel tricolore, un esito diverso sarebbe solo dovuto alla grande prudenza dimostrata fino ad ora dai nostri comandanti, non certo dalla situazione sul campo.

di Carlo Benedetti

La "rivoluzione arancione" promossa da Viktor Yushenko e sponsorizzata dagli americani doveva essere "un modello per tutto l'Est". Era stata paragonata al crollo del muro di Berlino. Aveva avuto la benedizione della Casa Bianca e di Giovanni Paolo II. In suo soccorso si erano precipitati il miliardario Soros e il drammaturgo Havel. Si erano mobilitate le banche tedesche e le centrali spionistiche della Cia e della Rand Corporation. Non è andata come previsto. Gli "arancioni" si sono scannati. Il sistema da loro prodotto si è frantumato tra mafie e clan, scandali e intrallazzi. Una sorta d'assalto alla diligenza di Kiev con in testa la "bella e affascinante" Julia Timoshenko, ricchissima imprenditrice ucraina che, nell'arco d'alcuni mesi, era riuscita a diventare multimiliardaria (citiamo dall'inglese The Guardian del novembre 2004).
Ed ora, crollato Yushenko, si torna a scoprire che il tanto bistrattato Viktor Yanukovich - presentato come "uomo di Mosca", "agente di una potenza straniera", "filorusso" e "filosovietico"- è stato il dominatore di questa campagna elettorale, combattuta con i grandi mezzi forniti agli "arancioni" dagli amici americani e, in particolare, dalla potente lobby ucraina presente negli Usa.
Sin qui i fatti.

di Bianca Cerri

I militari americani che hanno perso l'uso di uno o più arti si trovano ancora in ospedale, ma il ministero della Difesa se ne lava le mani. Gli stipendi non vengono versati da mesi e, per chi combatte con complicazioni dovute al rigetto di una protesi e ad infezioni, il pensiero delle utenze inevase e la famiglia senza mezzi diventa assillante. Non ultimo, le lunghe degenze in ospedale significano anche denaro da anticipare, perché l'esercito prevede solo una diaria di 180 dollari mensili per il personale in servizio effettivo, ma i lungo-degenti per cause di guerra devono provvedere personalmente al proprio vitto. In una struttura medica, tre pasti costano una media di 19 dollari che, moltiplicati per un mese, diventano una cifra non indifferente. La maggior parte dei feriti si trova al Walter Reed Hospital, dove i medici scarseggiano e si deve aspettare oltre un mese per una visita. Per quei pazienti che risultano affetti da patologie croniche che non presentano ferite da armi da fuoco o da esplosioni non è prevista alcuna forma di risarcimento.
La stessa direzione del Walter Reed è sull'orlo del collasso a causa dei ritardati pagamenti da parte del ministero della Difesa e i fondi federali, che dal 2001 sono stati ridotti, hanno portato a forti riduzioni dell'organico. I medici attualmente in servizio lavorano 70-80 ore a settimana, perché i feriti arrivano ogni giorno, a volte con in atto emorragie e febbre alta. I parenti che vogliono assisterli dovranno affrontare la spesa di un lungo soggiorno in albergo, che non tutti possono permettersi.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy