di Bianca Cerri

George Bush e Tony Blair sono estasiati: la morte di Al Zarqawi insegnerà una volta per tutte ai ribelli che la resistenza è inutile. Ma l'interrogativo rimane:quante volte è morto il presunto cervello di Al Qaeda? Per il giornalista Robert Fisk lo avrebbero ammazzato parecchi anni fa, il Jerusalem Post fa risalire la sua morte al 20 novembre 2005, la stampa indiana aveva annunciato la sua fine addirittura nel 2004. Ma improvvisamente Al Zarqawi si rifà vivo alla fine del 2005 e, secondo i media australiani, sfugge per un pelo agli americani con "una fuga rocambolesca". Impresa mirabolante, tanto più per un uomo con una gamba sola. Nel maggio del 2006, l'esercito USA tenta nuovamente di catturarlo ad Al Tafar, dove è stata più volte segnalata la sua presenza. Questa volta la caccia si conclude con la morte di 200 civili che con la resistenza non avevano nulla a che fare ma del leader dei ribelli non c'è traccia. Nell'estrosa logica del Pentagono, la strage è stata solo un'azione di "guerra collaterale" e "costituisce un passo avanti nella lotta al terrorismo".

di Carlo Benedetti

Bombardamenti, rastrellamenti, fucilazioni, distruzioni, deportazioni, arresti e torture. Sono le "azioni" che l'Armata di Putin compie quotidianamente nella tormentata terra della Cecenia dove la resistenza a Mosca si fa sempre più forte. Perché c'è uno spirito d'indipendenza senza eguali che i media russi ignorano volutamente sostenendo che l'azione delle "truppe speciali" è concentrata solo sulla lotta al terrorismo.
Di conseguenza, il Cremlino cerca di ovattare la situazione facendo leva sugli appetiti economici dell'Ovest. Una prova l'abbiamo avuta con l'ex premier Berlusconi, il quale si era gettato tra le braccia dell' "amico Volodia" (Putin), senza mai far cenno al genocidio nell'area del Caucaso. E l'unica volta che si ricordò di Grozny lo fece per affermare che Putin aveva ragione perché lottava contro il terrorismo. Ed ora, nonostante le manovre diplomatiche, politiche ed economiche attuate per nascondere la realtà cecena, sul Cremlino piomba come un macigno la denuncia del "Comitato Internazionale della Croce Rossa" (Circ) che apre un nuovo contenzioso con Mosca e la sua politica caucasica. Il Circ affronta, infatti, la questione dei prigionieri ceceni e della loro deportazione nei molti "campi di lavoro" che si trovano oltre i confini del Caucaso e che sono definiti, con un eufemismo, come "centri di rieducazione".

di Cindy Sheehan

Questo è il più difficile articolo che io abbia mai dovuto scrivere, ma devo farlo lo stesso, purtroppo.
Io, così come chiunque altro critichi il presidente Bush e questa guerra, sono stata accusata di "non sostenere le truppe". Visto che mio figlio, Casey Sheehan, è stato ucciso in Iraq per colpa delle bugie di questa Amministrazione e per aver tentato di rendere questo Paese sicuro solo per gli interessi delle nostre corporation, ho cominciato a dire che l'unico modo reale per sostenere le truppe, a questo punto, è quello di fare di tutto per ritirarle da questa guerra illegale ed immorale.
Il massacro di Haditha del 19 novembre 2005, è solo un altro modo per sottolineare come le nostre truppe siano state trasformate in criminali di guerra, colpevoli di quello che un articolo ha definito: "Il Peggior Crimine di Guerra in Iraq". (Sydney Morning Herald; 28 maggio, 2006). In una assurda dimostrazione di ipocrisia senza vergogna, George Bush, ha affermato, riferendosi al (purtroppo usuale) massacro di civili innocenti ad Haditha:
"Le nostre truppe sono state addestrate a rispettare i nostri valori di base, durante tutto il loro addestramento, ma è evidente che in Iraq sia avvenuto un incidente".

di Bianca Cerri

Da un recente sondaggio risulta che negli Stati Uniti ci sono 1600 radio e un numero infinito di stazioni televisive locali che diffondono il verbo del Signore 24 ore su 24. L'audience è enorme: 141.000 milioni di ascoltatori, molti dei quali partecipano anche alle conventions cristiano-fondamentaliste che si tengono in diversi stati americani durante tutto l'arco dell'anno.
Uomini e donne vestiti elegantemente e con tanto di regolamentare croce d'oro al collo, fanno la fila per assistere agli eventi mondani organizzati dai tele-predicatori e ricevere dal loro pastore un segno di benevolenza. La festa raggiunge il culmine quando qualche anziana miliardaria si getta a terra gridando di essere appena guarita dal tumore al seno. (Il rito ha infinite varianti, ma sembra che il tumore al seno funzioni meglio - ndr). Le miracolate hanno in genere tra 70 e 75 e li dimostrano tutti.

di Carlo Benedetti

Nel continente eurasiatico si registrano processi d'assestamento contraddittori e niente affatto lineari. Ma per due capitali strategiche una cosa è certa: Mosca guarda oltre la catena degli Urali e Pechino tenta di raggiungerla attraversando le lande siberiane. Ed entrambi i Paesi sanno che mentre l'Asia è in pieno boom economico, l'Europa rischia di perdere valore strategico, vulnerabile com'è all'ondata del cambiamento. Di conseguenza prende forma un disegno geoeconomico che segna l'inizio di un nuovo modo di pensare e guardare ai processi politici dei continenti interessati. Tutto è cominciato con lo storico viaggio di Gorbaciov in Cina nel 1989, con le riforme politiche in Russia degli anni '90, con il boom economico in Cina, con quei quindici patti firmati nell'aprile del 1996 da Eltsin e Jiang Zemin per rafforzare i legami, il commercio e gli scambi economici.


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