di mazzetta

Nel cuore dell'Africa si sono appena tenute storiche elezioni. Al voto sono andati milioni di congolesi che, per la prima volta dopo 40, anni hanno potuto votare. Perché un paese come il Congo sia solamente alla sua seconda esperienza elettorale nella storia ha una spiegazione tutto sommato banale: il Congo è un paese talmente ricco che il suo governo è sempre stato ostaggio delle potenze straniere e degli interessi delle compagnie minerarie multinazionali. Il Congo, che per le ricchezze del suo sottosuolo è stato definito uno "scandalo geologico", è grande come l'Europa occidentale con una popolazione tutto sommato modesta, possiede solo 500 km di strade asfaltate, una ferrovia e un imponente debito estero. Una delle domande alle quali nessuno fornisce mai una risposta soddisfacente è quella riguardo a come un esportatore netto di tanta materia prima possa essersi indebitato con l'estero. La risposta è scontata per quanto è trasparente dalla storia congolese: il Congo è stato sistematicamente derubato e flagellato dalle grandi compagnie fin dalla sua fondazione.
Le elezioni appena svoltesi sono solo l'ultimo atto di una tragicommedia e non è un caso che la chiesa cattolica locale e alcuni candidati alla presidenza (sono più di trenta) le abbiano già definite truccate.

di Carlo Benedetti

MOSCA. La diplomazia russa, diretta al ministro Ivanov, riprende il suo posto dopo la parata del G8 sommerso dalle foto di gruppo, lastricato di banchetti e brindisi, di gite con auto da Luna-park e di first-lady in passerella con l'abito della festa. Ecco, quindi, che dal palazzo moscovita di piazza Smolensk (un grattacielo dell'epoca staliniana) si alza il tiro nei confronti della Nato scegliendo l'area del Montenegro per un nuovo confronto. Viene lanciato un preciso avvertimento al nuovo potere di Podgorica: "Sappiamo bene - dice Jurij Bickov, autorevole consigliere del ministro degli Esteri della Russia - che nel paese c'è una tendenza favorevole all'integrazione euro-atlantica. Ma questo non deve portare la politica locale a cadere nelle braccia dell'Alleanza atlantica". La preoccupazione di Mosca si riferisce al fatto che la Nato (con gli americani) potrebbe occupare nuove posizioni nell'Adriatico realizzando basi militari da aggiungere a quelle già presenti in Italia.

di Fabrizio Casari

In nessun paese del mondo la malattia di un Capo di Stato scatena tanta curiosità e paginate di giornali come è avvenuto nel caso di Cuba e del suo leader. Questo potrebbe essere, già da solo, l'indice della popolarità del Presidente cubano, assunto al ruolo di incubo vivente degli Stati Uniti, anzi di "spina nella carne", per dirla con le parole del senatore Usa Fullbright. Fidel Castro sta bene. Alla faccia degli avvoltoi che festeggiano la sua malattia nelle strade di Miami e dei loro supporters nella Casa Bianca, il Comandante en Jefe sta affrontando il decorso post operatorio in condizioni di stabilità del quadro clinico.
La scelta di Fidel, di dare con la massima trasparenza informazioni sul suo stato di salute è certamente indice di forza politica. Perché, dice Fidel, "non si possono inventare notizie buone o notizie false, perché in questo caso l'unico che ne trarrebbe beneficio è il nemico"; e anche perché, come è riconosciuto dallo stesso Comandante, in ragione dell'aggressione statunitense alla stabilità politica dell'isola "la mia salute diventa un segreto di Stato e di conseguenza non possono essere divulgate costantemente informazioni in merito".

di Lidia Campagnano

Le città muoiono, una dopo l'altra, nei campi delle guerre non dichiarate: a questo servono le perfezionate armi della guerra infinita in corso da oltre un decennio. Adesso tocca al Libano. Mentre noi incominciamo a guardare con apprensione alle nostre città europee (perché no?). Mentre l'unico dato che informa della distruzione in corso, il numero dei morti (non i loro nomi, meno che mai le loro biografie) crea assuefazione ovvero ci rende tutti stupidi. Mentre crollano Beirut e Tiro…
Città: polis, in greco. Radice della parola politica. Culla della democrazia. Spazio dell'architettura, cioè dell'arte di dare forma, riparo, abitabilità alla convivenza umana. Che altro bisogna mandare a mente per comunicare la barbarie dei bombardamenti in corso?

di Giorgio Ghiglione e Matteo Cavallaro

Si fa un gran parlare, in questi giorni, dei possibili interventi che il neoministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa ha deciso di attuare per risanare una finanza pubblica giudicata da più parti allo sbando; nonché di un paese che, a detta degli economisti, rischia di subire una crisi simile a quella argentina.
Si parla di tagli alla spesa pubblica sui quattro grandi comparti - sistema pensionistico, servizio sanitario, amministrazioni pubbliche, finanza degli enti decentrati - che ne rappresentano circa l'80 per cento. La "scure" del ministro colpisce anche i privilegi dei ministeri, in un'opera di risanamento che pare muoversi a 360 gradi.
Anche il settore bellico non è esente da tagli. Il ritiro dall'Iraq permette infatti un risparmio di quasi cento milioni di euro solo nel prossimo semestre, che salgono a duecento una volta terminato il rischieramento. Nonostante ciò però, i costi per le truppe all'estero rimangono altissimi, il decreto-legge di rifinanziamento prevede infatti per il prossimo semestre una spesa pari a 488.039.565 euro.


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