di Fabrizio Casari

La ricorrenza del quinto anniversario degli orrendi attentati dell'undici settembre del 2001, ha dato modo di tracciare ricordi e bilanci di un avvenimento che, come molti dicono, ha visto il mondo cambiare in profondità. Dopo l'undici settembre, si dice da più parti, il pianeta non è più lo stesso. Certo, il gruppo di sauditi aiutati dai pakistani che cinque anni fa ha squarciato i cieli americani, nel rappresentare il punto più alto della storia di attacco militare contro gli USA, ne ha anche certificato la fine dell'inviolabilità territoriale. Sarebbe forse suggestivo proporre a simbolo della sconfitta militare statunitense l'immagine del gendarme del pianeta piegato da un gruppo di pazzi armato di taglierini per la carta, ma questa è solo l'immagine "giornalistica" di quanto avvenuto.

di Daniele John Angrisani

Negli ultimi mesi c'è una specie di tabù di cui si fa a meno di parlare sui media occidentali, a meno di avvenimenti eccezionali (come ad esempio attacchi contro le truppe italiane), di Iraq se ne parla sempre di meno. Eppure nella sola giornata di martedi a Khan Bani Saad, nella zona sciita, sono morte 7 persone, altre 6 in diverse zone dell'Iraq per via degli attacchi della guerriglia e nel quartiere di Mansour a Baghad altre 5 persone sono morte per lo scoppio di una autobomba. Come mai nessuno ne ha fatto cenno? E' senza dubbio vero che queste notizie ormai non fanno più audience, visto che questo bagno di sangue continua ininterrotto ogni giorno, ma ciò non toglie che questo velo di silenzio assurdo che sembra calato sull'Iraq lasci decisamente perplessi. Diciamocelo francamente: che gli Stati Uniti abbiano ormai perso la guerra in Iraq è un segreto di Pulcinella. In un rapporto segreto reso noto pochi giorni fa dal Washington Post, persino gli stessi alti comandi dei marines della provincia di Anbar definiscono la situazione come "senza ritorno" ed affermano che "gli Stati Uniti non hanno più alcuna prospettiva di vincere politicamente in Iraq".

di Bianca Cerri

In una lettera datata 9 agosto 2006, un comitato composto da lavoratori delle squadre di soccorso giunte a Ground Zero dopo il crollo del WTC aveva chiesto a George Bush un incontro per discutere dei gravissimi problemi di salute che affliggono migliaia di vigili del fuoco, poliziotti e paramedici che nel settembre del 2001 scavarono incessantemente tra le macerie alla ricerca di superstiti. Il presidente non ha neppure risposto, né hanno mostrato interesse per la questione
il governatore Pataki e l'attuale sindaco di New York Bloomberg. L'indifferenza nei confronti di persone che misero a repentaglio la propria incolumità lavorando fino a 17 ore al giorno in condizioni di precarietà assoluta, la dice lunga sul significato che la Casa Bianca e le altre autorità attribuiscono all'11 settembre. Molte di loro sono oggi invalide al 100% per i gravissimi danni riportati alle vie respiratorie e ai tessuti polmonari e sopravvivono a fatica.

di Luca Mazzucato

Olmert-Netanyahu-Peretz Di fronte alla prova della crisi libanese, il governo israeliano Olmert-Peretz ha mostrato miseramente la sua pesante incompetenza, accompagnata da un atteggiamento arrogante e machista, che ne ha fatto un bersaglio ormai quotidiano degli attacchi della stampa. Nell'ultima settimana, Olmert ha reso note le nuove priorità del governo, facendo carta straccia del proprio programma elettorale e mostrando la sua vera faccia reazionaria. La credibilità di Ehud Olmert è ormai naufragata, trascinando con sé l'intero establishment politico-militare. In un recente sondaggio dell'Università Ben Gurion, la stragrande maggioranza degli israeliani ha dichiarato che, per sapere la verità sull'andamento della guerra, attendeva con impazienza i messaggi televisivi di Hassan Nasrallah, leader degli Hezbollah, mentre non dava alcun credito alle notizie diffuse dall'IDF o dal proprio governo.
Difficile non essere d'accordo, visto che i bollettini ufficiali del governo israeliano, per tutta la durata del conflitto, non facevano altro che ripetere ogni giorno la vittoria schiacciante sul Partito di Dio, persino quando, durante le ultime ore prima del cessate-il-fuoco, i miliziani sciiti lanciavano su Israele oltre duecento razzi Katiuscha. Mentre la guerra in Libano ha consacrato Nasrallah eroe del mondo arabo, in Israele è giunto il momento della riflessione e si comincia a parlare apertamente della sconfitta e delle responsabilità.

di Alessandro Iacuelli

La nave Probo Koala Il 19 agosto scorso, la nave Brobo Koala, battente bandiera panamense, è approdata nel porto di Abidjan, capitale della Costa d'Avorio, e da quel momento la città non ha più avuto pace.
Per circa 30 ore, 19 camion hanno fatto una continua spola tra la nave e le discariche del centro urbano, versando una quantità imprecisata, ma secondo alcune stime compresa tra le 400 e le mille tonnellate di liquami, su un'area di circa dieci chilometri quadrati caratterizzati da una alta densità di popolazione. I rifiuti liquidi sono stati scaricati nelle discariche, ma spesso per far prima anche nei fossi, ai bordi delle strade.
Alcuni giorni dopo, si sono presentate presso gli ospedali cittadini prima centinaia, poi migliaia di persone. Ai primi di settembre si sono registrati tre decessi, tra i quali due bambine.
E' scattato l'allarme, per un'emergenza che il debole sistema sanitario della Costa d'Avorio non è in grado di reggere: al momento dei primi tre decessi, le persone ricoverate ed intossicate erano già 3000.


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