di Carlo Benedetti

Gli americani, un tempo dall’altra parte della barricata, scendono ad Hanoi, stabiliscono un contatto con la dirigenza del paese “nemico” e firmano un protocollo che apre alla Russia la strada per l'ingresso nel Wto. I russi arrivano nella capitale vietnamita: incassano un buon risultato sulla via del rafforzamento economico a livello internazionale e rilanciano, nello stesso tempo, contatti ed accordi con un paese come la Cina. I vietnamiti, padroni di casa e già membri del Wto, approfittano della grande occasione (il Vertice dell'Apec, Asia-Pacific Economic Cooperation, con i leader dei 21 Paesi membri) e ottengono la liberalizzazione degli scambi mondiali. E nello stesso tempo un’investitura di grande valore perché Hanoi è elevata al rango di capitale di una diplomazia destinata a disegnare nuovi confini alla geopolitica. Questo, in sintesi, il risultato ottenuto in un Vietnam dove tutti - a livello di diplomazia ed economia - hanno registrato le loro vittorie.

di Agnese Licata

“Non possiamo aspettare i cinque anni necessari per rinegoziare Kyoto. Semplicemente non abbiamo tempo”. Non è bastato neanche il monito di Nicholas Stern e del suo rapporto sull’impatto economico dell’effetto serra per convincere i seimila partecipanti alla Conferenza sul clima dell’urgenza di ridurre in modo drastico l’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera. Non è bastato che un economista – non certo un ambientalista – profilasse il pericolo di una crisi economica della portata di quella del 1929 nel caso in cui i governi di tutto il mondo non s’impegnino fin da subito a investire almeno l’1 per cento del proprio Pil in energie rinnovabili, efficienza tecnologica e risparmio energetico. Gran parte degli oltre 180 Paesi riuniti a Nairobi per il summit delle Nazioni Unite ha, ancora una volta, preferito posticipare decisioni e impegni al 2008. E mentre, giorno dopo giorno, si susseguono rapporti allarmanti sui danni che l’uomo sta causando al pianeta (non ultimo il Living Planet Report del Wwf sullo sfruttamento delle risorse terrestri), si preferisce perdere un altro anno, rinviare tutto al dicembre 2007 (quando si tornerà a discutere a Bali) piuttosto che lavorare fin da subito a un accordo che modifichi ed estenda temporalmente il Protocollo di Kyoto.

di mazzetta

Lo scandalo SWIFT è sicuramente la notizia più censurata dell’anno. Lo scandalo scoppia questa estate quando il New York Times pubblica un’inchiesta nella quale denuncia che, nelle more della "War on Terror", il governo americano acquisisce ormai da anni la totalità dei dati del consorzio interbancario SWIFT, senza che il Congresso americano ne sia stato informato. Preoccupato per la privacy dei dati bancari dei cittadini statunitensi, il New York Times ha dato poco peso al fatto che per il circuito SWIFT transitino quasi tutte le transazioni interbancarie mondiali e che, quindi, il programma americano di sorveglianza aveva fatto stracci del segreto bancario non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa e nel resto del mondo.

di Fabrizio Casari

Padre del monetarismo, Nobel per l’economia nel 1976, fondatore dei Chigago boys. E' il ritratto accademico di Milton Friedman, l’economista scomparso due giorni fa a San Francisco, alla veneranda età di novantaquattro anni. I commenti che sui giornali ricordano la figura di Friedman sono, come di prammatica, improntati su valutazioni entusiastiche che, prima ancora che il personaggio, spargono incenso sulle sue teorie economiche. Il che non è strano dal momento che le sue teorie economiche sono state le dottrine che hanno ispirato le politiche economiche sulle privatizzazioni, che hanno eletto la stabilità monetaria ed il rigore di bilancio ad asse centrale della solidità economica, trasformando uno degli elementi in dogma assoluto.

di Neri Santorini

Segò contro Sarkò, sarà questo il duello per salire sul trono di Francia. E la sinistra avrà una paladina: sarà Segolène Royal, regina dei sondaggi e vincitrice a mani basse, l'altra notte, delle inedite primarie del partito socialista. Oltre il 60 per cento dei 218mila militanti chiamati a votare l'ha incoronata come candidata alla presidenza della Republique. Ha sbaragliato i due uomini che la sfidavano in nome della tradizione socialista, Laurent Fabius (che nell'86 divenne, a 38 anni, il più giovane premier di Francia) e Dominique Srauss-Kahn. Il prossimo uomo che Segolène metterà al tappeto, dicono i sondaggi, sarà l'alfiere della destra, l'attuale ministro degli interni dal pugno di ferro, il “macho” Nicolas Sarkozy, inviso perfino all'attuale inquilino dell'Eliseo, Jacques Chirac. A destra non lo amano ma sono convinti che Sarkò possa vincere. Tutti dicono che Segò è l'unica in grado di batterlo. Se lo capisse anche la sinistra francese - che ha sempre le forti vocazioni suicide dimostrate nel 2000, quando eliminò tutti i propri candidati dal ballottaggio - forse il prossimo maggio avremo il primo presidente donna di Francia.


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