di Alessandro Iacuelli


Mentre in Europa la notizia quasi non viene citata, facendola passare in sordina, l'agenzia di stampa cinese Xinhua preferisce dare ampio spazio alla novità: Cina e Francia si accordano per la cooperazione nel campo dell’energia nucleare. L’accordo è stato raggiunto lo scorso 1 dicembre durante un incontro fra il vice premier cinese Zeng Peiyan e l’inviato speciale del presidente francese e ministro dell’Economia, Finanza e Industria, Thierry Breton.
Il vice premier Zeng ha dichiarato che "la carenza di energia in Cina ha reso necessario accelerare lo sviluppo di impianti nucleari e la Francia, che possiede le tecnologie e gli equipaggiamenti più avanzati, si è dimostrata pronta alla cooperazione in questo settore." Breton gli fa eco confermando che "il governo francese prenderà iniziative concrete per accelerare la cooperazione con la Cina". In realtà si tratta di un incremento della cooperazione già in atto nel settore nucleare; infatti la Cina ha usato per la prima volta tecnologia nucleare francese nel suo impianto di Daya Bay nella provincia meridionale del Guandong e, ancora, nell’impianto nucleare di Ling’ao, nella stessa provincia.

di Carlo Benedetti

Due vertici che hanno coinvolto il mondo dell’Ovest e dell’Est si sono svolti nei giorni scorsi. A Riga, capitale della Lettonia, il 28 novembre si sono riuniti gli uomini della Nato mentre a Minsk, capitale della Bielorussia, il giorno dopo si sono ritrovati i dirigenti delle ex repubbliche sovietiche. I due appuntamenti, che si sono svolti a poca distanza quanto a collocazione geografica, hanno messo in luce – quanto a situazione geopolitica – varie realtà e tutte in trasformazione. La Nato, in primo luogo, non è riuscita a nascondere una situazione di contrasti e di scontri. Il tutto con un evidente processo che ha segnato un netto indebolimento degli schieramenti interni. E questo soprattutto per quanto concerne la questione dell’impegno militare in Afghanistan. Perché se da un lato l’organizzazione atlantica è riuscita ad ottenere altre truppe per quelle operazioni che sono già in atto nel teatro di guerra, dall’altro non è riuscita a “convincere” paesi come Italia, Spagna, Francia e Germania a fare lo stesso. L’Italia, comunque, manterrà tutte le sue truppe in Afghanistan e ''non per breve tempo'', ma contemporaneamente insisterà nel promuovere una conferenza internazionale per risolvere ''politicamente'' la crisi che sta soffocando quel Paese.

di Carlo Benedetti

All’Iran di Mahmud Ahmadinejad arrivano le prime forniture di armi russe. Il programma delle consegne è avviato con una partita di 29 missili “terra-aria” (i potentissimi “Tor-M1” montati su autocarri trasportabili per aereo). Il costo totale della partita è di 1,4 miliardi di dollari. La scelta di tali armamenti è stata fatta da Teheran con l’obiettivo di “difendere obiettivi statali e militari, in primo luogo i siti nucleari situati a Isfahan, Busher, Teheran ed altri nella zona orientale del Paese”. E’ questa, in sintesi, la spiegazione data dagli iraniani alle diplomazie di tutto il mondo. Da parte russa si precisa invece che si tratta di una normale vendita di armamenti missilistici - “tattici di contraerea” - della quinta generazione. Mosca sottolinea poi che i “Tor-M1” sono armamenti destinati a risolvere compiti di difesa contraerea a livello di divisione, e quindi in grado di garantire un'efficace difesa nei confronti di missili terra-aria, bombe aeree regolate, aerei, elicotteri, nonché apparati d'attacco privi di pilota e manovrati a distanza.

di Maria Pia Lari

C’é un altro capitolo della guerra in Iraq che adesso svela, in modo documentato, l’ennesima menzogna Usa riguardo all’utilizzo di armi non convenzionali durante le prime e più accese fasi del conflitto. Contrariamente a quanto sempre sostenuto, le truppe statunitensi utilizzarono bombe al fosforo contro la popolazione. Quelle al fosforo bianco sono bombe, non certo razzi illuminanti, come sostennero i generali americani quando scoppiò lo scandalo del bombardamento di Falluja. La prova l’hanno avuta i soldati italiani che ne hanno trovate alcune inesplose nella zona di Nassirya, nel raggio di sette, otto chilometri all’esterno della città, durante il loro lavoro di bonifica del territorio dagli ordigni inesplosi. La prova è in una serie di fotografie dell’autunno 2004 (come quella che pubblichiamo al lato ndr): ritraggono i nostri con una bomba che ha la forma di una granata, dipinta di bianco con una sigla rossa “Ph” che sta per Phosphor, fosforo.

di Luca Mazzucato


E' finalmente finita la guerra nella Striscia di Gaza. Domenica mattina, a sorpresa, il premier israeliano Ehud Olmert e il presidente palestinese Abu Mazen hanno dichiarato il cessate-il-fuoco, con decorrenza immediata. Dopo cinque mesi di feroci combattimenti casa per casa, le truppe israeliane si sono ritirate, lasciandosi dietro una scia di quasi cinquecento morti e cinquemila feriti palestinesi. L'IDF ha ceduto le posizioni a tredicimila uomini dell'esercito palestinese, legati a Fatah, che avranno il compito di sorvegliare i confini interni della Striscia per imporre a tutti i gruppi armati il rispetto della tregua. La rioccupazione di Gaza era iniziata in Giugno, dopo la cattura del caporale dell'IDF Gilad Shalit da parte di Hamas e portata avanti con lo scopo ufficiale di fermare il lancio dei razzi Qassam dalla Striscia verso le cittadine israeliane di Sderot e Ashkelon.


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