di Bianca Cerri

“Arrivano nel mio ufficio in lacrime perché sono disoccupati o guadagnano troppo poco per pagare l’affitto e mandare i figli a scuola”, dice Charlie Terrance, assistente sociale di Gasden, in Alabama. Ma la località poco importa, perché se lo stesso avviene a New York, dove i lavoratori vengono sfrattati e sono costretti a fare la fila fuori dalle mense pubbliche per sfamarsi. I loro figli finiscono negli istituti e non è raro che le madri che si ribellano vengano ricoverate nelle strutture psichiatriche dopo essere state etichettate come schizofreniche. Neppure durante la Grande Depressione si erano viste scene orribili come quelle che accadono oggi né intere famiglie erano costrette a ricorrere alla carità per un po’ di cibo. Dai marciapiedi di Detroit all’entroterra del Kentucky, al profondo Sud all’Oklahoma, l’America si va affollando di nuovi poveri e la tubercolosi ha fatto il suo grande ritorno. A New Orleans, una volta spenti i riflettori, il governo ha dimenticato le promesse e la città è finita in mano agli imprenditori che approfittano dello stato di bisogno degli abitanti per assicurarsi manovalanza a basso costo.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Tutto avviene nel momento in cui la Russia si prepara alla sfida delle prossime presidenziali (fissate per il 2008) che dovrebbero portare Putin a lasciare quel Colle che si affaccia sulla Moscova. Tutto si svolge nel momento in cui l’intero apparato propagandistico batte sul tasto di una “rinata” forza russa con l’esaltazione dell’industria militare, con i lunghi missili mostrati in tv ed accarezzati da generali e colonnelli. E’ in questo contesto che avanzano squarci di nostalgia, narrazioni ironiche e pungenti, bizantinismi verbali, nuove chiavi interpretative quanto a storia passata, brandelli di rievocazioni e di riflessioni che riportano alla luce un mondo scomparso. Non è un terremoto politico, ma è, forse, un “modo” per alleggerire lo stato di tensione. Avviene così che a Mosca - nella tv, nelle librerie e nella stampa in generale - ricompare Breznev, quel segretario generale del Comitato Centrale del Pcus che, scomparso nel 1982, dominò la scena sovietica dal 14 ottobre 1964 al 10 novembre 1982.

di Luca Mazzucato

Nel suo discorso di sabato mattina alla Muqata, a Ramallah, il presidente palestinese Abu Mazen ha convocato nuove elezioni parlamentari e presidenziali a data da destinarsi. L'annuncio giunge dopo giorni di scontri armati tra i militanti di Hamas e Fatah, che hanno lasciato sul campo molte vittime, tra cui donne e bambini. Nella legge elettorale dell'ANP, varata nel 2005, non è previsto il ricorso a elezioni anticipate: il presidente ha il dovere di indire nuove elezioni a tre mesi dalla scadenza naturale del mandato legislativo. Di conseguenza, il governo Hamas non ha riconosciuto la chiamata alle urne e dichiarato che non si presenterà alle elezioni. Questo inaspettato accavallarsi di eventi nei Territori Occupati ammette d'altra parte una possibile spiegazione, se collocato all'interno della situazione mediorientale e in particolare dello schiacchiere iracheno. Ma torniamo prima ai fatti.

di Pier Francesco Galgani

Tra l’8 e il 9 dicembre, i rappresentanti di 12 nazioni latinoamericane, tra i quali il brasiliano Lula da Silva, il venezuelano Hugo Chavez, la cilena Michelle Bachelet e l’uruguaiano Tabarè Vasquez, si sono riuniti a Cochabamba, in Bolivia, per il secondo incontro della "Comunità della Nazioni Sudamericane". L’organizzazione, nata nel 2004, si propone di favorire la solidarietà e l’integrazione regionale favorendo lo sviluppo delle relazioni commerciali interstatali e la cooperazione energetica. L’incontro si è svolto in un momento particolare: pochi giorni dopo la vittoria elettorale di Chavez, che rappresenta l’ultima tappa - in ordine di tempo - di quella ondata di vittorie di candidati progressisti che, tra la fine del 2005 e l’intero 2006, ha interessato molte nazioni del continente latinoamericano e nello stesso giorno in cui moriva Augusto Pinochet, uno dei più sanguinari dittatori che la regione abbia mai conosciuto.

di mazzetta

Senza troppo rumore, così poco che non se ne è accorto nessuno, la Francia è intervenuta in Repubblica Centrafricana per liberare il presidente Bozize da una ribellione e sta combattendo in Ciad contro l’opposizione al tiranno Idriss Deby Itno. Il generale Guillou ha sostituito il generale Pérez sul campo e in pochi giorni ha avuto ragione dei “ribelli” che avevano occupato diverse città nell’Est della Repubblica Centrafricana. Installatosi nella riserva di caccia preferita da Giscard D’Estaing, ora riserva naturale dell’Ouandja-Vakaga, a circa 800 chilometri a Nord-Est della capitale Bangui, il comando francese ha mosso il reggimento di paracadutisti “1er Rpima” (Régiment de parachutistes d’infanterie de marine) di Bayonne e i COS (commandos opérations spéciales) che, con l’aiuto dei Mirage, hanno facilmente avuto ragione dei combattenti dell’UFDR (Unità Nazionale dell’Opposizione) in meno di una settimana. Ben poco avrebbero potuto contro la ribellione il centinaio di soldati ciadiani inviati da Deby a sostenere il golpista Bozize da lui stesso (con l’aiuto francese ) portato al potere con un golpe nel 2003, o le forze centrafricane che si sono rifiutate di combattere contro i “fratelli”.


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