di Laura Bruzzaniti

Si decide questo mese il destino dell’ex Presidente peruviano Alberto Fujimori. Entro maggio, infatti, il Cile deciderà se concedere o meno la sua estradizione in Perù. Se i giudici cileni decideranno per l’estradizione, Fujimori, che si trova in Cile dal novembre del 2005, tornerà in patria per essere giudicato dei reati commessi nel corso dei dieci anni in cui è stato alla guida del Paese, tra il 1990 e il 2000. “El Chino” (il cinese) - è così che lo chiamano in Perù - è accusato di diversi episodi di corruzione, peculato, falso ideologico, associazione a delinquere. Ma soprattutto è accusato di crimini contro l’umanità per i massacri di civili innocenti compiuti da gruppi militari vicini ai servizi segreti (il “Gruppo Colina”) all’inizio degli anni ‘90, gli anni nei quali il governo Fujimori sosteneva la necessità della “mano ferma” per la lotta ai terroristi di “Sendero Luminoso”.

di Bianca Cerri

Fino a qualche tempo fa, George Bush era solito concludere i suoi interventi pubblici con l’immancabile “il peggio non accadrà”, al quale gli americani si erano ormai abituati. Fino a quando, dall’oggi al domani, il “non accadrà” venne drasticamente escluso dalla dialettica presidenziale. Il 16 aprile scorso, data del massacro al Virginia Tech, ha segnato il grande ritorno del “non accadrà”, solo che la cosa non ha nulla a che fare con Bush, ma riguarda piuttosto i Democratici. Già, perché che senso ha un partito che, pur avendo la maggioranza sia alla Camera che al Senato, ingaggia una fiumana di “esperti” pronti ad intorbidire le acque pur di non inimicarsi la lobby delle armi? Come si può privilegiare il calcolo politico davanti ad una tragedia come quella del Virginia Tech e permettere che tutto venga addebitato alla “pazzia” di un unico individuo, al quale per altro nulla aveva impedito di entrare in un’armeria ed uscirne pochi minuti dopo con una pistola sotto il braccio?

di Carlo Benedetti

La guerra è guerra e questo vale anche per quella “fredda”. E così Putin – mentre va sempre più sviluppando un “contenzioso” con gli Usa di Bush – manda in prima linea il suo delfino Serghiei Ivanov (vice primo ministro) il quale annuncia il prossimo “silenzio stampa” del Cremlino. Vuol dire che - dopo la dichiarazione del presidente russo (26 aprile) su una moratoria nel rispetto dei Trattati sulle Forze convenzionali in Europa (Cfe) - ora la Russia e il suo Stato Maggiore non forniranno più alla Nato informazioni su eventuali spostamenti delle truppe russe. E la spiegazione di questa decisione suona così: “I Trattati – dice l’autorevole esponente che sembra destinato a salire sul trono del vertice - avevano senso quando esisteva il Patto di Varsavia. Ma ora osserveremo la moratoria, almeno fino a quando non li ratificheranno”. Posizione dura e chiara. Ma è anche vero che la Nato (Bush in prima fila, ovviamente) vuole, prima di sottoscriverli, il ritiro dei soldati russi dalla Moldavia e dalla Georgia. Come risposta la Russia considera una provocazione la decisione degli Stati Uniti di dispiegare in Polonia e Repubblica Ceca parte del suo sistema antimissile. Siamo alla prova dei muscoli.

di Agnese Licata

Se il buongiorno si vede dal mattino, la nuova presidenza di Nicolas Sarkozy non preannuncia niente di buono per la Francia. Ieri sera, proprio mentre a Place de la Concorde i 30mila sostenitori di Sarkozy festeggiavano la vittoria con un grande concerto, a Place de la Bastille altre migliaia di persone manifestavano proprio contro il risultato del secondo turno di queste elezioni presidenziali. Inevitabili gli scontri con la polizia, qua, come nelle banlieues parigine, che riescono a bucare l’indifferenza generale solo quando prevale la violenza. A un anno e mezzo dalla guerra civile che coinvolse le periferie della Capitale, è infatti tornato a ripetersi il copione delle auto incendiate. Bisognerà aspettare che il nuovo capo di Stato francese prenda realmente il comando, il 17 maggio, per capire le vere dimensioni di questa protesta. Che é il leader dell’Ump il vero vincitore di queste elezioni diventa ufficiale verso le 20.15 di ieri sera quando, in un elegante abito bianco, Ségolène Royal ammette la sconfitta di fronte ai suoi sostenitori, accorsi in rue de Solferino sperando in una festa che non ci sarà. Le suffrage universelle a parlé, “il suffragio universale ha parlato”. Peccato che le parole scelte dal popolo francese non siano quelle che avrebbero fatto gioire il quartier generale del partito socialista. Le urne sono chiuse da appena un quarto d’ora. Ma aspettare lo scrutinio dei voti non avrebbe senso. Il risultato è troppo netto, impossibili sorprese dell’ultim’ora: è Nicolas Sarkozy il nuovo presidente della Francia.

di mazzetta

Dopo il lungo silenzio che ha avallato l’invasione etiope della Somalia su chiaro mandato americano, nonostante si trattasse di un’operazione assolutamente illegale, l’ONU e la UE cominciano a rendersi conto delle dimensioni del bagno di sangue e abbandonano la linea prudente mantenuta fino ad ora, anche per non correre il rischio di essere considerati complici di crimini contro l’umanità. Le critiche internazionali si addensano soprattutto sul Governo Transitorio somalo, ben sapendo che la dittatura etiope è sorda a qualsiasi richiamo che non provenga da Washington e che, essendo l’Etiopia un paese al quale si rifiutano anche gli aiuti umanitari perché il governo è nella lista nera delle dittature più sanguinarie e meno rispettose dei diritti umani, le buone parole avrebbero un effetto molto relativo.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy