di mazzetta

Abbandonati al loro destino i popoli di Iraq, Afghanistan e Somalia, la nostra opinione pubblica può tranquillamente dedicarsi al campionato di calcio appena iniziato, distraendosi al più con la guerra ai lavavetri e dimenticare la guerra al terrorismo senza che cattivi pensieri e sensi di colpa turbino una quotidianità imperniata sul consumo del superfluo. Il mondo dell’informazione nel nostro paese sembra aver dimenticato la War on Terror. Dimessa l’opera di Pio Pompa, di Renato Farina e delle altre betulle, nel nostro Paese è calato un silenzio impressionante sulle guerre che G. W. Bush ha iniziato e che non sa come finire. Se nel nostro paese esistesse un dibattito degno di questo nome, sarebbe invece interessante sentire il parere dei grandi sostenitori della guerra in Iraq (e quella dei genuflessi a Washington più in generale) sulla politica americana dopo il 9/11, perché molti sono i punti sui quali sarebbe interessante conoscere l’opinione attuale dei fan del presidente americano.

di Elena Ferrara

Le Coree sono due, ma i problemi che si portano dietro sono tanti. In particolare quelli relativi alla divisione segnata da quella frontiera di ghiaccio attestata sul 38° parallelo come risultato della guerra del 1950-1953. Con l’armistizio di Panmunjom che è ancora l’unico documento su cui si basano i rapporti tra Nord e Sud. C’è poi la questione del nucleare del Nord che - tra alterne vicende di escalation e di distensione - continua a destare preoccupazione nella parte sud della penisola, in Asia e, praticamente, nel mondo intero. Ci sono però, in merito, alcune novità che potrebbero contribuire a segnare una svolta generale togliendo a Pyongyang l’etichetta di “stato canaglia”. Infatti il governo di questo paese ha annunciato, nelle settimane scorse, di voler completare entro la fine dell'anno quel processo di disarmo nucleare iniziato in luglio con la chiusura, già confermata dagli ispettori dell'Onu, del reattore di Yongbyon. Si è quindi sulla buona strada della trattativa reale.

di Daniele John Angrisani

Negli ultimi mesi più volte sono riecheggiati toni da guerra fredda. L'uso politico dell'arma energetica da parte del Cremlino, la preoccupante situazione dei diritti umani e della democrazia in Russia, la decisione americana di impiantare uno scudo spaziale nel cuore dell'Europa e la decisione russa di ritirarsi più o meno definitivamente dal trattato Cfe, hanno riportato alla mente tensioni che molti di noi speravano essere seppellite nella storia del Novecento. È curioso però notare che tra tutte le materie di scontro che in questo momento dividono la Russia dall'Occidente, manca una, forse la più importante: il genocidio in atto in Cecenia dal 1999, di cui l'Occidente sembra aver completamente dimenticato l'esistenza. Lungi dall'essere una terra pacificata, come vorrebbe far credere la propaganda del Cremlino, la Cecenia attuale è infatti una terra degli orrori, dove torture, sparizioni, uccisioni indiscriminate e attacchi terroristi, sono ancora all'ordine del giorno. Il regime di Ramzan Kadyrov, uomo forte della Cecenia imposto dal Cremlino, si basa infatti sul terrore diffuso e sul culto della personalità del suo leader. Lo stesso Ramzan Kadyrov, in una intervista di qualche mese fa al quotidiano russo Kommersant, è stato molto chiaro sul suo credo politico: "Putin è un dono di Dio, dovrebbe essere presidente a vita", ha affermato il leader ceceno filo-russo, aggiungendo che "la democrazia è una invenzione dell'America, la Russia non ha bisogno della democrazia, ma di un uomo forte".

di Carlo Benedetti

MOSCA. Putin alza il tiro. Sino ad oggi ha giocato con due carte per preparare la successione fissata al 2008 ed ora, mentre la corsa è già cominciata, ne mette in campo una terza. E la partita si fa più difficile. Perchè le prime due candidature alla massima poltrona del Cremlino sono state, sino ad oggi, quelle di Ivanov e di Medvedev. Ma ora il Presidente spiazza i cremlinologi e comincia a flirtare con l’ultimo arrivato nelle sfere dell’Olimpo russo. E precisamente con Sergej Evgeneevic Naryshkin (nato nel 1954) che era responsabile dell’apparato governativo sistemato poi in una poltrona di riserva in qualità di vice premier. Putin - sempre attento all’uso delle cinghie di trasmissione - lo ammette nel giro dei suoi uomini: gli affida compiti direzionali e, cosa molto importante per la vita della casta russa, se lo porta in dacia tre-quattro volte alla settimana. Ed è un fatto senza precedenti. Vuol dire che l’ufficiale Sergej Evgeneevic è ormai di casa e che tra poco sarà solamente l’amico Sergej, compagno di merende. Del resto anche lui ha un passato di agente del Kgb. E questo per Putin vuol dire molto soprattutto nel momento in cui è necessario un netto controllo sull’apparato.

di Bianca Cerri

A New Orleans circola una storiella di quelle che gli adulti raccontano quando i bambini sono già andati a letto. Tre uomini bendati palpano un elefante senza sapere di che animale si tratta. Il primo gli sfiora i fianchi e dice che è una mucca, il secondo afferra la proboscide e dice che è un serpente, il terzo, beh, afferra i genitali dell’elefante e dice che è un rinoceronte. Ecco, forse il paragone è goliardico ma descrive perfettamente come è oggi New Orleans, una città che ciascuno descrive a seconda delle proprie sensazioni sapendo che comunque non tornerà più come era una volta. Le ferite che le hanno inferto sia la natura che gli uomini saranno difficili da sanare. Il 30 agosto del 2005, quando i venti che avevano cambiato per sempre la fisionomia delle coste della Louisiana si placarono, il fruscio prodotto da miliardi di dollari in arrivò attirò stormi di multinazionali come Hulliburton, Bechtel, Kellog Brown, ecc. che si gettarono come avvoltoi sul business della ricostruzione. Due anni dopo, molti dei lavoratori arrivati da vari paese del mondo, aspettano ancora di sapere cosa ne sia stato dei loro salari. Almeno la metà fu assunta in nero - o vis-a-vis, come si dice da queste parti - e costretta a lavorare con la paura di essere deportati perché privi del permesso di soggiorno. In stati come la Louisiana o il Mississippi, dove la classe operaia non ha mai potuto contare su grandi garanzie, il passaggio di Katrina aveva spazzato via anche i pochi punti fermi, ad iniziare dai minimi salariali previsti dalle leggi nazionali.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy