di Fabrizio Casari

L’Amministrazione Bush non attraversa certo una fase di splendore. I suoi consensi sono al minimo storico e le prossime elezioni fanno ipotizzare una possibile vittoria repubblicana solo nel caso di un suicidio politico dei democratici (peraltro specialisti della materia). Almeno questo sembra emergere dalla crisi della destra, orfana dei suoi neocon e in attesa della mobilitazione dei suoi predicatori. Ma tra una amministrazione democratica o repubblicana, sotto il profilo della propaganda imperiale non vi sarebbe una grande differenza, giacché entrambi i partiti, pur con sfumature diverse, ritengono comunque che l’agenda politica statunitense debba essere sostenuta, internamente ed internazionalmente, con ogni mezzo ed in ogni luogo. La scommessa, infatti, è quella del recupero della leadership statunitense a livello planetario, leadership quanto mai messa in discussione dagli ultimi otto anni di presidenza Bush. L’informazione, con la quale si possono deformare i fatti e costruire il senso comune di un mondo alla rovescia, si trova dunque al primo posto nella strategia della comunicazione statunitense. Non è quindi un caso se nella legge di bilancio del prossimo 2008 viene previsto uno sforzo straordinario per la propaganda ed una messe di denaro per chi, nel mondo, voglia sostenerla.

di Giuseppe Zaccagni

Il ricco elettricista di Danzica, Lew Walesa, se la ride sotto i baffi, ma dice anche che “i metodi dei Kaczynski per ridurre al silenzio chiunque non sia d’accordo con loro mi ricordano quelli attuati dai comunisti per distruggere Solidarnosc. Sono loro due che dovrebbero essere arrestati”. L’ex presidente Aleksander Kwasniewskij dichiara di aver previsto tutto. Il vecchio generale Jaruszelskij - sotto il nero dei suoi occhiali - nasconde lampi di cinica gioia per quanto sta avvenendo. Il primate accende un cero sotto l’icona di Woytila, il Papa che era stato chiamato a salvare la Polonia. Brzezinskij studia quello che dovrà dire quando a Varsavia si arriverà alla resa dei conti. I giornalisti del quotidiano Gazeta Wyborcza sbattono in prima pagina un titolo che denuncia la faida politica scoppiata al vertice del Paese. E i padri cattolici della famosa Radio Marija promettono a Dio di non pregare più per chi non lo merita. E così, in questo clima di crisi a tutto campo, la Polonia si avvia alle elezioni. Il parlamento sarà sciolto il 7 settembre e la consultazione potrebbe tenersi il 21 ottobre prossimo, così come messo nel conto dal partito al governo, quello appunto dei gemelli Kaczynski: Lech, presidente della Polonia (al momento ricoverato in ospedale) e Jaroslaw, premier.

di Elena Ferrara

Gli americani hanno la Cia, gli israeliani il Mossad, i russi l’Fsb, gli inglesi l’MI-6 : ma ora anche i Rom si dotano della loro intellicence. Si chiama “Sisrom”, che sta per “Servizio Informazione Sicurezza Rom”. Ha come punto base la Romania (il paese dove si è costituito ufficialmente) ed ha già stabilito rapporti a livello mondiale con l’ Interpol ed altre organizzazioni che si occupano della sicurezza. Supera così i giganteschi ostacoli innalzati dal potere dominante nei confronti di una popolazione da sempre umiliata. Alle spalle di questa nuova centrale investigativa c’è un movimento romeno particolarmente attivo che si chiama “Partito degli zingari” e che, nel parlamento di Bucarest, è rappresentato dal deputato Rom, Medelin Bojku. Ed è lui che fornisce alla stampa queste prime informazioni sul Sisrom. Che ha, come compito istituzionale, quello di svolgere operazioni di studio e di analisi in tutta la diaspora. Catalogare, quindi, le varie etnie segnalando alla centrale di Bucarest dove e come sono organizzati i campi zingari sparsi nel mondo. Una lavoro parallelo di indagine e di controllo che porterà il Sisrom, nel giro di pochi anni, ad essere una delle centrali di intelligence più importanti del mondo, capace di diegnare i contorni di un gruppo sociale.

di Luca Mazzucato


Il clan neocon di George Bush prepara un addio al potere letteralmente col botto. Quella che sarà probabilmente l'ultima mossa dell'amministrazione americana in Medioriente segnerà il futuro della regione per i prossimi anni, all'insegna della dottrina del “caos creativo”, che sta dando ottimi frutti (per Bush e alleati) in Iraq e in Palestina. Il presidente americano chiederà al Congresso un finanziamento a pioggia di circa sessanta miliardi di dollari in armamenti per Israele, Egitto, Arabia Saudita e i regimi filo-americani nel Golfo. Il pacchetto include bombe a guida satellitare, caccia ultramoderni e navi da guerra. Il motivo ufficiale è accerchiare la crescente potenza iraniana rafforzando gli alleati sunniti. Pesantemente contrarie le reazioni della Germania (che si oppone anche allo scudo antimissile di Bush in Europa orientale) ma soprattutto di una coalizione bipartisan del Congresso, che minaccia battaglia in aula. Dopo l'appoggio al progetto nucleare indiano, che sta cambiando l'assetto geopolitico asiatico, Bush decide di lasciare il segno anche in Medioriente. Ad un anno dalle elezioni presidenziali, che porteranno probabilmente ad un graduale disimpegno dall'Iraq, l'amministrazione più guerrafondaia della storia guarda lontano e cerca di plasmare il nuovo scenario regionale nei prossimi decenni.

di Alessandro Iacuelli

In tre anni si sono suicidati sei dipendenti della centrale nucleare EDF di Chinon, in Francia. Il Paese transalpino si interroga su questa inquietante serie di suicidi a catena. L'ultimo suicidio, ha portato alla ribalta a livello nazionale il caso. Lavoratori che si sono dati la morte, appartenenti a categorie diverse, che vanno dal tecnico Dominique Peutevinck, fino ad un quadro 50enne, con un incarico di alta responsabilità nella conduzione del reattore. È stato proprio il suicidio del quadro, avvenuto il 27 febbraio scorso, a far riaprire il caso del suicidio di Peutevinck, risalente all'agosto 2004. Per lui, il Tribunale degli Affari di sicurezza sociale di Tours, al termine di una causa che vede contrapposta la famiglia del defunto alla EDF, ha deliberato che l'atto suicida vada considerato come risultante di una malattia professionale. EDF ha già fatto ricorso contro tale sentenza. Fatto sta, che quasi tutti i lavoratori suicidi hanno compiuto il loro gesto estremo dentro la centrale, sul luogo di lavoro.


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