di Eugenio Roscini Vitali

Il 9 settembre scorso, a Baghdad, il contrammiraglio statunitense Mark Fox ha annunciato che l'ideatore dell’attentato compiuto nel nord dell'Iraq il 14 agosto 2007, nel quale erano morte 400 persone, era rimasto ucciso la settimana precedente in un bombardamento sferrato da un aereo della coalizione. Le vittime di quel sanguinoso atto terroristico, compiuto con quattro camion-bomba esplosi simultaneamente nei villaggi di Al Khataniyah e di Al Adnaniyah, nella provincia di Niniveh, erano tutti curdi-iracheni appartenenti alla setta religiosa yazidi. Dall’inizio del conflitto (marzo 2003), la piccola comunità yazidi è stata colpita numerose volte dalla furia omicida del terrorismo islamico ma in seguito al devastante attacco del 14 agosto i membri del gruppo sono stati costretti a chiedere la protezione del governo. Una situazione di costante pericolo che il portavoce dell’Associazione yazidi per la pace, Hebert Yegorova, definisce inaccettabile, soprattutto se si pensa alle discriminazioni subite e alla condizione di isolamento nella quale sono costretti a vivere gli yazidi. Pochi mesi prima di quest’ultimo atto terroristico, il gruppo avevano subito un altro barbaro attacco. Nel mese di aprile, nei pressi di Mosul, un uomo armato si era impadronito di un autobus di lavoratori tessili diretti a Bashika; dopo aver fatto scendere tutti gli uomini di fede cristiana e musulmana, il terrorista aveva giustiziato i 23 individui rimasti a bordo del mezzo, tutti curdi-iracheni appartenenti alla setta yazidi.

di Raffaele Matteotti

La democrazia in Birmania è sparita nel 1988. Fu allora che venne istituito il Consiglio di Restautazione dell'Ordine e dello Stato (State Law and Order Restoration Council o SLORC), sostanzialmente una giunta militare onnipotente con a capo un militare. Il paese reagì negativamente, ma una spietata repressione uccise migliaia di oppositori, per lo più studenti, affermando la dittatura nel paese. Il dittatore era allora Saw Maung, che durò fino al 1992 (ignorando i risultati delle elezioni del 1990). A succedergli nel doppio ruolo di capo dell'esercito e di primo ministro fu il generale Than Shwe, ancora oggi al potere. Inizialmente Than Shwe venne visto come dittatore più morbido rispetto a Maung, ma la sua permanenza al potere s’incaricò di dimostrare l’ottimismo fuori luogo di quelle previsioni. Than Shwe ha un saldo controllo sull'esercito e lo dimostra il fatto che quando ha compiuto sessanta anni, data prevista per la pensione, ha festeggiato spostando più avanti il limite. Nel 1997 ha intrapreso un'operazione di cosmesi istituzionale, trasformando lo SLORC in Consiglio per Sviluppo e la Pace dello Stato ( State Peace and Development Council o SPDC) e lasciando tutto come stava.

di Giuseppe Zaccagni

Comincia ad Askabad, capitale della Turkmenia (ex repubblica sovietica), la resa dei conti. Scomparso il 21 dicembre 2006 il vecchio leader Saparmurat Nijazov, il nuovo presidente Kurbanguly Berdymukhamedov da il via - secondo le migliori tradizioni delle oligarchie asiatiche - ad una serie di purghe e di arresti nell’ambito delle nomenklature dello stato e del governo. Vengono messi in galera molti dei più stretti collaboratori dell’ex padrone della Turkmenia. Il primo della lista è il vecchio ministro dell’Agricoltura, Pajzygely Meredov, che è ancor oggi considerato come uno degli uomini più ricchi dell’Asia ex sovietica. Era lui che - col pieno accordo del presidente Niazov - provvedeva ad esportare il cotone (che è, in pratica, l’oro nazionale) e ad incassare direttamente il ricavato depositandolo in conti svizzeri. Nella stella cella della prigione di Askabad gli fa compagnia suo figlio, Batyr, che trafficava con prodotti turkmeni venduti negli Emirati Arabi e trasformati in dollari che finivano nelle banche di sua fiducia in vari paesi europei. Ora si scopre anche che il “tanto amato padre della Turkmenia, Nijazov” aveva accumulato tesori inestimabili (casse di diamanti) che il suo fedele aiutante Meredov si preoccupò di far scomparire non appena ricevette la notizia della morte del capo. Sull’intera vicenda il presidente attuale fonda la sua attività di “pulizia morale” e così finisce in carcere (vi rimarrà per 20 anni) anche il responsabile della sicurezza, Akmurad Pejepov.

di Elena Ferrara

Al posto del vecchio libretto rosso di Mao - buono per tutti gli usi - arrivano, sempre in Cina, i libretti verdi e rosa delle guide turistiche. Stampati in cinese, mentre sorgono come funghi le agenzie di viaggio che, al posto dei vecchi treni che ospitavano le gite di massa, propongono viaggi individuali. È un boom e può essere anche uno tsunami sociale. Secondo le più recenti previsioni ci sarebbero, in totale, circa cento milioni di potenziali viaggiatori già pronti con le loro valigie a superare la grande muraglia per sbarcare nelle altre nazioni dell'Asia e dell'Europa come avvenuto negli anni passati con 35 milioni di turisti in giro all'estero. Una valanga umana, invece, ancora più imponente, si riverserebbe all’interno della stessa Cina tenendo conto che già nel 2001 i dati statistici avevano fatto rilevare che c'erano stati 780 milioni di cinesi impegnati in viaggi entro i confini. Sviluppo progressivo e costante, quindi, con l'elenco delle nazioni con le quali Pechino ha precisi accordi turistici che sale a quota 132. In pratica cade fragorosamente quella cortina che impediva ai cinesi di andare in vacanza in modo autonomo, senza la mediazione del sindacato o delle autorità locali. Oggi, tra l'altro, c'è una parte della popolazione che si può permettere di organizzare il tempo libero sfruttando una sorta di "ferragosto" collettivo.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Gli ortodossi della Russia chiudono gli occhi. Ma sanno bene che l’Islam avanza e non accetta la condizione di “chiesa del silenzio”. E così se nel Tatarstan i musulmani costruiscono le basi per una sempre più attiva espansione (i tartari sono la seconda principale etnia della Federazione russa) anche in Cecenia soffia forte il vento dell’islamizzazione della società. Qui l’attuale presidente della Repubblica - Ramzan Kadyrov, appoggiato da Putin - coglie l’occasione dell’inizio dell’anno scolastico per ordinare l’apertura a Grozny di “Istituti islamici” dove si svolgeranno lezioni sulla storia dell’Islam. Con i seguaci dell’Islam tradizionale che si impegneranno sempre più dello stato del processo educativo, dei programmi di istruzione divulgando le idee del fondamentalismo tradizionale. È un passo decisivo che segna l’ingresso del mondo islamico in quelle strutture scolastiche russe che sino ad ora erano aperte solo alla chiesa ortodossa. E questo vuol dire che Kadyrov si avvia sempre più sulla strada della completa islamizzazione della società cecena.


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