di Fabrizio Casari

L’Unione Europea, come è noto, non brilla per autorità politica. Né in generale né, ancor meno, nei confronti degli Stati Uniti, verso i quali professa diversità di vedute - che spesso sono più che altro sfumature - e sostanziale abnegazione. Ora, se sulle grandi questioni di politica economica o di governance globale questo potrebbe risultare, per quanto deprecabile, legittimo, lo stesso non si può dire quando la relazione bilaterale ha per oggetto il rispetto dei diritti dei suoi cittadini. I casi sono molti, ma quello relativo alle norme che regolano l’accesso degli europei negli Usa è davvero paradigmatico. Succede infatti che l’Amministrazione Bush ha imposto alle compagnie aeree che volano negli Stati Uniti una procedura infamante e truffaldina. Le disposizioni impartite dagli Usa per il controllo dei dati personali dopo l’11 Settembre, lungi dall’essere misure realmente efficaci per la prevenzione di attentati, violano la privacy dei viaggiatori con finalità in parte diverse da quelle dichiarate. In particolare, per entrare negli Stati Uniti bisogna dotarsi di un passaporto elettronico, ma fin qui poco male. Sono le disposizioni successive ad inquietare e indignare. Le compagnie aeree, infatti, devono comunicare alle autorità statunitensi nomi e cognomi dei viaggiatori, numero delle carte di credito utilizzate per il pagamento dei biglietti, menù ordinato a bordo ed altre eventuali particolarità di comportamento evidenziatesi durante il viaggio. I dati verranno custoditi ed utilizzati dagli organismi federali statunitensi senza nessun tipo di comunicazione a chicchessia. Le norme sono in vigore da diverso tempo, ma Bruxelles nicchia.

di Elena Ferrara

Dopo le borse griffate in casa, dopo i tanti ninnoli e i componenti elettronici, dopo le copie di oggetti tipici della produzione occidentale più raffinata eccoli i cinesi all’assalto del mercato mondiale delle auto. Hanno studiato a lungo i modelli delle grandi aziende, si sono dotati di catene di montaggio prima sovietich e poi occidentali, hanno mandato i loro agenti in giro a vedere, studiare, fotografare. Ed anche a copiare. Ed ora sono pronti all’attacco: si annuncia una valanga che potrebbe scatenarsi tra alcuni anni con auto tutte cinesi che dovrebbero costare all’incirca il 30 per cento in meno di quelle occidentali. Il modello che dovrebbe segnare l’ingresso ufficiale nei mercati mondiali è quello denominato “Happy Emissary”. Le prime auto di questa serie escono già da una fabbrica statale situata nella provincia cinese dello Yunnan nei pressi del Tibet (al confine con Vietnam, Laos e Birmania) che nel passato era stata utilizzata e ristrutturata dalla giapponse Daihatsu.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Arriva un’altra porzione dell’eredità di Putin: una cortina di aerei in difesa della Russia. L’idea viene dai falchi che cominciano a volare alto su una Russia che si appresta al cambio della presidenza. Con un Putin che - tallonato dal suo vice Sergei Borisovic Ivanov (classe 1953) e sempre più coinvolto nelle strategie dell’industria militare - firma il decreto e annuncia che i piloti sono stati per troppo tempo inattivi, “seduti nelle basi” sin dal 1992... E’ ora di muoversi, quindi, tanto più che l’America di Bush non sta a guardare creando la sua cortina di basi attorno alla Russia. E così Mosca risponde con una mossa a sorpresa. Nel teatro della politica nazionale scende in campo lo stato maggiore dell’aviazione militare che fornisce (questa volta senza tanti misteri) i nomi degli aerei e le basi delle loro dislocazioni. Eccoli nell’aria i Tu-160, Tu-95MC, Tu-22m, Tu-22M3. Sono tutti bombardieri strategici a lungo raggio capaci di effettuare missioni di sorveglianza con elevate caratteristiche di penetrazione, ma anche pronti per attacchi nucleari, convenzionali, antinavali. Ora pattugliano i cieli ventiquattro-ore-su-ventiquattro, appoggiati da aerei da supporto e rifornimento. Il loro obiettivo è quello di “controllare le zone ad intensa attività marittima ed economica della Russia”.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Putin lascerà la guida del Paese nel 2008, ma ha già fissato le linee strategiche della politica estera che la Russia dovrà seguire per il prossimo futuro. Il suo discorso a Biskek - in occasione del vertice della Shangai Cooperation Organization (Sco) che si è svolto nella residenza presidenziale di Ala-Arca - va considerato come un vero programma di attività e di interventi, presupposto fondamentale per una politica distensiva dal Baltico al Pacifico. L’esponente del Cremlino ha colto l’occasione dell’incontro (che la stampa di Mosca definisce già come un G6) per esporre ai massimi dirigenti dell’Asia i punti da lui ritenuti strategici per uscire da un certo tipo di isolamento politico che si è registrato negli ultimi decenni. Gradualmente e senza scosse - rivelando una politica di cautela e prudenza - Putin ha disegnato un continente eurasiatico destinato ad assumere un ruolo globale nella gestione degli affari. Ha indicato nella politica della distensione e della collaborazione economica il punto centrale. Non ha fatto cenno alle interferenze americane, ma tutto l’impianto del suo discorso è stato ovviamente interpretato come una presa di distanza dalle mire d’oltreoceano.

di Bianca Cerri

Verrà calata una telecamera nella miniera di Crandall Canyon (nello Utah), dove ormai dal 6 agosto non giunge più la voce dei minatori rimasti intrappolati all’interno. Prima bisognerà però stabilire con certezza a che profondità si trovavano quando è avvenuto il crollo che li rinchiusi sottoterra e se abbiano avuto la possibilità di spostarsi nel lungo tunnel dove la quantità d’aria potrebbe aver permesso loro di sopravvivere. Se così non fosse, tra quattro o cinque giorni, quando i soccorsi dovrebbero riuscire a raggiungerli, sarebbe sicuramente troppo tardi. Le squadre di soccorso continuano a trapanare il terreno per permettere il passaggio alle telecamere che scenderanno nella miniera di Crandall Canyon, dove ormai da dieci giorni non giunge più la voce dei sei minatori rimasti intrappolati all’interno. Il primo tentativo è andato a vuoto, ora si dovrà cercare di scendere più in basso perché non si sa dove si trovassero i sei uomini al momento del crollo e se abbiano avuto la possibilità di spostarsi nel lungo tunnel dove la quantità d’acqua potrebbe aver permesso loro di sopravvivere. Per fare tutto ciò ci vorranno almeno 4-5 giorni e forse allora sarà troppo tardi per salvarli.


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