di Daniele John Angrisani

Negli ultimi mesi più volte sono riecheggiati toni da guerra fredda. L'uso politico dell'arma energetica da parte del Cremlino, la preoccupante situazione dei diritti umani e della democrazia in Russia, la decisione americana di impiantare uno scudo spaziale nel cuore dell'Europa e la decisione russa di ritirarsi più o meno definitivamente dal trattato Cfe, hanno riportato alla mente tensioni che molti di noi speravano essere seppellite nella storia del Novecento. È curioso però notare che tra tutte le materie di scontro che in questo momento dividono la Russia dall'Occidente, manca una, forse la più importante: il genocidio in atto in Cecenia dal 1999, di cui l'Occidente sembra aver completamente dimenticato l'esistenza. Lungi dall'essere una terra pacificata, come vorrebbe far credere la propaganda del Cremlino, la Cecenia attuale è infatti una terra degli orrori, dove torture, sparizioni, uccisioni indiscriminate e attacchi terroristi, sono ancora all'ordine del giorno. Il regime di Ramzan Kadyrov, uomo forte della Cecenia imposto dal Cremlino, si basa infatti sul terrore diffuso e sul culto della personalità del suo leader. Lo stesso Ramzan Kadyrov, in una intervista di qualche mese fa al quotidiano russo Kommersant, è stato molto chiaro sul suo credo politico: "Putin è un dono di Dio, dovrebbe essere presidente a vita", ha affermato il leader ceceno filo-russo, aggiungendo che "la democrazia è una invenzione dell'America, la Russia non ha bisogno della democrazia, ma di un uomo forte".

di Carlo Benedetti

MOSCA. Putin alza il tiro. Sino ad oggi ha giocato con due carte per preparare la successione fissata al 2008 ed ora, mentre la corsa è già cominciata, ne mette in campo una terza. E la partita si fa più difficile. Perchè le prime due candidature alla massima poltrona del Cremlino sono state, sino ad oggi, quelle di Ivanov e di Medvedev. Ma ora il Presidente spiazza i cremlinologi e comincia a flirtare con l’ultimo arrivato nelle sfere dell’Olimpo russo. E precisamente con Sergej Evgeneevic Naryshkin (nato nel 1954) che era responsabile dell’apparato governativo sistemato poi in una poltrona di riserva in qualità di vice premier. Putin - sempre attento all’uso delle cinghie di trasmissione - lo ammette nel giro dei suoi uomini: gli affida compiti direzionali e, cosa molto importante per la vita della casta russa, se lo porta in dacia tre-quattro volte alla settimana. Ed è un fatto senza precedenti. Vuol dire che l’ufficiale Sergej Evgeneevic è ormai di casa e che tra poco sarà solamente l’amico Sergej, compagno di merende. Del resto anche lui ha un passato di agente del Kgb. E questo per Putin vuol dire molto soprattutto nel momento in cui è necessario un netto controllo sull’apparato.

di Bianca Cerri

A New Orleans circola una storiella di quelle che gli adulti raccontano quando i bambini sono già andati a letto. Tre uomini bendati palpano un elefante senza sapere di che animale si tratta. Il primo gli sfiora i fianchi e dice che è una mucca, il secondo afferra la proboscide e dice che è un serpente, il terzo, beh, afferra i genitali dell’elefante e dice che è un rinoceronte. Ecco, forse il paragone è goliardico ma descrive perfettamente come è oggi New Orleans, una città che ciascuno descrive a seconda delle proprie sensazioni sapendo che comunque non tornerà più come era una volta. Le ferite che le hanno inferto sia la natura che gli uomini saranno difficili da sanare. Il 30 agosto del 2005, quando i venti che avevano cambiato per sempre la fisionomia delle coste della Louisiana si placarono, il fruscio prodotto da miliardi di dollari in arrivò attirò stormi di multinazionali come Hulliburton, Bechtel, Kellog Brown, ecc. che si gettarono come avvoltoi sul business della ricostruzione. Due anni dopo, molti dei lavoratori arrivati da vari paese del mondo, aspettano ancora di sapere cosa ne sia stato dei loro salari. Almeno la metà fu assunta in nero - o vis-a-vis, come si dice da queste parti - e costretta a lavorare con la paura di essere deportati perché privi del permesso di soggiorno. In stati come la Louisiana o il Mississippi, dove la classe operaia non ha mai potuto contare su grandi garanzie, il passaggio di Katrina aveva spazzato via anche i pochi punti fermi, ad iniziare dai minimi salariali previsti dalle leggi nazionali.

di Fabrizio Casari

L’Amministrazione Bush non attraversa certo una fase di splendore. I suoi consensi sono al minimo storico e le prossime elezioni fanno ipotizzare una possibile vittoria repubblicana solo nel caso di un suicidio politico dei democratici (peraltro specialisti della materia). Almeno questo sembra emergere dalla crisi della destra, orfana dei suoi neocon e in attesa della mobilitazione dei suoi predicatori. Ma tra una amministrazione democratica o repubblicana, sotto il profilo della propaganda imperiale non vi sarebbe una grande differenza, giacché entrambi i partiti, pur con sfumature diverse, ritengono comunque che l’agenda politica statunitense debba essere sostenuta, internamente ed internazionalmente, con ogni mezzo ed in ogni luogo. La scommessa, infatti, è quella del recupero della leadership statunitense a livello planetario, leadership quanto mai messa in discussione dagli ultimi otto anni di presidenza Bush. L’informazione, con la quale si possono deformare i fatti e costruire il senso comune di un mondo alla rovescia, si trova dunque al primo posto nella strategia della comunicazione statunitense. Non è quindi un caso se nella legge di bilancio del prossimo 2008 viene previsto uno sforzo straordinario per la propaganda ed una messe di denaro per chi, nel mondo, voglia sostenerla.

di Giuseppe Zaccagni

Il ricco elettricista di Danzica, Lew Walesa, se la ride sotto i baffi, ma dice anche che “i metodi dei Kaczynski per ridurre al silenzio chiunque non sia d’accordo con loro mi ricordano quelli attuati dai comunisti per distruggere Solidarnosc. Sono loro due che dovrebbero essere arrestati”. L’ex presidente Aleksander Kwasniewskij dichiara di aver previsto tutto. Il vecchio generale Jaruszelskij - sotto il nero dei suoi occhiali - nasconde lampi di cinica gioia per quanto sta avvenendo. Il primate accende un cero sotto l’icona di Woytila, il Papa che era stato chiamato a salvare la Polonia. Brzezinskij studia quello che dovrà dire quando a Varsavia si arriverà alla resa dei conti. I giornalisti del quotidiano Gazeta Wyborcza sbattono in prima pagina un titolo che denuncia la faida politica scoppiata al vertice del Paese. E i padri cattolici della famosa Radio Marija promettono a Dio di non pregare più per chi non lo merita. E così, in questo clima di crisi a tutto campo, la Polonia si avvia alle elezioni. Il parlamento sarà sciolto il 7 settembre e la consultazione potrebbe tenersi il 21 ottobre prossimo, così come messo nel conto dal partito al governo, quello appunto dei gemelli Kaczynski: Lech, presidente della Polonia (al momento ricoverato in ospedale) e Jaroslaw, premier.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy