di Elena Ferrara

Dal 2000 ad oggi hanno studiato le mosse reciproche cercando di uscire dalla trappola del muro-contro-muro. Ma, in pratica, hanno continuato a brancolare tra quelle nebbie politiche, militari e diplomatiche che avvolgono la loro penisola che è - “tecnicamente” - ancora in stato di guerra dopo il conflitto del 1950-1953, concluso solo da un accordo armistiziale il 27 luglio 1953. Ed ecco all’orizzonte uno spiraglio distensivo che potrebbe contribuire a mettere a fuoco qualche nuova idea. Tutto avviene in una Corea divisa in due all’altezza del 38mo parallelo dove le due realtà “nazionali” si guardano attraverso le barriere di filo spinato. Una prima prova di contatto - pur se in mancanza di concrete progettualità - c’era già stata nel 2000 quando il leader nordcoreano Kim Jong Il e l’allora presidente sudcoreano Kim Dae Jung si erano visti per un vertice che aveva come obiettivo centrale quello di stabilire regole e comportamenti di dialogo. E proprio sulla base di quel summit - pur senza aver rigettato il vecchio clima da guerra fredda - sia Pyongyang che Seul hanno fatto capire che il processo distensivo è molto lento ma inesorabile. E che, soprattutto, i due paesi vanno considerati come “fratelli siamesi” collegati da una stessa strategia finale. L’obiettivo, si dice, è quello della riunificazione con l’abbattimento della cortina del 38mo parallelo.

di Giuseppe Zaccagni

Il Papa protettore non c’è più. L’elettricista di Danzica si gode il suo Premio Nobel. Il post-comunista Kwasniewskij rilegge il passato in silenzio. Il generale Jaruzelskij attende il processo. Il grande Kapuscinskij è stato insultato... Ed ora i gemelli Kazynski che hanno preso il potere in Polonia - il Presidente Lech e il premier Jaroslaw - sentono tremare la terra perché i polacchi cominciano ad essere stanchi della loro invasione di campo nella scena politica ed istituzionale. E così i due, non potendo più ricorrere ad un Papa di casa, cercano appoggi di ogni sorta in vista delle presidenziali. Rilanciano l’attività del loro partito, il Pis- Diritto e giustizia, ma soprattutto chiedono soccorso a quella “Radio Maryja” che è l’icona della reazione polacca. E’ infatti una emittente di stampo cattolico che ha scelto di essere la voce della conservazione. A dirigerla, con spirito nazionalista ed antisemita, è il “padre cattolico Tadeusz Rydzyk” che ha forti agganci in Vaticano e che al tempo del Papa polacco era definito “Consigliere del Principe”. Ed è a questa “santa” radio che il presidente polacco Lech si rivolge inginocchiandosi accanto a padre Rydzyk. Lo prega di intervenire e di dire qualcosa di destra criticando la piega presa dalla trasformazione democratica del paese nel 1989 dopo la tavola rotonda fra le forze dell'opposizione di Solidarnosc e i rappresentanti del vecchio potere comunista.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Il vertice dei leader della Russia, Cina, Kasachstan, Kirghisia, Tagikistan ed Usbechistan - che si è svolto nelle settimane scorse a Biskek, capitale della Kirghisia - ha messo in evidenza i gravi problemi della stabilità asiatica visti con l’ottica dell’organizzazione intergovernativa denominata “Shangai Cooperation Organization” (SCO). Ma a restare fuori dall’esame generale è stato proprio il paese che ha ospitato la riunione: la Kirghisia, ancora una volta relegata nella parte di Cenerentola. Brava a servire in silenzio. Ma la realpolitik di questi tempi evidenzia che stanno tornando i tempi del “Great Game” quando, nell’Asia centrale del XIX secolo, impero britannico e Russia zarista si scontravano per il controllo stategico dell’intera area. Ora, infatti, nonostante il silenzio stampa che Usa e Russia impongono su questo argomento, si vede che il “grande gioco” raggiunge la Kirghisia (lo stato indipendente dal 1991 dopo la dissoluzione dell'Urss e confinante con Kasachstan, Usbekistan, Tagikistan e Cina) e vede impegnati ancora una volta proprio due grandi paesi: gli Usa di Bush e la Russia di Putin. In ballo, per queste potenze che qui nell’Asia svolgono le loro prove di guerra fredda, c’è la ridefinizione degli equilibri e delle sfere d’influenza in un’area strategica sia dal punto di vista economico che da quello politico-militare.

di mazzetta

Il mondo della cultura europea è in subbuglio per l’arresto in Germania dei sociologi tedeschi Andrej Holm e Mathias B. I due sono accusati di far parte di un gruppo di “terroristi” conosciuto come Militante Gruppe (MG) sulla base di circostanze e indizi che hanno scatenato ira e preoccupazione negli ambienti accademici europei. Prima di tutto c’è da dire che MG non è esattamente un gruppo terroristico nell’accezione classica del termine, visto che a parte i proclami “sovversivi” pare si limiti ad atti di vandalismo e danneggiamenti(a stare ai fatti che gli vengono attribuiti), ma quello che fa scandalo non è l’immagine che la polizia criminale tedesca ha costruito nel descrivere il gruppo. La pietra dello scandalo sta nella formulazione delle accuse a carico di Holm e B; accuse fondate non su prove, ma semplicemente su ardite acrobazie analogiche. Dicono i giudici tedeschi che i due sono partecipi delle attività di MG perché nei loro scritti ricorrono molte volte le parole “gentrification” e “disuguaglianza”, termini che sarebbero “parole chiave” ricorrenti nei testi di MG. Altra “prova” a loro carico sarebbe il fatto che abbiano accesso a biblioteche ben fornite che, nelle parole dei giudici tedeschi, è condizione necessaria alla stesura di testi culturalmente sofisticati come quelli di MG.

di Bianca Cerri

Il 24 maggio del 2006 fu una brutta giornata per l’ufficiale dell’aeronautica USA Cassandra Hernandez. Aggredita e violentata da tre colleghi nella base di Fayettsville, Hernandez fu soccorsa e trasportata nell’infermeria della base, dove i medici le riscontrarono lacerazioni “compatibili” con uno o più rapporti sessuali forzati. Identificati ed interrogati, gli aggressori sostennero che la donna, palesemente ubriaca, aveva spontaneamente acconsentito ad una performance erotica di gruppo dopo aver civettato con più uomini durante una festa. Le loro parole bastarono a far scattare una denuncia nei confronti di Hernandez, che non aveva ancora compiuto i 21 anni, età minima prevista dalle leggi della Carolina del Nord per il consumo di sostanze alcoliche. Come se non bastasse, sul suo cellulare iniziarono ad arrivare messaggi anonimi minacciosi ad ogni ora del giorno e della notte.


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