di Giuseppe Zaccagni

Era nota solo per il "voto bulgaro" inteso come monolitico e senza appello. Oggi si è conquistata un posto onorevole nel campo della destra, dei crimini e degli scandali. E i recenti risultati per le elezioni al parlamento europeo (le prime dopo l'ingresso del Paese nell'Ue destinate a portare in Europa 18 deputati) sono la prova della involuzione che sta caratterizzando la Bulgaria post-socialista. Perché - in un’atmosfera di inquietudine collettiva - si è registrato il successo del nuovo partito di centrodestra - Gerb con il 21,69% - che era già la seconda forza nazionale anche grazie al carisma del fondatore, il sindaco di Sofia Boiko Borissov. Il risultato elettorale generale, comunque, segna anche un processo di disaffezione della popolazione nei confronti della vita politica ed istituzionale. Alle urne, infatti, si è presentato appena il 28% degli aventi diritto ed è stato così raggiunto il minimo storico per questo leggendario voto bulgaro. Un segno di diffidenza e, forse, anche di rassegnazione. E se a tutto ciò si aggiunge che a perdere queste "europee" è il partito socialista - il Psb ora con il 21,41%, al governo con il premier Stanislav Stanishev - si comprende bene che la situazione comincia ad oscillare seriamente con un elettorato estremamente critico nei confronti di un’amministrazione che non è riuscita a fare fronte al carovita, alla corruzione ai livelli più alti e alla ondata di violenze urbane.

di Carlo Benedetti

Palate di fango su una Polonia che vuol sentirsi democratica ed europea e su un mondo intellettuale che rispetta i valori sociali, l’etica e la storia. Tutto avviene a Varsavia dove il grande polacco Ryszard Kapuscinski (il famoso reporter di guerra, autore di saggi conosciuti e studiati ovunque, nato nel 1932 a Pinsk nella Polonia Orientale e morto il 23 gennaio scorso) finisce sotto la mannaia dei gemelli della destra che monopolizzano il potere locale. Li conosciamo come personaggi che sembrano usciti da quel laboratorio genetico che il medico nazista Josef Mengele aveva costruito nel lager di Auschwitz: programmati per combattere contro tutti e scatenare il loro odio represso contro chi non li accetta e non li vuol seguire nelle campagne antidemocratiche, xenofobe, razziste e antisemite, affannati nella loro missione di riscrivere la storia. Ma è anche vero che sono patetici e più che assomigliare a costruzioni diaboliche - frutto di incredibili manipolazioni - sembrano una versione polacca di Gianni & Pinotto. Eccoli, quindi, sulla scena della storia di oggi. Attori e registi di un revisionismo che assume sempre più il volto della reazione.

di Fabrizio Casari

Un vecchio ma validissimo adagio rileva come la Banca Mondiale, lungi dal dover sostenere attraverso progetti ed infrastrutture le economie dei paesi emergenti, come da statuto, sia sostanzialmente il luogo dove si garantisce che i poveri dei paesi ricchi finanzino i ricchi dei paesi poveri. Falco tra i falchi, sarà per questo che Paul Wolfowitz era sembrato l’uomo giusto al posto giusto per la congregazione di petrolieri ed affaristi texani che hanno messo la mano destra sugli affari statunitensi, quella sinistra sul petrolio del resto del mondo e tutti e due i piedi sul diritto internazionale. Ma soprattutto doveva essergli sembrata una uscita di scena onorevole, una sorta di scivolo consentito dalla tragedia irachena ed afgana nella quale la Casa Bianca, trascinata da Wolfowitz, ha trascinato gli Stati Uniti. Perché proprio Paul Wolfowitz, con Donald Rumsfeld e Karl Rove, assistiti da John Dimitri Negroponte e con il sostegno della destra religiosa fanatica ed integralista, aveva formato l’orrido quartetto d’archi che resuscitò il pensiero reazionario con il quale la prima e la seconda Amministrazione Bush si sono presentate al mondo.

di Camilla Modica

Servono centoventisei milioni di dollari per provare a salvare il Mar d’Aral, o almeno quel poco che ne rimane. Sono stati sufficienti pochi decenni per ridurre di tre quarti il volume di quello che una volta era il quarto mare chiuso più grande del mondo. Pochi decenni, dagli anni Sessanta ad oggi, per distruggere quasi totalmente il prezioso ecosistema di questa zona a cavallo tra Kazakhstan e Uzbekistan, un tempo fertile e ricca d’acqua grazie a due tra i più importanti fiumi dell’Asia Centrale, l’Amu Darya e il Syr Darya. Di anno in anno il livello del Mar d’Aral è sceso in modo costante. Gli scienziati prevedono che senza interventi importanti l’intero mare si prosciugherà totalmente entro il 2020. Già adesso i danni sono enormi, non solo per flora e fauna ma anche per la popolazione che vive sulle coste e che sempre più spesso è costretta a spostarsi altrove. Da un lato, infatti, in queste terre pesca e agricoltura sono in ginocchio, mentre dall’altro, è difficile superare i 50 anni di vita, a causa della forte incidenza di alcune malattie come bronchiti, anemie, allergie.

di mazzetta

A provocare l’incredibile isolamento del presidente americano non è solo l’incombente fine del suo mandato presidenziale, ma anche la sensazione ormai netta e diffusa che la politica statunitense perseguita nei gli ultimi due mandati sia molto più che fallimentare. Bush ha raggiunto la percentuale di gradimento più bassa mai registrata da un presidente americano, incidentalmente da suo padre, e si trova contro un 78% di americani che pensa che la politica della Casa Bianca abbia una direzione sbagliata. Secondo i critici più avvertiti il problema americano va ben oltre la figura di Bush e le malefatte del suo governo, tanto che personaggi come Noam Chomsky o Chalmers Johnson parlano della necessità per gli Stati Uniti di liberarsi della sovrastruttura imperiale che ormai guida incontrastata la locomotiva americana verso il disastro. Nonostante queste evidenti anomalie sistemiche, George W. Bush resta il principale responsabile, o almeno il più evidente agli occhi di tutti.


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