di Giuseppe Zaccagni

Da Baden in Austria - dove per la questione del Kosovo si è riunita la trojka dei mediatori degli Usa, dell’Unione europea e della Russia - arrivano notizie che segnano, in negativo, lo stallo delle trattative. E tutto, di conseguenza, producendo instabilità, disordine e disgregazione, slitta verso un nuovo e breve periodo di consultazioni: prima del 10 dicembre quando il rapporto sullo stato della situazione dovrà arrivare sul tavolo del segretario delle Nazioni unite Ban Ki-moon. Fase finale, quindi? Punto di arrivo? Momento di scelta? Per ora c’è solo da registrare un’intesa sul non accordo con dichiarazioni di questo genere: “La Serbia non permetterà l’usurpazione di un millimetro del suo territorio” dichiara il presidente del governo della Repubblica di Serbia Vojislav Kostunica. “Il Kosovo non intende essere ostaggio degli avversari dell'indipendenza” risponde il presidente albanese-kosovaro Fatmir Sejdiu il quale fa notare che le posizioni delle parti - e cioè Belgrado e Pristina - “sono il più lontane possibile” e lancia, di conseguenza, una seria minaccia per la stabilità europea. Kostunica ribatte sottolineando che le trattative si chiuderanno solo davanti al Consiglio di sicurezza a New York: “E’ lì - dice - che sono cominciate ed è lì che devono concludersi”.

di Agnese Licata

Quando si dice: un marchio, una garanzia. Sul marchio - la firma in questione è quella di Geoffrey D. Miller - è lecito aspettarsi un po’ di tutto, ma mai niente di buono. Non sorprende, infatti, che in calce al documento destinato ai carcerieri di Guantanamo, ci sia proprio il suo nome. Nominato alla fine del 2002 comandante di una prigione al di sopra di tutte le leggi, costretto alla pensione nel 2006 dopo un’infinità di polemiche sulle variegate torture denunciate da alcuni ex prigionieri, Miller è passato alla storia per i risultati ottenuti ad Abu Ghraib, in Iraq. Risultati ampiamente documentati da foto scandalose, soprattutto per una nazione che si è data il ruolo di guida democratica del mondo. Risultati che a Miller hanno fruttato una medaglia al merito, la Distinguished Service Medal, a testimoniare il suo ruolo di “innovatore”. Del resto, come negare il carattere innovativo di molti dei metodi elencati nelle 238 pagine dirette a Cuba e datate 28 marzo 2003, poco dopo l’inizio della guerra in Iraq? Da alcuni giorni a questa parte, grazie a un sito – wikileaks.org – e a un cybernauta che ha scovato, postato e reso pubblico questo documento, le tecniche utilizzate a Guantanamo per convincere i detenuti a collaborare durante gli interrogatori sono sotto gli occhi di tutti. E lo rimarranno ancora, dato che la richiesta del Pentagono di censura è stata respinta dal sito.

di Luca Mazzucato


Una sorpresa dell'ultimo minuto nell'Accademia navale di Annapolis dà il via alle danze della conferenza di pace. Cinque minuti prima del discorso di Bush, il presidente dell'ANP Abbas e il premier israeliano Olmert raggiungono un'intesa su un documento inaugurale. Un George W visibilmente soddisfatto legge la dichiarazione: Israele e ANP si impegnano a raggiungere un accordo di stato finale entro la fine del 2008, cominciando il 12 dicembre prossimo. Olmert ha corretto il tiro subito dopo dichiarandosi scettico sulla effettiva conclusione entro il 2008. È possibile che questa dichiarazione iniziale sarà anche l'unico risultato del notevole sforzo diplomatico messo in campo dagli Stati Uniti: indire una conferenza per convocare conferenze future, in un nuovo gioco di rimpalli mediatici. Anche se nessun risultato viene raggiunto sul campo, l'importante è mostrare di essere “impegnati nella risoluzione del conflitto.” Con uno slancio di entusiasmo, Putin ha capito il trucco e si è subito candidato per ospitare la prossima conferenza di pace da tenersi in primavera a Mosca.

di Elena Ferrara

L'appuntamento é a Vienna, dove si terrà una sessione del cosiddetto “Processo di Oslo” ??? la messa al bando delle cluster-bombs, quelle “bombe a grappolo” che anche a guerra finita mietono vittime tra le popolazioni civili ? in particolare tra i bambini. La data per la riunione è quella del 4 dicembre e segue l’incontro - svoltosi nei giorni scorsi a Ginevra - al quale hanno partecipato i rappresentanti di 143 paesi firmatari (Italia compresa) della “Convenzione” per le armi tradizionali. L’Austria ha messo la sua firma in un? petizione internazionale dove si chiede l'abolizione delle famigerate bombe ed anche il Giappone h? annunciato un? proposta ??r la messa al bando parziale di questo tipo di ?rdigni. E nella lista di chi si batte per il divieto totale di tali armi (queste sì che sono quelle reali, dello sterminio di massa…) si pone ora anche il Belgio che ha approvato un disegno di legge in merito. Si va quindi ampliando - con un cammino coerente - il ventaglio di Stati che prendono posizione, anche se per arrivare ?lla abolizione totale la strada risulta ancora lunga.

di Bianca Cerri

In tempi lontani, i predicatori erano visti come visionari dall’animo buono o, nella peggiore delle ipotesi, come innocui cialtroni. Oggi le cose sono cambiate e il governo americano è stato costretto ad istituire una commissione investigativa che dovrà accertare come abbiano fatto sei predicatori evangelici a procurarsi abitazioni lussuose e fuoriserie con il semplice dono della fede. I sei fanno parte di una particolare categoria di “unti dal Signore” che vede nella prosperità terrena la vera prova dell’esistenza di Dio. Persino in un’epoca di iperbole mediatica come questa, figure come i predicatori televisivi riescono a primeggiare su tutti gli altri, non fosse altro che per la facilità con cui riescono ad ammucchiare miliardi vendendo aria fritta. Gli Stati Uniti pullulano letteralmente di imprenditori del verbo divino che gestiscono veri e propri imperi finanziari. Pat Robertson, ad esempio, che ha fondato anche un’università ed influenza notevolmente anche la scena politica. Il fatturato delle sue attività sfiora il miliardo di dollari. Grazie alla misericordia dei suoi fedeli, Robertson viaggia alternativamente su due jets privati mai denunciati all’erario. D’altra parte, la sua opera, classificata come non-profit, non è tenuta a rendere conto a nessuno.


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