di mazzetta

Continua a peggiorare la situazione in Somalia, dove la violenza ha raggiunto livelli che non si vedevano da oltre dieci anni. Le truppe etiopi d’invasione e le bande dei signori della guerra ai quali è stato affidato il governo-fantoccio su indicazione del Dipartimento di Stato americano, hanno gettato nel caos il paese: Mogadiscio è un campo di battaglia e i suoi abitanti fuggono a centinaia di migliaia. Oltre quaranta organizzazioni umanitarie hanno redatto un appello, denunciando l’imminente pericolo di vita per oltre trecentomila persone; un po’ meno di quante ne sono morte nella tragedia del Darfur. Mentre la capitale somala è ridotta ad un campo di battaglia, sono scoppiati scontri anche tra le regioni semi-autonome del Puntland e Somaliland, lasciando ai somali ben poche aree del paese nelle quali rifugiarsi per sfuggire alla guerra. Il Governo Federale Transitorio, o chi per lui, rifiuta di distribuire il cibo nei campi-profughi, sostenendo che donne e bambini sono “terroristi”. Nell’ultima settimana è anche stato arrestato e detenuto per alcuni giorni il responsabile del Programma Alimentare Mondiale (PAM), accusato dalla banda governativa di sostenere i “terroristi islamici”: arrestato e detenuto senza che gli fosse contestata alcuna accusa.

di Giuseppe Zaccagni

Un socialismo reale, dal volto umano, democratico; un socialismo da inventare, maturo, un socialismo dell’era atomica, un socialismo scientifico, plurale, liberale, utopistico, scandinavo, britannico, dottrinario, un socialismo di Stato, costruttivo, cristiano, popolare”… Ed ora, a questo elenco di definizioni che fanno parte dell’armamentario ideologico del socialismo, si aggiunge, dalla Città proibita di Pechino - dove si è celebrato il XVII° congresso della Cina comunista - la teoria di un “socialismo dal volto cinese” che dovrebbe rispettare e valorizzare le esigenze delle etnie nazionali operando in un clima generale di riforme economiche, aperture e modernizzazioni. Non sarà, ovviamente, l’anticamera di una società perfetta (e solo pensarlo sarebbe una bestemmia) ma sarà pur sempre uno degli esperimenti più interessanti tentato nell’ambito dei paesi emergenti, anche se resterà difficilmente esportabile. E’ questa, comunque, la sfida che il rieletto segretario Hu Jintao (forte del voto dei 2213 delegati che rappresentano 73,36 milioni di iscritti su una popolazione di 1.313.973.713) lancia all’intera società, uscendo dai ristretti limiti dell’organizzazione politica e presentando un vertice rinnovato e ringiovanito con una buona schiera di cinquantenni.

di Alessandro Iacuelli

Non è piaciuta a molti la sessione di lavoro del Parlamento europeo a Straburgo della scorsa settimana, visto che è terminata con una risoluzione pro nucleare approvata in aula. Non è di sicuro una direttiva che impone l'espansione nucleare in Europa, si tratta infatti solo di un rapporto d'intenti, per ora senza conseguenze operative, ma è bastato a far suonare molti campanelli d'allarme. Tanto per cominciare, è un voto che contrasta con i precedenti indirizzi operativi europei, che prevedono obbligatoriamente i tre 20% di riduzione: delle emissioni, di risparmio energetico e di fonti non rinnovabili. All'improvviso, arriva come un fulmine a ciel sereno la relazione sulle fonti e le tecnologie energetiche presentata da Herbert Reul, popolare tedesco, e approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento europeo: 509 sì, 153 no e 30 astenuti, senza accogliere una serie di emendamenti dei Verdi. Secondo la relazione l'energia nucleare "è indispensabile per garantire a medio termine il carico di base in Europa". Il rilancio della "indispensabilità" del nucleare copre, per ora, operazioni di acquisizione di vecchie centrali dell'Est fatte da paesi ricchi con soldi europei, ma è un rapporto di intenti insidioso, oltre che un pericoloso precedente.

di Bianca Cerri

Nella base americana di Juffair, in Bahrein, la maggior parte degli ufficiali si augura che Clarence Jackson, il marinaio che il 22 ottobre scorso ha assassinato due colleghe prima di spararsi un colpo alla testa, muoia in modo che la storia possa essere archiviata. Jackson, che è stato trasferito in Germania a bordo di un aereo militare, è in condizioni molto critiche e i medici non hanno ancora sciolto la prognosi. Nel comunicato letto da Denise Garcia, portavoce della Marina Militare, si parla di gravi lesioni alle parti vitali del cervello, ma non sono stati forniti altri particolari. Garcia non ha spiegato se sia stata ritrovata l’arma del delitto, che nelle prime ore successive alla tragedia risultava scomparsa. E’ un particolare importante perché porterebbe all’ipotesi della presenza di una quarta persona ancora non identificata. Per il momento, tutto quello che si sa è che le due ragazze, che vivevano al quarto piano dell’edificio riservato al personale femminile, sono state uccise all’alba, mentre i militari appena svegli iniziavano a vestirsi. I colpi le hanno raggiunte all’improvviso, senza che avessero il tempo di cercare un riparo. Gli inservienti che stavano facendo le pulizie nel Freedom Souq, l’area ricreativa interna alla base che comprende un ristorante e i negozi, non hanno sentito nulla.

di Fabrizio Casari

Con il 45% dei voti, Cristina Fernandez in Kirchner, avvocato, 54 anni, è la nuova Presidente della Repubblica Argentina. La sua sfidante, la cristiano-liberale Elisa Carriò, si è fermata al 23% dei consensi, mentre il terzo candidato, l’ex ministro dell’economia Roberto Lavagna, non ha superato il 19% dei voti. E’ la prima volta che una donna viene eletta alla massima carica dello Stato, giacché Isabelita Peron assunse la guida del paese solo dopo la morte del marito, Juan Peròn. E’ la vittoria di Cristina, ma sotto diversi aspetti è la conferma del sostegno che gli argentini hanno voluto offrire al marito Presidente, che ha letteralmente riportato alla vita una nazione affondata sotto i colpi del monetarismo menemista. Ma d’altro canto, se è vero che l’operato di Nestor Kirchner ha determinato in grande misura la vittoria di Cristina, è altrettanto vero che in qualche modo Cristina succede a se stessa, dal momento che il Presidente uscente ha avuto in sua moglie il suo più fidato consigliere politico e d’immagine, un punto di riferimento fondamentale nella elaborazione delle scelte di politica estera ed interna, un filtro sapiente con il quale gli interlocutori dovevano relazionarsi. Cristina Kirchner è dunque la seconda Primera dama (l'altra é Michelle Bachelet, Presidente cilena) che la nuova America Latina proietta su un continente pure definito – non a caso – la patria del machismo, a conferma ulteriore che le nuove democrazie latinoamericane sanno lasciarsi alle spalle, oltre che i vincoli suicidi con il “Washington consensus”, anche i retaggi dell'idiosincrasìa.


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