di Giuseppe Zaccagni

Per il Kosovo Tirana esulta; Pristina si divide tra gli applausi degli albanesi-kosovari e l’indignazione dei serbi; Washington incassa un risultato che gli è costato soldi e manovre geopolitiche al fine di disintegrare la Serbia; i terroristi dell’Uck alzano la testa e si fanno chiamare “ex guerriglieri” pur restando militanti di un’organizzazione militare con una struttura cellulare e territoriale, modellata sui clan albanesi; Belgrado prevede tempi duri e nuove guerre; Mosca insiste nelle trattative diplomatiche; l’Europa tace e acconsente e la Nato continua a tenere aperte le porte degli hangar. E così, sull’onda delle elezioni svoltesi in Kosovo in queste ultime ore, tornano in primo piano scenari difficili, per molti versi imprevedibili. Tutto avviene in seguito alla consultazione locale che - osteggiata dalla minoranza serba che si oppone ai progetti albanesi di proclamare l'indipendenza da Belgrado - ha visto la vittoria dell’uomo dell’Uck, Hashim Thaci, chiamato “serpente” perché non va per il sottile con nessuno. Elezione contestata e osteggiata, tutto sommato invalidata, pur se dalle urne è uscito un risultato che va oltre il 35% dei voti, superando per la prima volta dalla fine della guerra nel 1999 la Lega democratica degli eredi di Ibrahim Rugova.

di Elena Ferrara


Erano noti soprattutto quelli denominati Komandirskije che avevano l’imprimatur del ministero della Difesa dell’Urss... Un marchio Doc che incuteva rispetto e che garantiva tutti i requisiti possibili e immaginabili... C’erano poi i Vostok Amphibia (subacquei fino a 200 metri di profondità), i Mir, i Poljot 3133-23i, i Raketa, gli Slava, i Molnia (veri cipolloni), i Ciajka, i Buranov... Erano gli orologi “Made in Urss” - tutti meccanici e a carica manuale - che negli anni sovietici andavano a ruba. Costavano pochissimo ed erano anche oggetto di mercato nero con i turisti stranieri. Con un jeans da mercatino rionale si potevano ottenere due o tre orologi. E con un paio di collant si arrivava anche a quattro... Ora il mondo degli orologi russi batte la ritirata dopo aver raggiunto - prima del crollo dell’Urss - il terzo posto nella classifica mondiale, con una produzione di 50milioni all’anno. Nella scala dei valori restano, insuperabili, quei Komandirskije (il comandante) che portavano bene in evidenza gli emblemi delle diverse strutture dell’esercito sovietico: un paracadute per le truppe aviotrasportate, un tank per i carristi... E poi la garanzia dell’ufficialità con la scritta che si trattava di una precisa ordinazione militare giunta dallo stato Maggiore. Orologi, quindi, a prova di bomba...

di Bianca Cerri

Dopo tre fallimenti tra il 1994 ed il 2003, la decisione della Commissione ONU del 15 novembre 2007 rappresenta finalmente un passo avanti verso una moratoria internazionale sulla pena di morte. Si riapre dunque la strada per una presa di posizione globale. Il sì è un risultato storico per il governo italiano che ha fatto una lunga battaglia per la tutela della vita umana ed è stata premiato per il suo impegno. Il documento che regola la decisione deve essere ancora ratificato dall’Assemblea Generale dell’ONU , cosa che non avverrà prima di dicembre, ma intanto è stata riaffermata l’opposizione incondizionata ad una punizione crudele e degradante, abolita da più della metà dei paesi del mondo. Nel 1977, solo 16 nazioni avevano abolito la pena capitale, oggi il numero è salito a 87. La vittoria è maturata quando la terza Commissione ha respinto uno dopo l’altro gli emendamenti contrari di Egitto e Malasya. Il voto finale, 99-52 con 33 astenuti è motivo di grande soddisfazione per l’Italia anche sotto il profilo politico. Come tutti i documenti dell’Assemblea Generale ONU, la moratoria non ha un valore vincolante, ma significa comunque che l’Italia è riuscita a riguadagnare una credibilità che sembrava perduta, dopo cinque anni che avevano fatto registrare solo clamorosi battibecchi tra i rappresentanti italiani all’ONU e quelli delle altre nazioni.

di Giovanni Gnazzi

L’approvazione al Senato della legge finanziaria ha scritto in qualche modo la parola “fine” ad una fase politica caratterizzata dalle scommesse sulla tenuta della maggioranza sul passaggio più delicato per ogni esecutivo, l’approvazione della legge di bilancio. Oltre settecento votazioni hanno sancito la tenuta della maggioranza governativa. Dunque il governo, pur incassando l’addio di Lamberto Dini, che presumibilmente cercherà un passaggio sull’altra sponda con i due naufraghi al seguito, potrà rinviare ad altri provvedimenti l’ansia da numeri. Lo spettro dell’esercizio provvisorio, vero e proprio incubo per ogni esecutivo, è stato quindi riportato allo stadio di scampato pericolo. Anzi, il fatto che la Finanziaria sia passata senza dover ricorrere al voto di fiducia, pur potendo contare solo su qualche voto di maggioranza, rappresenta una oggettiva dimostrazione di forza da parte del governo Prodi. Si deve infatti ricordare che il governo Berlusconi, che contava su una maggioranza schiacciante di parlamentari, fu costretto a porre la fiducia per vedere approvata la sua legge di bilancio. Già, Berlusconi. E’ lui il grande sconfitto di questa fase politica.

di Cinzia Frassi

Sono dieci le regole di cui si compone il “libretto rosa” del premier socialista Josè Luis Rodriguez Zapatero. In realtà si direbbe un decalogo “pro-donne”, mentre da più parti viene definito "anti-uomo". Il libretto, titolato "ricette di donne per fare politica", è un vero e proprio manuale redatto con la segretaria dell'Uguaglianza del partito del premier, Maribel Montano che così lo definisce: "il libro indica gli strumenti che permettono alle donne, soprattutto alle più giovani, di accedere alla politica in condizioni di uguaglianza" dice la Montano. I dieci punti cardine delle "istruzioni per l'uso" di una partecipazione rosa alla politica, non hanno niente a che fare con quel clichè della donna da carta patinata di oggi: senza rughe, alla moda, bella, rampante, esente da cellulite e soprattutto che può essere definita, nella sua versione in carriera, “la signorina Rambo” parafrasando il cantautore italiano Roberto Vecchioni. La prima regola è fare squadra, lavorare insieme con altre donne, quindi rischiare, imparare ad osare di più: dissentire ed argomentare coraggiosamente quando è il caso. Insomma esporsi di più, quindi non restare nell’ombra. Altro must del manuale è coltivare la capacità di ascolto delle altre donne come degli uomini, quindi individuare e portare avanti le cause universali che le riguardano. Seguono saper cogliere le opportunità, il momento giusto e assumere ruoli ed incarichi con grande senso di responsabilità per se stesse ma anche per il ruolo di donna nelle istituzioni.


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