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- Scritto da Michele Paris
La consegna del premio Oscar 2019 per il miglior film alla pellicola di Peter Farrelly, Green Book, è stata accolta dalla stampa e dagli ambienti pseudo-intellettuali “liberal” d’oltreoceano come un affronto imperdonabile che contraddice la loro visione dei rapporti razziali negli Stati Uniti. Le reazioni al riconoscimento, tutt’altro che immeritato, sono da collegare alla campagna in atto da tempo per portare al centro del dibattito pubblico il presunto razzismo innato e senza rimedio che contraddistinguerebbe la società americana e che il film, appunto, mette in discussione con una certa efficacia.
L’uscita nelle sale di Green Book era stata accolta inizialmente con favore anche da artisti e politici di colore, da Harry Belafonte a Quincy Jones, fino al deputato democratico ed ex attivista per i diritti civili, John Lewis. In seguito, tuttavia, sono prevalsi di gran lunga i giudizi negativi. La storia (vera) racconta la nascita di un’amicizia inter-razziale e inter-classista negli anni Sessanta del secolo scorso tra l’acclamato pianista Don Shirley, interpretato da Mahershala Ali, e l’autista e guardia del corpo italo-americano Tony Vallelonga (Viggo Mortensen).
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- Scritto da Sara Michelucci
Parlare dei rapporti tra Italia e Francia, in quest'ultimo periodo, è particolarmente difficile, viste le ultime dichiarazioni del Governo giallo-verde che hanno sollevato più di un polverone sui rapporti diplomatici tra i due paesi. Eppure c'è un progetto artistico-culturale che rilancia proprio tali relazioni, riattivando e valorizzando i gemellaggi stretti negli anni da varie città dei due Paesi.
GemellArte (www.gemellarte.it), festival internazionale indipendente che lancia la sua edizione "zero" mettendo al centro i legami con la vicina Francia, vuole creare un "ponte" ed abbattere ogni tipo di frontiera, favorendo la condivisione dei rispettivi patrimoni, con la ricerca e la promozione di nuovi talenti, nonché la riscoperta del senso di cittadinanza e dei propri territori. Da qui il patrocinio dell' Ambasciata di Francia in Italia. "GemellArte – sottolinea Chloé Siganos, addetta culturale dell'Ambasciata francese - pone la creazione contemporanea al centro della relazione tra Italia e Francia. Un nuovo slancio, attraverso l'arte, ai gemellaggi storici sull'insieme dei territori nazionali”. Con l'auspicio “che possa diventare un modello per collaborazioni tra città europee. Lunga vita a GemellArte!".
La prima tappa sarà divisa fra Terni, città di elezione dei suoi organizzatori, e Saint Ouen, a pochi chilometri da Parigi, gemellata dal 1961, grazie a una doppia residenza artistica ospitata in contemporanea dal Caos – Centro arti opificio Siri e dalla Galerie Mariton dall'8 al 16 maggio.
Per la residenza verranno scelti due artisti, uno italiano e uno francese, selezionati dalle Commissioni di valutazione incaricate nel Paese ospitante, attraverso una call aperta ai talenti dei rispettivi territori nelle categorie pittura, scultura, fotografia, street art, video, installazione e performance, dal 24 gennaio al 10 febbraio.
Le due città oggetto dello scambio ospiteranno gli artisti scelti, i quali saranno invitati a produrre le loro opere in situ (l'artista francese opererà a Terni e l'artista italiano a Saint-Ouen), interagendo con il territorio e i suoi abitanti, o prendendo spunto da essi. Le opere prodotte nel corso della residenza rimarranno nelle città che ospitano gli artisti.
Punto di arrivo del progetto sarà il weekend dal 17 al 19 maggio, in cui Terni e Saint Ouen verranno unite attraverso l'esposizione delle opere create in residenza e un variegato programma di eventi in contemporanea, fra letture, film, concerti, spettacoli, iniziative per le scuole e aperitivi con l'artista.
Il programma dettagliato verrà divulgato nelle prossime settimane.
La call per partecipare alle residenze a Terni e a Saint Ouen è aperta dal 24 gennaio al 10 febbraio ed è indirizzata agli artisti emergenti nati/residenti nella città sede del progetto, attivi nelle categorie pittura, scultura, fotografia, street art, video, installazione e performance, purché dotati di un solido background artistico. Non ci sono limiti di età.
Tra gli esperti delle due commissioni che selezionaranno gli artisti, ci sono nomi illustri come Paola Bassani, storica dell'arte e figlia dello scrittore Giorgio Bassani, e Yves Le Gros, direttore de l'École de beaux arts parigina.
A curare la selezione del candidato italiano e a capo della commissione di Terni ci sarà Chiara Ronchini, direttore artistico del festival. "È un’occasione importante per la città e per l’arte. Abbiamo deciso di dare un’opportunità ad un artista locale di poter portare un po’ di sè e un po’ di noi in un’altra città, un’esperienza unica, necessaria per il percorso di crescita di un artista.
La call è rivolta agli artisti emergenti senza limite di età proprio perché come edizione 'zero' abbiamo voluto poter dare questa opportunità al maggior numero di artisti possibili. Non importa se l’artista è già riconosciuto come tale, quello che per noi è fondamentale è che dietro ad ogni partecipante ci sia un percorso autentico, coerente e costante nel tempo.
Questa call ci permette di scoprire (se ci sono) artisti ancora nascosti o dare la possibilità a chi già conosciamo di poter lasciare un segno, che sia un punto di partenza verso altre mete. Una volta selezionati gli artisti e decisi i vincitori, la mostra verrà allestita in contemporanea tra le due città. Durante i dieci giorni di residenza gli artisti dialogheranno e potranno scambiarsi pensieri e impressioni, attraverso una sorta di 'diario di bordo'.
Sempre durante la residenza, sarà possibile visitare il luogo d’azione dell’artista, in orari e giorni stabiliti sarà possibile conoscerlo, parlare con lui e contribuire in differenti modalità alla conoscenza della città e alla creazione del suo lavoro per la mostra finale".
Il candidato francese invece verrà proposto da Tiziana Zumbo Vital, storica dell'arte e assessore al Patrimonio e alle pari opportunità del Comune di Saint Ouen. "La città di Saint Ouen Sur Seine è particolarmente orgogliosa di riattivare il gemellaggio artistico con la città di Terni. Il progetto GemellArte sarà l’occasione infatti per gli artisti selezionati di farsi conoscere a livello internazionale. La loro creatività artistica inoltre sarà particolarmente stimolata e ispirata dalla città d’accoglienza. Ma questo progetto riveste per noi un carattere politico particolarmente importante in quanto questo gemellaggio è l’affermazione della natura europea dei rapporti che intercorrono tra i nostri Paesi, e in particolar modo tra le nostre città. L’arte è il miglior strumento della conoscenza, contro l’oscurantismo, il razzismo, la xenofobia, contro l’esclusione, contro tutte le frontiere.
Per la nostra città - prosegue - il progetto GemellArte rientra in quella volontà politica dell’affermazione di un'Europa democratica, di un'Europa unita negli interessi dei cittadini. GemellArte attraverso lo scambio artistico mostra quanto questo sia importante e quanto possa apportare alla loro convivenza.
In un momento di crisi europea, GemellArte è il manifesto dell’importanza degli scambi culturali per l’unione dei popoli".
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- Scritto da Vincenzo Maddaloni
Sono stati sufficienti tre nomi - Santiago, Italia, Nanni Moretti – per scatenare gli zombie della politica, delle frasi ad effetto del tipo: “Un inno sobrio, emozionante e rigoroso al valore della memoria”, come ha commentato Walter Veltroni il nuovo film (Santiago, Italia) di Nanni Moretti.
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- Scritto da Giovanni Gnazzi
Un sound sofisticato e innovativo quello scandito dalle note vocali di Lara Iacovini che pubblica il nuovo singolo “Te l’hanno mai detto che”, in rotazione radiofonica e accompagnato da un video particolarmente suggestivo, prodotto da Stefano Centamore con la regia di Stefano De Carli, e presente su tutte le principali piattaforme digitali.
Lara, interprete bresciana particolarmente apprezzata nel panorama jazzistico nazionale e internazionale, è la vocalist d’eccezione del brano scritto - parole e musica - dal compositore romano Massimiliano Nudi, registrato e mixato da Stefano De Carli e Lorenzo Pedron presso il Kinematic Studio di Milano (edito e distribuito da Abeat Records). Max Nudi e Lara Iacovini hanno prodotto il brano e saranno protagonisti di una nuova produzione nella prossima primavera.
“Te l’hanno mai detto che”, è una sorta di inno al cambiamento, di viatico alla possibilità di mettersi sempre in discussione e di viaggiare, idealmente e concretamente, verso la migliore realizzazione di se stessi.
“Occorre porsi l’obiettivo di rincorrere sempre i propri sogni - afferma Max Nudi - senza omologarsi necessariamente alle convenzioni, quando queste possono rappresentare un ostacolo alla migliore espressione dei propri talenti. Nelle professioni, ma in genere nella vita, occorre ricordarsi che vale la pena di volersi bene e curarsi delle proprie vocazioni, delle proprie ambizioni, evitando di spersonalizzarsi e mettendo qualche ingrediente di intraprendenza e di rischio ragionato per “volare via” ed approdare a mete di benessere emozionale. Per vivere una vita e un tempo di qualità o, come spesso dico, a colori”.
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- Scritto da Vincenzo Maddaloni
C'è poco da stupirsi se anche alla Deutsche Islam konferenz (Dik), la conferenza dell'Islam tedesco, di qualche giorno fa, tutto il dibattito s'è incentrato sulle definizioni che da decenni alimentano la confusione, poiché gli aggettivi “moderato” ,“fondamentalista”, persino “tedesco” riferiti all’Islam, non hanno senso.
In questa religione più delle altre, non esiste alcuna lettura corretta della scrittura sacra poiché tutte le conclusioni alle quali si giunge sono soltanto delle interpretazioni. Soprattutto sulle contraddizioni, a volte evidenti, tra il Corano e gli hadith (i detti attribuiti a Maometto) su alcuni questioni base come l’apostasia, lo sterminio degli infedeli, l’inferiorità della donna.
Certamente ci sono i fedeli dell'Islam, come del resto quelli di altre fedi, che s'impegnano a reinterpretare, o ignorare completamente, le parti più pericolose e assurde delle loro scritture di riferimento. Ma proprio le contraddizioni più truci sono impugnate dagli ortodossi, che ne danno in effetti l’interpretazione più coerente.
E' una fede faidaté come il cattolicesimo di Comunione e Liberazione o dell'Opus Dei, di cui i seguaci accettano o rigettano i precetti a seconda delle loro personali inclinazioni o convinzioni, con la pretesa di assoluta verità. Ma alla fine, se l'insidia arriva “dall'esterno” fanno quadrato anch'essi intorno alla Chiesa cattolica, come i fondamentalisti intorno all'Islam.
Questa premessa è d'obbligo per meglio capire perché la catalogazione dell'Islam voluta dai liberisti e dai sostenitori della “scontro di civiltà” (quest'ultimi cari alla famiglia dei Bush), è divenuta mainstream, con lo scopo prioritario di dissuadere e di confondere chi s'impegna a sviluppare proposte concrete per una società senza confini, ed analizza le conseguenze dei flussi migratori illimitati sulla sanità pubblica, sull'educazione, sui posti di lavoro.
Ne è un esempio la guerra che si è scatenata contro il Global Compact for Migration, il documento dell'Onu che stabilisce alcune linee guida nella gestione dell’immigrazione e dell’accoglienza dei richiedenti asilo sulla base delle ultime indicazioni di studiosi, operatori e funzionari. Non è vincolante, perché contiene più un approccio comprensivo che una serie di proposte concrete. Tuttavia, fra i 23 obiettivi che si pone ci sono molte norme già previste dal diritto internazionale, come “affrontare e ridurre le vulnerabilità dei migranti”, “combattere il traffico degli esseri umani”, e così via.
Inoltre, accanto a questi obiettivi ci sono diversi incoraggiamenti a una maggiore cooperazione fra gli Stati per gestire meglio il fenomeno migratorio, e qualche proposta più politica, come l’apertura di vie legali per l’immigrazione. I paesi europei più interessati dai flussi migratori come Francia e Germania, hanno annunciato che firmeranno il documento. Fra i paesi europei che non lo faranno ci sono quelli tradizionalmente più ostili ai migranti come Ungheria, Polonia, Slovacchia e Austria inclusa.
Innanzi a tutti sul fronte del “no” ci sono gli Stati Uniti d'America. Per la cronaca anche l'Italia “non firmerà alcunché” , come ha dichiarato l'altro ieri il vice premier Matteo Salvini e, quindi, il primo ministro Conte non sarà tra i capi di Stato e di governo che adotteranno ufficialmente la proposta dell'Onu, l’11 dicembre prossimo a Marrakech.
E' giusto è sbagliato? Certamente è il momento ideale per far leva sulla confusione. I politici e il mainstream allineati con gli americani continuano ad indicare - è un esempio tra tanti - l'Arabia saudita come la culla dell'Islam moderato, ignorando o fingendo di non sapere che i sauditi hanno realizzato 18 mila e 500 raid aerei sullo Yemen, con una media di 14 bombardamenti al giorno, in larga parte finalizzati a terrorizzare la popolazione civile, provocando almeno 56 mila morti.
Tant'è che su quella tragedia è recentemente uscito su Foreign Policy un articolo dall’eloquente titolo: “L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi stanno affamando gli yemeniti fino alla morte”. Del resto lo scorso settembre le Nazioni Unite hanno reso pubbliche valutazioni agghiaccianti: “Quattordici milioni di yemeniti, circa la metà della popolazione, si trovano sul baratro della fame e senza la cessazione immediata di bombardamenti e di embargo sarebbe impossibile impedire una strage di massa”.
A conferma che nulla non accade nulla per caso, c'è Israele, avamposto della “civiltà occidentale” nel mondo arabo, che ha instaurato rapporti sempre più stretti con le peggiori teocrazie dispotiche del Golfo, fingendo di non sapere - altro esempio tra i tanti - che il principe bin Salman, mentre “concedeva” la patente alle donne, faceva arrestare con capi di accusa assurdi “alcune fra le più note attiviste saudite dei diritti delle donne”.
Sono scenari poco conosciuti ai più e sui quali i grandi mezzi d'informazione glissano per rendere ancora più credibile l'immagine degli “arabi moderati” che appiccicano alle teocrazie del Golfo, demonizzando chi, nel mondo arabo, persiano e via dicendo, si ribella alle politiche imposte da Washington. Questa strategia amplificata dal mainstream che si affina ogni giorno e da anni, è nata per far sì che la gente famigliarizzi con ideologie o con volontà distruttive e lentamente si convinca che queste idee sono le sue idee. Sicché di fronte a un fatto improvviso di quelli scioccanti come lo può essere un attentato con morti e feriti la spiegazione che le masse si danno sull'accaduto è in sintonia con quello che il potere vuole.
Un esempio viene proprio dal muro di Berlino davanti al quale il presidente Reagan affermò che qualsiasi ostacolo alla mobilità delle persone è una minaccia per l’intera umanità. Da allora c'è stato un via libera alla circolazione dei capitali e della forza lavoro osannato dalle folle. Le quali tutto potevano immaginare ma non che la globalizzazione gestita dagli Stati Uniti di colpo cessasse, perché così avevano deciso i suoi gestori. Infatti il presidente, Donald Trump, annunciò il cambiamento di tendenza rispolverando il significato del muro che era stato costruito lungo il confine col Messico per lanciare la retorica anti emigranti, che è stata poi raccolta dai movimenti populisti disseminati in tutta l'Europa.
Questo spiega l'accanimento americano contro il Global Compact for Migration, che rischia di squassare l'Europa perché, come è specificato in un ampio e dettagliato dossier del quotidiano tedesco Die Welt, è stata proprio la Germania a svolgere un ruolo da protagonista nella stesura del Global Compact. Spiega Die Welt che l’obiettivo del Global Compact è, «immigrazione illimitata e uguali diritti per tutti. […] Il fulcro del patto Onu sull’immigrazione sta nella regolamentazione di un’immigrazione caotica di richiedenti asilo, profughi di guerra e altri migranti attraverso la legalizzazione dell’immigrazione illegale».
La Germania, come si detto, è stata in prima fila nella genesi dell’operazione. Lo conferma un documento del ministero degli Esteri tedesco, nel quale si ricorda che,«nel 2016 e 2017 il governo federale ha via via intensificato la sua collaborazione con le Nazioni Unite in questo ambito, svolgendo un lavoro sostanzioso insieme all’Onu nel sostegno a profughi, migranti e sfollati nei Paesi di origine, transito e arrivo». E dunque l’orgogliosa constatazione che «la Germania ha contribuito attivamente all’elaborazione di entrambi gli accordi con proposte per la stesura dei rispettivi testi».
Quanto basta per scatenare un think tank assordante e per molti versi, come detto, minaccioso per la stabilità della Germania, il paese trainante nella Comunità europea. Dopo l’11 dicembre, dopo Marrakech il quadro sarà ben chiaro su quello che ci si prospetta.