Il progetto ideato da Piet Grobler e Tobias Hickey (fondatori dell'International Center for the Picture Book in Society presso l'Università di Worcester, Regno Unito), implica diversi coefficienti opportunamente connessi. Infatti, Migrations: Open Hearts, Open Borders”, ha previsto tre inscindibili steps che hanno finito per fondersi in un risultato di rara bellezza ed efficacia.

 

Tutto parte da una chiamata all'azione, attraverso passaparola e social network, coinvolgendo illustratori/disegnatori - famosi e non - con l'invito a focalizzare estro e genialità sul grande immaginario degli uccelli migratori, comparandolo idealmente alle traversate dei piccoli rifugiati in fuga dalle guerre e dalla fame.

Sulla teoria della relatività, pare che Albert Einstein avesse ragione. Distante più di 50 milioni d'anni luce, nel cuore di un gigantesco sistema stellare ellittico, chiamato Messier87, un Buco Nero attira e ingurgita ogni sorta di materia che si avvicina: stelle, pianeti, gas e polvere. Neanche la luce sfugge alla presa, perlomeno fino quando non attraversa “l'orizzonte degli eventi”, delimitata soglia nel gergo degli astrofisici.

 

Resa possibile dal progetto Event Horizone Telescope (una serie d'osservatori sparsi per il mondo, dalle Hawaii al Polo Sud), grazie al coordinamento d'oltre duecento scienziati, la foto di M87, la prima in assoluto apparsa lo scorso 10 aprile, non è che un minuzioso assemblaggio durato due anni e ultimo, straordinario risultato per una serie di ricerche nel campo dei Buchi Neri generati dopo il Big Bang.

Si sa che la musica nel cinema ha un ruolo fondamentale, per accendere sentimenti, attivare ricordi ed emozionare, accompagnando dialoghi e immagini. Ce l'ha spiegato bene Sergio Leone nel connubio con il grande compositore Ennio Morricone, ma anche Stanley Kubrick, che sceglieva con estrema cura le colonne sonore dei suoi capolavori. Fu alla fine degli anni Venti che si arrivò a dotare i film della cosiddetta “colonna sonora”, ovvero l'insieme di tutti gli elementi sonori del film: parole, rumori, musiche.

 

A celebrare il sodalizio tra cinema e musica è il concerto proposto dall'associazione Araba Fenice, Come in un film. La musica libera la fantasia, andato in scena lo scorso 17 marzo all'Auditorium Gazzoli di Terni.

 

Un concerto spettacolo in cui la musica danza con la parola. Le stupende melodie dalle colonne sonore di film celebri vengono affidate al pianoforte, suonato magistralmente da Moira Michelini, accompagnato da un’orchestra d’archi.

 

Le parole, tratte dai dialoghi cinematografici e da brani della letteratura, sono affidate alla maestria dell’attore Stefano de Majo, la cui voce recitante segue il “mood” della musica e trascina lo spettatore in un’atmosfera magica, in cui il direttore, Emanuele Stracchi, rappresenta il collante del momento.

 

Dall'Ultimo dei Mohicani a Nuovo Cinema Paradiso, citando Sting, Rota, Morricone, Zimmer, Glass, Piazzolla, Williams, si apre un appassionante percorso che si snoda attraverso l’immaginazione e l’improvvisazione, mettendo in luce il fatto che la musica nel cinema non solo accompagna, ma spesso interpreta e commenta la storia, aprendo uno spazio speciale nell'anima dello spettatore/ascoltatore.

Un uomo, un padre e la sua solitudine. Tre figli attesi, immaginati, raccontati attraverso dialoghi tra il reale e l'onirico. Bello e crudele il nuovo spettacolo firmato dalla drammaturga Lucia Calamaro, la quale affronta un tema di grande attualità, la “solitudine sociale”, in Si nota all’imbrunire. Nei panni del protagonista un intenso Silvio Orlando, in scena insieme a Riccardo Goretti, Roberto Nobile, Alice Redini e Maria Laura Rondanini.

 

La produzione firmata da Cardellino insieme al Teatro Stabile dell’Umbria, mette a nudo le paure e i rimpianti di un uomo che vorrebbe ricongiungersi con la sua famiglia, ma che dall'altro canto non riesce a non restare isolato.

 

“Silvio Orlando ha trovato nella figura del padre - racconta la Calamaro - un interprete al tempo insperato e meraviglioso e trova le sue radici in una piaga, una maledizione, una patologia specifica del nostro tempo la 'solitudine sociale'. Silvio Orlando è un attore unico. Capace di scatenare per la sua resa assoluta al palco, le empatie di ogni spettatore, e con le sue corde squisitamente tragicomiche, di suscitare riquestionamenti, emozioni ed azioni nel suo pubblico.”

 

I figli Alice, Riccardo e Maria sono arrivati la sera prima. Il fratello maggiore Roberto anche. Un fine settimana nella casa di campagna di Silvio, all’inizio del villaggio spopolato dove vive da solo da tre anni. Silvio ha acquisito, nella solitudine, un buon numero di manie, la più grave di tutte: non vuole più camminare. Non si vuole alzare. Vuole stare e vivere seduto il più possibile. E da solo.

 

Si tratta, per i figli che finora non se ne erano preoccupati troppo, di decidere che fare, come occuparsene, come smuoverlo da questa posizione intristente e radicale. La regista scandaglia le singole esistenze, le fa emergere in parole e sentimenti ambivalenti. Emergono qua e là empatie e distanze tra due generazioni di fratelli. Chi è considerata noiosa, come Maria, chi si sente una delusione, come Riccardo e chi, come Alice ricerca l'approvazione partena per la sua volontà di diventare una poetessa.

 

Se da un lato emergono rancori e rese dei conti, dall'atro resta la fratellanza. I quattro ospiti arrivano per la messa dei dieci anni dalla morte della madre. C’è da commemorare, da dire, da concertare discorsi. Nella mente di Silvio si installa una certa confusione tra desideri e realtà.

 

“Ci piace pensare che gli spettatori - dice Calamaro - grazie a un potenziale smottamento dell’animo dovuto speriamo a questo spettacolo, magari la sera stessa all’uscita, o magari l’indomani, chiameranno di nuovo quel padre, quella madre, quel fratello, lontano parente o amico oramai isolatosi e lo andranno a trovare, per farlo uscire di casa. O per fargli solamente un po’ di compagnia”.

La consegna del premio Oscar 2019 per il miglior film alla pellicola di Peter Farrelly, Green Book, è stata accolta dalla stampa e dagli ambienti pseudo-intellettuali “liberal” d’oltreoceano come un affronto imperdonabile che contraddice la loro visione dei rapporti razziali negli Stati Uniti. Le reazioni al riconoscimento, tutt’altro che immeritato, sono da collegare alla campagna in atto da tempo per portare al centro del dibattito pubblico il presunto razzismo innato e senza rimedio che contraddistinguerebbe la società americana e che il film, appunto, mette in discussione con una certa efficacia.

 

L’uscita nelle sale di Green Book era stata accolta inizialmente con favore anche da artisti e politici di colore, da Harry Belafonte a Quincy Jones, fino al deputato democratico ed ex attivista per i diritti civili, John Lewis. In seguito, tuttavia, sono prevalsi di gran lunga i giudizi negativi. La storia (vera) racconta la nascita di un’amicizia inter-razziale e inter-classista negli anni Sessanta del secolo scorso tra l’acclamato pianista Don Shirley, interpretato da Mahershala Ali, e l’autista e guardia del corpo italo-americano Tony Vallelonga (Viggo Mortensen).


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