di Roberta Folatti

L’arte, truffa o forza inarrestabile?

Non sa bene cosa essere questo film argentino, se una commedia grottesca che prende in giro usi e costumi del mondo dell’arte o un dramma sullo sfruttamento, con un uomo inerme manipolato da un furbo infermiere che diventa famoso a sue spese. "L’artista" oscilla tra realismo e paradosso, tra la descrizione caricaturale dei personaggi e il loro ancoraggio ad ambienti al limite dello squallore. Ma forse anche il tono dimesso fa parte di ciò che viene irriso, quello stile autoriale che sta volutamente sottotono, che sottrae piuttosto che aggiungere, arrivando a volte a livelli di piattume involontariamente comici.

“L’artista” è opera di addetti ai lavori, gente che gravita nel mondo dell’arte: lo sceneggiatore è stato curatore di mostre e di programmi culturali, uno dei produttori è addirittura Leon Ferrari, famoso artista argentino, premiato recentemente alla Biennale di Venezia. Il film ha il suo esordio in un ospedale, dove un infermiere si rende conto che il vecchio paziente, che non parla ma scribacchia continuamente dei fogli, nasconde un tocco assolutamente geniale e decide di “rapirlo” e sfruttare il suo talento.

La storia è trattata con ironia ma nasconde anche letture meno superficiali. Al di là dell’“appropriazione indebita” e della beatificazione del falso autore - l’infermiere si prende la fama e la gloria che spetterebbero al vecchio - rimane il fatto che quei disegni (che la telecamera non ci mostrerà mai) riescono a comunicare al pubblico la loro forza dirompente. L’opera di un ritardato mentale può essere arte o si tratta solo di un’abile costruzione mediatica, di una forma di autosuggestione allargata, di cui sono vittime gli stessi critici?

Le scene in cui l’omone coi baffi segna i fogli con il suo strano, buffo rituale sono forse le più riuscite del film e rinvigoriscono la tesi che l’arte rappresenti qualcosa di misterioso, un’energia che proviene dall’inconscio e che, una volta incanalata in un’opera, è in grado di suscitare emozioni in chi la guarda.

Il film argentino è notevole dal punto di vista estetico, le inquadrature sono studiate, rincorrono ombre, scanalature, muri scrostati, si soffermano sui dettagli. Parco di dialoghi, se si escludono gli “sbrodolamenti” dei critici d’arte, “L’artista” racconta a modo suo un ambiente pieno di contraddizioni e di falsità. Il vecchio dalle mani miracolose e dallo sguardo perso è l’emblema della purezza in un mondo spesso totalmente contraffatto.

L’artista (Argentina, Italia, 2009)
Regia: Mariano Cohn, Gaston Duprat
Sceneggiatura: Andres Duprat
Cast: Sergio Pangaro, Alberto Laisela, Marcello Prayer
Distribuzione: Istituto Luce

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

diRoberta Folatti

Un amore sconveniente


“Le relazioni pericolose” è uno dei miei film preferiti e Stephen Frears uno dei registi che stimo per la duttilità che ha sempre dimostrato. Lecito quindi attendersi soddisfazioni anche da Cherì.


La trasposizione dal romanzo della scrittrice francese Colette in effetti non ha deluso le mie aspettative. Elegante, sufficientemente vacua - in sintonia con gli ambienti e l’epoca descritta, passionale e disincantata, irridente e disperata, illustra con grande efficacia (anche visiva) la storia d’amore fra una ultraquarantenne e un ragazzo neanche ventenne.


Non siamo esattamente nell’alta società, come chiarisce l’esordio didascalico del film. Ma siamo tra donne ricche e influenti – le prostitute francesi dei primi del Novecento – che avevano accumulato patrimoni considerevoli passando da un letto aristocratico all’altro. Lea è ancora una bella donna ed è abbastanza saggia (o cinica) da non dolersi troppo per l’età che avanza. Negli anni si è resa autosufficiente e non ha più bisogno di un protettore o di un amante danaroso, ma la gioia di non dover dividere il letto con qualcuno lascia presto il posto a una nuova avventura. Oltremodo sconveniente… anche perché da mantenuta diventa colei che paga i conti. A un uomo molto più giovane di lei, praticamente un ragazzo.


La scrittura vivace, ironica, smaschera-ipocrisie di Colette trova un’efficace traduzione in immagini nel film di Frears, impreziosita da dialoghi pieni di divertito cinismo e di una verve scoppiettante. Si tratta del mondo “parallelo” delle cortigiane, donne dalla lingua lunga e dallo spirito indomito, capaci di mantenere segreti imbarazzanti finchè conviene e di “metterli in rete” non appena cambia il vento. Donne libere e sfidanti che gestiscono in modo spregiudicato le proprie relazioni, accumulando con oculatezza il proprio patrimonio


Quando Lea inizia una storia con Fred – detto Cherì – nessuno del suo mondo se ne preoccupa o si scandalizza, nemmeno la madre, cortigiana in pensione, che non ha mai brillato per un eccessivo attaccamento al figlio. Fred è cresciuto nei caffè della belle epoque, trastullato dalle colleghe della madre ma afflitto da un profondo senso di abbandono che nasconde sotto un atteggiamento strafottente. Tutto sembra essergli indifferente e alle soglie dei vent’anni la vita lo ha già precocemente annoiato.  Le cose cambiano quando viene accolto come figlio/amante dall’esperta e pacata Lea: sotto le ceneri di un rapporto irrituale, una specie di maternage, cova forse il vero amore…

Cherì (Francia, Germania, Gran Bretagna, 2009)
Regia: Stephen Frears
Sceneggiatura: Christopher Hampton
Musiche: Alexandre Desplat
Cast: Michelle Pfeiffer, Kathy Bates, Rupert Friend, Felicity Jones
Distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

di Roberta Folatti

Inventori alla riscossa


Le invenzioni sono il frutto di un mix di sapienza tecnica e creatività, una creatività capace di far tesoro anche delle esperienze più comuni. Robert Kearns per dar vita ai suoi tergicristalli a intermittenza – oggetti banali ma terribilmente utili – si basò su un episodio accadutogli la notte di nozze. Un tappo di una bottiglia di champagne lo colpì nell’occhio e questo lo indusse a riflettere sulla lacrimazione e sul battito delle palpebre, processi replicati, con le dovute differenze, nella sua invenzione.

di Roberta Folatti

Pesi e contrappesi in salsa rosa


Tutto va fatto risalire ad una delusione d’amore adolescenziale. E all’influenza, un tantino deviante, del sostituto della figura paterna…
La rivolta delle ex ha per protagonista il bel Matthew McConaughey, che grazie alla sua prestanza fisica e all’assoluta mancanza di scrupoli morali, inanella decine di conquiste femminili che durano lo spazio di una notte e vanno ad ingrossare il suo esercito personale di ex. Tutte piuttosto inviperite.

di Roberta Folatti

Malinconia e umorismo alla norvegese


Premetto che il film di cui vi parlerò non mi è affatto dispiaciuto, anzi alcune scene e situazioni particolarmente surreali mi sono rimaste in mente e continuano a farmi sorridere. Ciò non toglie la relativa sensazione di déjà vu che Il mondo di Horten lascia nello spettatore.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy