di redazione

Un Paese con 60 milioni di allenatori non sarà mai soddisfatto di un'Italia che batte l'Azerbaigian 2-1 all'ultimo respiro. Giocavamo contro la squadra numero 95 del ranking Fifa, per di più in casa, quindi l'unica opzione concepita era dilagare con tracotanza. Eppure, fino a qualche tempo fa una partita del genere l'avremmo pareggiata quasi sicuramente.

Stavolta i tre punti li abbiamo portati a casa e, come insegna il vangelo della squadra con cui Antonio Conte ha fatto fortuna, "è l'unica cosa che conta". Fin qui la traccia più visibile che l'ex tecnico bianconero ha lasciato negli azzurri è proprio questa: una determinazione a cui non eravamo abituati, la convinzione di poter mettere a posto le cose non importa come. Giocare bene a pallone è un altro discorso, ma per ora è meglio accontentarsi. In fondo, per un autogol da Paperissima, a un quarto d'ora dalla fine stavamo 1-1. 

Certo, a voler entrare nel merito, è ovvio che quando 60 milioni di ct guardano la Nazionale si aspettano uno spettacolo quantomeno soddisfacente. E quello di venerdì non lo è stato. Un dato pesa più di tutti: su 22 tiri verso la porta, appena quattro hanno centrato lo specchio.

Oltre alla mira rivedibile, questa impietosa statistica ci conferma che in attacco non siamo un granché. Immobile e Zaza sono due bravi ragazzi, corrono, si impegnano, è davvero complicato prendersela con loro, ma il problema resta: non beccano la porta. D'altronde, in questo periodo non ci riescono nemmeno con le squadre di club: l'attaccante del Sassuolo, dopo una sola perla a inizio Campionato, è rimasto sempre a secco, mentre il biondo centravanti di Torre Annunziata sta per ora fallendo la sua missione (difficilissima, va riconosciuto) di non far rimpiangere un panzer come Lewandowski nell'avanguardia del Borussia Dormund.

La domanda è: quali sono le alternative? Bisognerà forse rassegnarci al fatto che questa generazione di calciatori italiani non offre punte con il talento, la continuità e la caratura internazionale dei vari Inzaghi, Vieri, Totti o Del Piero. Conte lavora con i ragazzi che ha e fa bene a puntare sui più giovani, ma oltre alla qualità dei piedi a disposizione deve affrontare altri tre problemi.

Primo: per generosità atletica Immobile e Zaza sono gli unici ad adattarsi vagamente allo stile di gioco dell'allenatore pugliese, che non prevede prime punte pesanti e statiche come Destro e Pellé, ma solo folletti capaci di fare l'elastico fra le due trequarti. Secondo: altri due nomi plausibili sarebbero Berardi e - ovviamente - Balotelli, ma non torneranno utili finché non saranno usciti con la testa dalla fase pre-puberale, il che potrebbe anche voler dire mai. Terzo: Giovinco ci sa fare con i piedi, ma ha dei limiti fisici per cui ad alto livello viene immancabilmente cancellato dalla partita.

Quanto agli altri reparti, sorvolando sull'infortunio di Barzagli, che non sarà mai sostituito adeguatamente né da Ranocchia né da Ogbonna, le preoccupazioni sono minori. Non si può dire che il ricambio generazionale sia mancato (basti pensare a gente come Darmian, De Sciglio e Florenzi), ma forse a questo punto sarebbe il caso di ufficializzare qualche fondamentale cambio della guardia. Dobbiamo trovare il coraggio di dire addio ai nostri totem.

Pirlo è stato senz'altro uno dei più grandi calciatori italiani di tutti i tempi, ma sarebbe arrivato il momento di dare qualche responsabilità in più a Verratti. Un discorso analogo vale per Sirigu al posto di Buffon. Stiamo giocando un torneo di qualificazione: è adesso che dobbiamo procedere all'investitura ufficiale dei numeri due, non quando ci ritroveremo a giocare contro Francia e Germania nella fase finale. Almeno i giovani calciatori meriterebbero un po' meno precariato.

di Carlo Musilli

Per quale squadra tiferanno mai i deputati Marco Miccoli e Fabio Rampelli? Indizio numero uno: sono entrambi nati a Roma. E allora, perché no, magari tifano Lazio?  Indizio numero due: ieri hanno annunciato due interrogazioni parlamentari dirette al ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan per fare chiarezza sulle decisioni dell'arbitro Rocchi durante Juventus-Roma, partita di Serie A giocata domenica pomeriggio e vinta 3-2 dai bianconeri.

Nel mirino ci sono i due rigori assegnati alla Signora e la posizione di Vidal sul tiro di Bonucci che ha deciso l'incontro. A onor del vero, gli esegeti della moviola sollevano qualche dubbio anche sul rigore concesso ai giallorossi, ma questo episodio non accende l'indignazione dei due onorevoli.

La strana coppia non potrebbe essere peggio assortita sul piano politico, essendo Miccoli un esponente Pd e Rampelli addirittura il capogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia-An. Ma sarà lecito sospettare che, quando non vestono i gravosi panni degli uomini di Stato, i due coltivino segretamente una passione comune? Non lasciamoci trascinare da illazioni affrettate.

In verità, la loro principale preoccupazione è di carattere finanziario. "Ricordo che Roma e Juventus sono società quotate in Borsa - tuona Miccoli - e quindi gli incredibili errori arbitrali (oltre a falsare il campionato e minare la credibilità del Paese) incidono anche sugli andamenti della quotazioni borsistiche. Per questo, con i miei atti parlamentari ispettivi, sollecito il ministro Padoan e la Consob a chiarire se ci possono essere stati atti che ledono le normative vigenti, svantaggiando e penalizzando gli incolpevoli azionisti".

La tutela degli investitori è senza dubbio uno degli oneri di chi si occupa della cosa pubblica e Miccoli non teme di sostenere questo fardello. Lo stesso senso di responsabilità anima anche il collega Rampelli, il quale mette nero su bianco parole coraggiose: "Assegnare due rigori inesistenti e un goal (in English, ndr) in fuorigioco, determinando matematicamente la vittoria della partita - scrive -può significare attribuire i punti sufficienti per l’assegnazione finale del titolo, ma anche condizionare l’andamento in Borsa delle società quotate e alterare per importi milionari i premi delle scommesse regolari".

Non solo: "Il comportamento dell’arbitro Rocchi avrebbe potuto e potrebbe far scaturire incidenti dalle conseguenze incalcolabili - prosegue angosciato l'onorevole di Fdi-An - e a tutto c’è un limite. Gli italiani pagano fior di quattrini per il campionato di calcio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Del Rio, che detiene la delega allo sport, ha il dovere di spiegarci come intenda garantire risultati ottenuti per esclusivi meriti sportivi".

Infine, conclude Rampelli, "se la Figc e la Lega calcio, che non prendono iniziative per introdurre la moviola in campo e limitare il potere discrezionale dei giudici di gara, vogliono rischiare che lo scudetto sia assegnato aldilà dei valori in campo, oltre a pagare gli arbitri, paghino tutto il resto. E’ pressoché certo che non si debba far tirare fuori agli italiani un solo euro per lo svolgimento di un torneo falsato dagli errori o dai favori già accertati in passato". 

Notevole la grafia univerbata "aldilà" invece di "al di là", volta probabilmente a evocare l'oltretomba culturale che attende il nostro Paese a meno di un immediato ravvedimento della classe arbitrale.

Purtroppo però non tutti sono sensibili come i due onorevoli a temi d'importanza capitale per il destino dell'Italia quali Juventus-Roma. Qualcuno ricorda strumentalmente che siamo ancora in recessione, che i consumi non ripartono, che le imprese chiudono, che la disoccupazione generale supera il 12% e che quella giovanile ha sfondato la soglia del 44%.

Simili argomenti non rivelano altro che la miopia di chi li sostiene, perché, come ricorda ancora Miccoli, "la partita di ieri, trasmessa in tutto il mondo, ha dato una pessima immagine del Paese. Meritocrazia e qualità vengono messi in secondo piano a favore di decisioni errate. Più che dall’articolo 18, gli imprenditori stranieri sono messi in fuga soprattutto da questa arbitrarietà e mancanza di certezza nell’applicazione delle regole, assolutamente impensabile in qualsiasi altra parte del mondo civilizzato".

Parole forti che hanno prodotto un effetto ormai abituale: il Pd si è spaccato. Fra le tanti voci contrarie a quella di Miccoli, emerge quella di Francesco Boccia: "E’ surreale il dibattito da bar che si è scatenato in Parlamento - commenta il Presidente della Commissione Bilancio della Camera -. Il problema di fondo è scoprire che alcuni colleghi non hanno niente da fare che svegliarsi la mattina e fare un’interrogazione parlamentare. Chiedo di fare qualche proposta in più invece di queste sciocchezze".

Senza voler mettere in discussione la credibilità di nessuno, siamo costretti a ricordare che Boccia è anche presidente dello "Juventus Club Parlamento". Per milioni di italiani sarebbe un'esperienza indimenticabile se le sue parole fossero condivise da qualche parlamentare non juventino. Andrebbe bene anche un ministro. Magari uno che tifa Roma.

di redazione

Come rovinare la partita più attesa della Serie A? Basta che l'arbitro perda il controllo della situazione e dia ai giocatori l'impressione di essere insicuro, poco lucido. Purtroppo è esattamente quello che è successo ieri a Rocchi durante Juventus-Roma. Nonostante l'esperienza, il fischietto internazionale a metà primo tempo concede una punizione ai bianconeri per un presunto fallo di mano di Maicon in barriera, ma poi l'assistente gli dice che era dentro l'area, e Rocchi, smarrito, cambia idea: rigore.

Da lì in avanti è lo psicodramma arbitrale. Altri due penalty nel primo tempo: uno alla Roma per fallo di Lichsteiner su Totti (ma la trattenuta è reciproca), un altro alla Juve 20 secondi oltre il termine del recupero per un tocco di Pjanic su Pogba (anche in questo caso non è in area).

In mezzo a tanti tiri dagli undici metri (tutti trasformati, due da Tevez e uno da Totti), il bellissimo gol di Iturbe su taglio in diagonale imbeccato Gervinho. Nella ripresa tante botte, tanti errori, tanto nervosismo. L'unico davvero in palla è Keita, per distacco il migliore in campo. La risolve però Bonucci con un tiro della domenica da fuori area (e con Vidal in fuorigioco davanti a Skorupski che non vede partire il pallone). Rimane il tempo di vedere Rocchi che sbaglia cartellino con Tevez, prima espulso, poi ammonito. Morale della favola: Juve da sola in testa con 18 punti, Roma seconda a 15.

Dietro alle due regine della Serie A, ad appena un punto dai giallorossi, continua l'incredibile marcia della Sampdoria, che sconfigge 1-0 in casa l'Atalanta (in rete Gabbiadini su lancio a tutto campo di Okaka) e supera in classifica l'Udinese. Al Friuli Di Natale e compagni passano in vantaggio con Bruno Fernandes, ma vengono immeritatamente raggiunti al 92esimo dal Cesena grazie a un rigore visionario. Cascione prima si tuffa in area stile Tania Cagnotto, poi trasforma dagli 11 metri. Gli uomini di Stramaccioni perdono il passo Champions e si portano a 13 punti, mentre il Cesena arriva a quota 6.

Un passo sotto l'Udinese, a 11 punti, Milan e Verona viaggiano appaiate in virtù delle rispettive vittorie su Chievo e Cagliari nei due anticipi di giornata. I rossoneri vincono 2-0 a San Siro con una spettacolare ciabattata al volo di Muntari e una punizione vincente di Honda, al quarto gol stagionale. Il Verona ha la meglio di misura sui sardi solo a un minuto dalla fine, con Tachsidis che fa centro da lontano e punisce il suo ex maestro Zeman. 

Il Napoli vince la seconda partita di fila e sale a 10 punti. In serata gli azzurri passano 2-1 in rimonta sul Torino e ritrovano il successo al San Paolo dopo cinque mesi di astinenza. La perla della serata è il gol sensazionale di Quagliarella (stop di petto e tiro al volo in avvitamento da posizione defilata), ma poi i granata scompaiono. I partenopei sbagliano tantissimo e alla fine la buttano dentro nei modi più improbabili: testa di Insigne, scarpata in controbalzo di Callejon, che probabilmente voleva mettere il pallone in mezzo.

A metà classifica prosegue la resurrezione della Lazio, che sale a 9 punti battendo in casa 3-2 il Sassuolo, ancora fermo a quota 3. Partita ricca di emozioni, conclusa 10 contro 10, fra due squadre efficaci in attacco e tremebonde in difesa. Per i biancocelesti a segno Mauri, Djordjevic (quarto gol in una settimana) e Candreva. Gli emiliani ritrovano Berardi, autore di una doppietta e di vari assist sprecati malamente dai compagni. Il 20enne azzurrino è palesemente di un'altra categoria rispetto al resto della sua squadra.

Alla stessa quota della Lazio viaggia la Fiorentina, che nel posticipo travolge l'Inter 3-0 e torna a vincere al Franchi per la prima volta dal 4 aprile scorso. I nerazzurri (8 punti) soccombono sotto i colpi balistici di Babacar e Cuadrado, poi si aprono in due e fanno passare Tomovic per il punto esclamativo finale. Il fatto che consideri Hernanez un'alternativa a Guarin la dice lunga sulla lucidità tattica di Mazzarri. Il fatto che l’Inter sia ferma sulle gambe la dice lunga sul suo staff atletico. Il fatto che in un anno e mezzo di lavoro la squadra peggiora e non sia stato ancora esonerato la dice lunga sulla società.

Otto punti come l'Inter anche per il Genoa, vittorioso all'ultimo respiro sul campo del Parma. Alla prima rete italiana di Perotti risponde il pareggio di petto di Coda. Ma al 93esimo ci pensa Matri a condannare i gialloblu alla terza sconfitta casalinga consecutiva. 

Insieme a Sassuolo e Parma, resta ultimo in classifica con 3 punti anche il Palermo, che dopo lo 0-4 incassato lunedì dalla Lazio vola a Empoli per prenderne altri tre. I toscani passano con Maccarone, Tonelli e Pucciarelli (già al terzo gol in Campionato) e incamerano la prima vittoria della stagione, arrivando a quota 6.

di redazione

La Sampdoria si aggiudica il derby della Lanterna battendo 1-0 il Genoa con un bel sinistro tagliato di Gabbiadini. Il gol è di quelli strani, perché si trattava di un cross talmente ben fatto da impedire l'intervento non solo ai difensori, ma anche agli attaccanti. Il problema è che alcuni blucerchiati erano in fuorigioco, per cui si discuterà all'infinito su chi "contendeva" la palla, su chi ha "dato fastidio a Perin" e sulle varie filosofie legate ai "coni di luce". La sostanza rimane che quel cross è finito in rete e ha portato la Samp a 11 punti, momentaneamente sola in terza posizione aspettando Udinese-Parma (i friulani sono a 9).

L'altra notizia della domenica è il flop delle milanesi. Il più clamoroso è quello dell'Inter, travolta 4-1 dal Cagliari a San Siro in poco più di mezz'ora. Per quante disquisizioni tecnico-tattiche si possano fare sulla presunta lungimiranza di Zeman - alla prima vittoria sulla panchina dei sardi - la débacle dei nerazzurri non si può spiegare se non con una giornata balneare di Vidic e compagni in difesa.

L'espulsione di Nagatomo non ha certo aiutato e, come dice Mazzarri, forse molti erano stanchi a causa dello scarso turn over. Nondimeno lo svedese Ekdal tramanderà come leggenda di famiglia il giorno in cui fece tre gol al Meazza. Da ricordare anche un paio di sgroppate di Ibarbo di una potenza disarmante e l'ennesimo rigore parato da Handanovic, il 19 esimo in A, il secondo in questo campionato. L'Inter rimane a 8 punti, il Cagliare sale a 4, lasciando l'ultimo posto in classifica.

Meno bruciante, ma comunque deludente, il risultato del Milan, che contro il Cesena non va oltre l'1-1, portando a casa il secondo pareggio esterno non proprio di prestigio dopo il 2-2 di Empoli. Anche stavolta i rossoneri vanno in svantaggio, con Succi che insacca su incertezza di Abbiati. Il pareggio porta la firma di Rami, ma poi l'abulia di Torres e la discontinuità di Menez non consentono agli uomini di Inzaghi di trovare il gol vittoria. Il Milan sale a 8 punti e aggancia l'Inter, mentre gli emiliani arrivano a quota 5.

Sorrisi a mezza bocca anche per la Fiorentina, fermata sull'1-1 dal Torino. Fin troppi gol si sono visti, dal momento che nelle prime quattro partite i viola avevano segnato solo una volta e i granata due. Alla fine però ne esce fuori un pari che scontenta tutti, frutto della seconda rete in due partite di Quagliarella (che si è sbloccato definitivamente dopo un anno di digiuno) e del pareggio di Babacar, propiziato meravigliosamente da Bernardeschi, ragazzino della primavera buttato in campo alla cieca da Montella e capace di mandare in porta il compagno al primo pallone toccato.

Chi invece si rianima dopo un periodo nero è il Napoli, vittorioso per 1-0 sul campo del Sassuolo grazie al terzo gol in Campionato di Callejon, imbeccato alla grande dal solito Higuaìn. Il bel gioco dei vecchi tempi è ancora lontano, ma perlomeno gli azzurri recuperano terreno sulle contendenti per l'Europa, arrivando a 9 punti. I neroverdi, invece, non si schiodano da quota 3.

Mentre tutte le altre fanno fatica, le prime della classe continuano con la loro marcia trionfale a punteggio pieno. Negli anticipi di sabato, la Roma soffre per più di un'ora, ma alla fine si sbarazza del Verona con un tiro di Florenzi da lontano e una botta di Destro  da lontanissimo (leggi centrocampo); quanto alla Juve, finché gioca Tevez sembra non essercene per nessuno: l'Apache a Bergamo ne fa due e a chiudere i conti ci pensa la zuccata del neoacquisto Morata, al primo gol in Italia.

Chiude il quadro degli incontri domenicali Chievo-Empoli (rispettivamente a 4 e 3 punti), finita 1-1 in virtù dei gol di Meggiorini (prima rete con la nuova maglia dopo l'addio al Torino) e di Pucciarelli, che era già andato a segno contro il Milan. La partita sarà forse ricordata da qualcuno per uno dei più brutti primi tempi della storia del calcio italiano.

di redazione

Per qualche minuto la Juventus è stata in testa da sola. Poi un bosniaco che ha imparato a tirare le punizioni da Juninho Pernambucano ha rimesso le cose a posto per la Roma. E il tandem del punteggio pieno continua a viaggiare lì davanti, a 12 punti. La vittoria più semplice, stavolta, è quella dei bianconeri, che schiantano in casa 3-0 il Cesena, eppure dimostrano anche di avere meno soluzioni in attacco rispetto ai rivali numero uno per lo scudetto.

In assenza di Tevez, a buttare la palla in porta ci pensano un centrocampista e un terzino, perché Giovinco e Llorente fanno molto lì davanti, tranne segnare. Buon per Vidal, che festeggia il ritorno in campo da titolare con una doppietta (primo gol su rigore dubbio). Chiude i conti Lichsteiner. Da segnalare la paperissima di Morata, che delizia lo Juventus Stadium togliendosi la palla da solo col piede d'appoggio e lisciando quindi il pallone a un metro dalla linea.

Più sofferto ma anche più convincente il 2-1 della Roma a Parma. Apre le danze nel primo tempo il redivivo Ljajic su assist geniale di Totti, pareggia inaspettatamente de Ceglie nella ripresa con un colpo di testa da calcio d'angolo. I capitolini dominano, ma i troppi errori di Gervinho e l'assenza di De Rossi a cementare i reparti fanno pensare a una serata no. Finché Pjanic non s'inventa un piatto a giro sotto l'incrocio a due minuti dalla fine.

Un colpo di classe d'alto livello è anche quello che sblocca la partita di Milano, dove l'Inter batte l'Atalanta 2-0, portandosi così in terza posizione a 8 punti. Dopo l'erroraccio di Palacio dal dischetto, i gol arrivano dalla panchina: prima Osvaldo - subentrato a Icardi - incanta con la specialità della casa, una semirovesciata perfetta per coordinazione e potenza; poi chiude i giochi Hernanes - inserito al posto di Guarin - con una fiondata su punizione sotto l'incrocio.

Mentre le grandi vincono, il Napoli continua a navigare nel proprio psicodramma facendosi recuperare tutto il recuperabile dal Palermo. Gli azzurri vanno in rete due volte nei primi 10 minuti (Koulibaly e Zapata), poi vengono raggiunti nel successivo quarto d'ora (Belotti e Vazquez). Callejon riporta davanti gli uomini di Benitez sfruttando un assist d'inusitata eleganza da parte di Gargano, ma è tutto inutile, la difesa è proprio inguardabile. Il nuovo pareggio porta ancora la firma del talentino dell'under 21 Belotti. I partenopei galleggiano a metà classifica con 4 punti.

Non si scuote dal proprio torpore nemmeno la Fiorentina (a quota 5), che contro il Sassuolo non va oltre lo 0-0 casalingo. Le due squadre fin qui avevano segnato solo un gol a testa, e non è difficile capire il perché. I viola devono fare i conti con diversi infortuni, ma sono anche a dir poco leziosi, e Montella, chissà perché, dà fiducia dal primo minuto a Babacar, tenendo in panchina Ilicic per quasi tutta la partita. I più pericolosi sono Cuadrado e Borja Valero, che prendono un palo a testa.

Ben più determinato il Torino, che segna i primi gol della stagione e vince in rimonta fuori casa contro il Cagliari. I sardi passano in vantaggio con Cossu, pronto a sfruttare un comico regalo del portiere Padelli, ma i granata ribaltano il risultato già nel primo tempo, prima con l'incornata imperiosa di Glik, poi con uno schema capolavoro su punizione che riporta al gol Quagliarella dopo un anno di astinenza. Alla fine è 2-1.

Con lo stesso risultato, anche se casalingo, la Sampdoria archivia senza troppi patemi la pratica Chievo e aggancia il terzo posto. Apre Gastaldello, raddoppia il classe 96 Romagnoli, accorcia invano Paloschi nel finale.

Infine, dopo la rimonta del Milan a Empoli andata in scena martedì (2-2) e aspettando oggi Lazio-Udinese, chiude il quadro della quarta giornata il rocambolesco pareggio fra Verona e Genoa. La doppietta di Matri e i soliti miracoli di Perin sembravano bastare ai rossoblu, ma i veneti dimostrano come al solito una grinta fuori dal comune, trovando il pari (e l'ottavo punto, come Inter e Samp) prima con Taxidis, poi con Ionita, che domenica si era distinto come primo moldavo della storia a segnare in Serie A. Ora è anche il primo ad averne fatti due in tre giorni.



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