Negli stessi anni in cui al Nord si combatteva la guerra partigiana, il Sud già liberato esprimeva un grande movimento di popolo proteso alla contestazione radicale della società borghese e animato dalla volontà di realizzare una totale rottura storica e politica con il passato fascista e prefascista. Questo sentiero impervio della Resistenza è ancora oggi poco esplorato dalla storiografia. Certo, sono state riscoperte e inventariate come reperti della Liberazione le stragi nazifasciste perpetrate in Sicilia all’indomani dello sbarco angloamericano; le insurrezioni e le rappresaglie accadute dopo l’armistizio dell’8 settembre a Matera, Bari, Civitavecchia, Teramo, Bellona, Terra di Lavoro, Nola, Barletta, Teverola, Capua, Rionero in Vulture.

Si concentreranno sabato 10 aprile davanti alle Prefetture di tutta Italia. La manifestazione seguirà il presidio del 31 marzo indetto da Fai-Cisl, Flai-Cgil, Uila-Uil dinanzi al Senato della Repubblica. Iniziative di lotta delle lavoratrici e dei lavoratori agricoli nell’Italia del Ventunesimo secolo, ancora una volta esclusi da ogni tipo di ristoro anche nel Decreto Sostegni. Una grave ingiustizia sociale storicamente definibile nell’ambito delle discriminazioni. Tale è stata la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori agricoli nella storia dell’Italia unita.

La pubblicazione questa settimana del rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sull’origine della pandemia di Coronavirus ha prevedibilmente scatenato polemiche e accuse per il trattamento troppo remissivo che gli esperti incaricati dell’indagine avrebbero mostrato nei confronti della Cina. Le critiche, spesso feroci, non si basano tuttavia sull’evidenza scientifica, ma rispondono, in maniera più o meno consapevole, a esigenze di altra natura, da collegare in sostanza al fallimento di tutto l’Occidente nel combattere efficacemente il virus, così come alla crescente rivalità strategica, economica, tecnologica e militare tra Washington e Pechino.

Per il primo ministro britannico, Boris Johnson, il segreto del “successo” della campagna vaccinale anti-Covid portata avanti dal suo governo risiederebbe nel “capitalismo” e nel senso di “avidità” intrinseco in questo sistema. Il merito sarebbe infatti delle “grandi corporations” che sono motivate dalla volontà di assicurare “buoni profitti ai loro azionisti”. La battaglia al Coronavirus starebbe quindi per essere vinta grazie a “Big Pharma”, cioè le multinazionali farmaceutiche che hanno prodotto i vaccini in fase di distribuzione. Che l’ex sindaco di Londra si esprima in questo modo non è una sorpresa. Johnson ha di fatto dedicato la sua intera esistenza alla difesa dei grandi interessi del suo paese e per questo è stato ricompensato in modi infinitamente superiori ai suoi meriti, sia dal punto vista economico sia da quello della carriera politica.

Una doverosa e schietta premessa: chi scrive è favorevolissimo al vaccino. Un’altrettanto doverosa avvertenza: coltivando la passione della ricerca storica, chi scrive sente istintivamente il bisogno di osservare nelle sue molteplici forme il fenomeno che si sta manifestando nel mondo ormai da un anno. Del resto, nella prefazione al suo saggio intitolato Contro un nemico invisibile e rivolto alle epidemie e strutture sanitarie nell’Italia del Rinascimento, Carlo Cipolla asseriva che «le malattie come la salute vanno viste come fenomeni sociali oltre che biologici»; e i fenomeni sociali sono anch’essi oggetto d’indagine storica.


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