Per il primo ministro britannico, Boris Johnson, il segreto del “successo” della campagna vaccinale anti-Covid portata avanti dal suo governo risiederebbe nel “capitalismo” e nel senso di “avidità” intrinseco in questo sistema. Il merito sarebbe infatti delle “grandi corporations” che sono motivate dalla volontà di assicurare “buoni profitti ai loro azionisti”. La battaglia al Coronavirus starebbe quindi per essere vinta grazie a “Big Pharma”, cioè le multinazionali farmaceutiche che hanno prodotto i vaccini in fase di distribuzione. Che l’ex sindaco di Londra si esprima in questo modo non è una sorpresa. Johnson ha di fatto dedicato la sua intera esistenza alla difesa dei grandi interessi del suo paese e per questo è stato ricompensato in modi infinitamente superiori ai suoi meriti, sia dal punto vista economico sia da quello della carriera politica.

Una doverosa e schietta premessa: chi scrive è favorevolissimo al vaccino. Un’altrettanto doverosa avvertenza: coltivando la passione della ricerca storica, chi scrive sente istintivamente il bisogno di osservare nelle sue molteplici forme il fenomeno che si sta manifestando nel mondo ormai da un anno. Del resto, nella prefazione al suo saggio intitolato Contro un nemico invisibile e rivolto alle epidemie e strutture sanitarie nell’Italia del Rinascimento, Carlo Cipolla asseriva che «le malattie come la salute vanno viste come fenomeni sociali oltre che biologici»; e i fenomeni sociali sono anch’essi oggetto d’indagine storica.

È trascorso quasi un secolo da quando Argentina Altobelli, Segretaria Generale della Federazione Nazionale dei Lavoratori della Terra ed esponente di spicco del Partito Socialista Italiano, in un articolo intitolato “Difendiamo la donna nella casa e nel lavoro”, pubblicato il 7 gennaio 1912 sul primo numero della rivista socialista “La Difesa delle Lavoratrici”, appena fondato da Anna Kuliscioff, così commentava la condizione delle donne lavoratrici: "Le statistiche ci rivelano, colla certa eloquenza delle cifre, che le donne lavoratrici sono parecchi milioni, che aumentano ogni giorno, che partecipano ad ogni lavoro, ad ogni attività sociale; ma non ci narrano tutti i dolori, i patimenti, le sofferenze economiche morali cui le donne debbono affrontare e subire nel lavoro e nella vita".

La metà degli obiettivi per spendere i miliardi del Recovery Fund sono a carattere ambientale: efficienza energetica, transizione verso energie rinnovabili, si va dalle stazioni di ricarica per veicoli elettrici all'incremento dei trasporti pubblici. In pratica, l'UE ci vuole più efficienti, verdi e digitalizzati confidando in ripercussioni positive sul nostro sistema produttivo, esattamente come gli ambientalisti ripetono da anni e come si è verificato in Germania grazie alla green economy.

Pur d'onorare la moneta sonante, la classe dirigente italiana comincerà a valutare la cultura dell'innovazione e della sostenibilità? Un concetto da ribadire è quanto sia assurdo ipotecare il futuro del nostro Paese a “grandi opere”, con appalti e subappalti milionari e corruzione diffusa, a discapito di una capillarità d'intenti che copra l'intero territorio nazionale, poiché questa sarebbe la valenza del Recovery. La Commissione che valuterà i progetti, incoraggia gli Stati membri a includere nei loro piani d'investimenti e di riforme alcuni settori chiave: 1 - Power up, ovvero introdurre tecnologie pulite a prova di futuro accelerando lo sviluppo e l'uso di energie rinnovabili. 2 - Renovate, ottimizzazione della resa energetica negli edifici pubblici e privati. 3- Recharge and Refuel, promuovere tecnologie pulite per incrementare l'uso dei trasporti pubblici. 4 - Connect, lanciare servizi a banda larga in tutte le regioni, disponibili a prezzi contenuti per ogni famiglia, compresi i 5G e le reti in fibra. 5 - Modernize, digitalizzazione per pubblica amministrazione e servizi, per gli apparati di sistemi giudiziari e sanitari. 6 - Scale up, aumento delle capacità di cloud per dati industriali ed europei con processori più potenti e sostenibili.

La data ultima per la presentazione è fissata al 30 aprile 2021, una delibera della bozza già dal 15 ottobre scorso. Il Recovery Plan sarà valutato dalla Commissione Europea e dal Consiglio, il quale dovrà apporre il suo timbro. Bruxelles auspicava a un prospetto completo in ogni sua fase entro gennaio 2021 in modo da erogare i fondi prima del secondo semestre.

La quota maggiore fra tutti i Paesi membri, cioè 209 miliardi di euro destinati all'Italia, dovrà essere  utilizzata attraverso priorità imprescindibili come infrastrutture per l'ambiente, supporto e potenziamento d'imprese virtuose, transizione ecologica, contrasto ai cambiamenti climatici: chiaro e conciso.

Com'è strutturato il Recovery Fund? In 81 miliardi a titolo di sussidi a cui si aggiungono 127 miliardi di prestiti. Il governo appena dimesso era in procinto di proporre alla Commissione e al Consiglio, un Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR), che avrebbe consentito un progetto di riforme e investimento da attuare nel periodo 2021 - 2023.

Un elaborato che potrebbe non essere completamente accantonato dal nuovo presidente in carica, Mario Draghi e che focalizzava sei aree d'azione: Programmi Comunitari, Aria, Acqua, Energia, Natura, Territorio. In breve, esso comprendeva: digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, rivoluzione verde e transizione ecologica, infrastrutture per la mobilità, istruzione, formazione, ricerca e cultura, salute, equità sociale di genere e territoriale.

Comunque vadano le cose, esiste attualmente la capacità di un piano sufficientemente ambizioso? Ma soprattutto, la politica saprà attuarlo in tempi relativamente brevi? L'unico dato certo è la chance di poter centrare l'obiettivo; diversamente, il gap nei confronti degli altri Paesi in area UE, diventerà irreparabile, sprecando l'ennesima occasione di metterci al passo con le economie più virtuose.

Facciamo un esempio: secondo Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente, l'Italia non sembra avere idee lapalissiane su come trarre vantaggio dalla situazione. La dimostrazione sta nei progetti surreali di cui si continua a discutere anche attraverso i media. Immaginate un piano in cui si prevede il famigerato tunnel sotto lo stretto di Messina o la proposta targata ENI di confinare la CO2 nei fondali marini in Alto Adriatico o ancora, nuove strade pedemontane nel Nord Italia. Il nuovo governo, tecnico o politico che sia, ha un'eccezionale possibilità di modernizzare il Paese scegliendo un'unica strada: la lotta globale alla crisi climatica, la riconversione ecologica per sostenere l'economia e tali sono le indicazioni europee su cui dovrà basarsi il Green New Deal made in Italy. Ma non tutto è privo di insidie: è di poche settimane fa l'allarme del procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, su come le mafie siano pronte a mettere le mani sul Recovery Fund a livello internazionale. Una denuncia circostanziata espressa attraverso il quarto report per l'Organismo Permanente di monitoraggio ed analisi sul rischio d'infiltrazione da parte della criminalità organizzata.

La guerra dei vaccini alla fine è arrivata, e la sensazione è che stiamo già perdendo. Pfizer ha tagliato le forniture destinate ai paesi Ue; ha chiesto, e ottenuto, di venderci anche la famosa sesta dose che pensavamo di aver trovato in regalo nelle fiale; ci ha ricordato negli scorsi giorni che le forniture settimanali sono una gentile concessione, perché le penali per la mancata consegna delle dosi promesse si calcolano, da contratto, su base trimestrale. AstraZeneca, dal canto suo, ha già annunciato un consistente taglio nel primo trimestre 2021, iniziando un braccio di ferro con la Commissione Europea sui termini di un contratto (desecretato proprio all’apice della querelle) in cui l’azienda ritiene di essersi impegnata solamente a fare “del proprio meglio” per consegnare le dosi acquistate.


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