“È inequivocabile che l'influenza dell’uomo ha riscaldato l'atmosfera, l'oceano e la terra. Si sono verificati cambiamenti diffusi e rapidi nell'atmosfera, nell'oceano, nella criosfera e nella biosfera". È questa la netta e terrificante dichiarazione che apre il  del Sesto Rapporto di Valutazione diffuso dall'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), organismo delle Nazioni Unite nato per fornire agli Stati membri informazioni riguardo allo stato delle conoscenze scientifiche, tecniche, sociali ed economiche sul cambiamento climatico, sui suoi impatti, sui rischi futuri e sulle possibili soluzioni.

Qual è il motivo di questa forte affermazione da parte dell’ONU, il più grande ed influente organismo sovranazionale del pianeta? E perché i governi sono così riluttanti a dichiarare lo stato di emergenza e ad attuare misure drastiche per affrontarlo?

Siamo a meno di 100 secondi dalla mezzanotte, l’ora più buia per l’essere umano, l’impronta della nostra specie è ormai ovunque sulla Terra, ce lo dice il nuovo rapporto IPCC: grazie a nuove tecniche di misurazione, analisi e simulazioni si è potuto stabilire oltre ogni ragionevole dubbio che l’essere umano sta modificando il clima globale con una rapidità senza precedenti, mai vista in più di 100.000 anni.
L’aumento esponenziale di gas serra quali anidride carbonica (284ppm nel 1850 e 414.60ppm nel 2021), metano (774ppb nel 1850 e 1,888.5 ppb oggi) e ossido di diazoto (270ppb nel 1850 e 332ppb adesso), unito a deforestazione, urbanizzazione incontrollata e destabilizzazione degli ecosistemi, della criosfera (ovvero i ghiacciai perenni) e degli oceani, hanno scaraventato l’intero pianeta in un’epoca dove incertezza e sofferenza regnano sovrane.

La soglia di vari punti di non ritorno è ormai stata sfondata dall’aumento dei gas climalteranti. Le attività umane e in particolare l’uso di combustibili fossili sono responsabili del riscaldamento medio di 1,1°C già raggiunto. Gli ultimi quattro decenni sono stati i più caldi mai registrati in ogni parte del globo, mentre la quantità e qualità dei ghiacciai (ciò il loro spessore e la loro composizione) viene compromessa e di conseguenza indebolisce la loro capacità di riflettere i raggi solari.
L’impronta dell’essere umano ha influenzato la diminuzione della neve nell’emisfero nord, destabilizzando le comunità locali e gli ecosistemi.
Anche gli oceani, importantissimi regolatori del clima che assorbono circa il 50% delle emissioni di CO2, non sono stati risparmiati dall’aumento esponenziale delle temperature: lo strato superficiale delle loro acque salate si è riscaldato e di conseguenza si è innescato un processo di acidificazione che a sua volta ha creato zone con basso livello di ossigeno, le cosiddette “zone morte”, veri e propri cimiteri del mare.
Ora le maggiori correnti oceaniche che portano l’acqua calda dai tropici fino ai poli rischiano di collassare, rallentare o addirittura bloccarsi a causa dell’aumento esponenziale di temperatura: questo singolo evento, da solo, comporterebbe uno stravolgimento immediato e drammatico di un clima già martoriato.

 

Il cambiamento climatico indotto dall'uomo influenza molti eventi meteorologici e climatici estremi

Lo struggente report continua affermando che è ormai certo che la frequenza e l’intensità di eventi meteorologici estremi è aumentata. Non solo i fenomeni sono più accentuati ma durano anche più a lungo. Temperature estreme, precipitazioni che diventano alluvioni, siccità, non solo andranno man mano ad intensificarsi sempre di più ma dureranno anche per periodi più lunghi. Temperature oltre la media stanno già causando incendi e devastando foreste, case, stanno uccidendo esseri umani ed animali e tutto ciò che gli si para davanti in ogni parte del mondo. Mentre i mari, divenuti più caldi, espongono anche zone del globo come l’Europa a pericoli tropicali: gli uragani.

Sofferenza, malattie e morte portate da questi eventi e dal degrado ambientale sono già senza precedenti, e tutto ciò sta avvenendo con un aumento di 1.1°C, mentre la probabilità che 1,5°C (considerata la soglia sicura) di riscaldamento venga raggiunto fra meno 10 anni è superiore al 50%.

La strada in cui in nostri decisori politici hanno deciso di metterci ci porterà ad uno sconvolgimento totale della società e della vita di tutti i giorni. Basti pensare alla maggiore facilità con cui si innescheranno migrazioni di massa, guerre e pandemie.
L’aumento delle temperature sta infatti rendendo inabitabili molte zone del pianeta a causa della siccità, mentre altre, vicine alle rive dei mari o dei laghi, saranno parzialmente sommerse a causa dell’innalzamento del livello dell’acqua determinato dallo scioglimento dei ghiacciai.

Questo costringerà grandi comunità o intere popolazioni a spostarsi alla ricerca di luoghi in cui vivere, inducendo di conseguenza i loro governi a cercare nuove terre, anche al di fuori dei propri confini nazionali, creando dispute su zone più abitabili e meno esposte agli eventi estremi. Tali conflitti si trasformeranno spesso in guerre, e da ciò se ne deduce che non verranno tagliate le spese militari, strategiche per la tenuta dei confini o la conquista di nuove terre, sottraendo così altre risorse agli aiuti sociali ed alla ricerca ambientale.
Inoltre l’ammasso di popolazioni in aree più piccole e segnate da una povertà più diffusa abbasserà notevolmente il livello delle condizioni igieniche e della profilassi minima causando più frequentemente malattie di origine virale che tenderanno a diffondersi con più rapidità che nel passato.

Eppure i governi continuano nella loro colpevole inazione malgrado vengano messi di fronte a questo terribile quadro. O forse dovremmo chiamarlo specchio? Non sono forse loro, con le loro politiche, ad aver determinato la situazione in cui ci troviamo in questo momento? Non l’hanno forse fatto lucidamente, con la deliberata volontà di produrre questi risultati? Non si sono palesemente dimostrati incuranti delle conseguenze per la vita sul Pianeta?

Peter Kalmus, scienziato del clima che lavora per la NASA, si dice terrorizzato da quanto sta per arrivare e pochi minuti dopo aver letto il Report di IPCC ha dichiarato:
“O abbandoniamo immediatamente il capitalismo come sistema dominante della nostra organizzazione sociale, o sarà la Fisica a farlo per noi. Non c’è una terza opzione.”
Ecco, è questo il punto. Immediatamente.
Le azioni di contrasto al problema devono arrivare nei momenti immediatamente successivi alla ufficiale e dichiarata esposizione del problema e non possiamo accettare, né scientificamente né tanto meno moralmente, che se ne parli solo tra capi di governo, in occasioni sporadiche e senza il senso dell’urgenza.
G7, G20 o COP26. Da cosa sono determinate, in questi consessi internazionali, le trattative tra gli stati? Da una corsa dallo spirito olimpico a chi taglia prima e meglio le emissioni di CO2? O forse da accordi che facciano apparire le deboli decisioni prese come straordinarie in modo da sollevare le parti in causa da responsabilità per un altro ragionevole lasso di tempo, giusto perché non perdano consenso elettorale e profitti per le aziende che rappresentano?
Sì, questo è un altro punto che non si può ignorare: i governi non rappresentano più i cittadini che li hanno eletti ma sono solo portavoce istituzionali di grandi aziende, della loro fame di potere mediatico e della loro sete di danaro.
Già nel 2017 il Carbon Majors Report redatto da Paul Griffin ci diceva che a produrre il 71% delle emissioni globali di carbonio sono solo 100 aziende.
Gli Stati Uniti d’America, presi per troppi decenni come modello di riferimento nell’organizzazione sociale mostrano un dato anch’esso inequivocabile: l’1% della popolazione possiede più ricchezza del restante 92%. Un disastro.
Il Report IPCC conferma dunque quanto scienziati e mondo dell'ambientalismo si attendevano, ma con i suoi toni così "ufficialmente" catastrofisti ci pone dinanzi ad una sfida che non è solo ambientalista e che può essere vinta solo ripristinando principi cardine di giustizia e meritocrazia e reperendo le risorse economiche necessarie direttamente dai grandi fatturati, in un’ottica di equa redistribuzione dei profitti.

Coautore dell'articolo Domenico Barbato e Manlio Pertout
Illustrazione  Martha Stephens

Fonte: https://thehumanexploringsociety.life/2021/08/14/code-red-for-humanity/

Le Olimpiadi di Tokyo hanno messo in luce un brutto guaio legato alla retorica sportiva. Non c’entra lo sciovinismo da competizione: fare il tifo insieme è bello e, quando va bene, lo è anche esultare. Il problema inizia in sala stampa, con le interviste agli atleti. Chissà perché, quasi tutti i vincitori si sentono in dovere di trarre una qualche conclusione filosofica dal proprio successo. E il concetto che esprimono è più o meno sempre lo stesso: “Questa medaglia dimostra che se ci credi tutto è possibile”.

Di sicuro gli sportivi dicono questa frase con sincerità e convinzione. Purtroppo, però, rimane una frase sbagliata, per non dire una fesseria. La retorica del “getta il cuore oltre l’ostacolo” è un grande inganno in molti campi dell’esistenza, ma paradossalmente ha più successo proprio nell’ambito in cui la sua falsità è più manifesta: lo sport. 

Basta rifletterci un attimo: sei hai le articolazioni fragili, non vincerai l’oro nei 100 metri piani. Se soffri d’asma, non diventerai un campione di stile libero. Se sei alto un metro e sessanta, non schiaccerai mai a canestro. Non importa quanto lo desideri, quanto ti alleni, quanto ci credi. È impossibile e basta, per un motivo brutale quanto ovvio: le condizioni fisiche di partenza non sono uguali per tutti.  

Ma andiamo oltre. A pensarci bene, anche quando i mezzi fisici sono comparabili, il successo di un atleta può essere determinato da fattori imperscrutabili. Immaginiamo due nuotatori che toccano la fine della corsia a un centesimo di secondo l’uno dall’altro. Il tizio che arriva in ritardo ci ha creduto meno del primo? Si è allenato meno duramente? Ha fatto meno sacrifici? Probabilmente no, ma ha perso lo stesso. 

Questo non significa che le medaglie si vincano solo per superiorità genetica o per fortuna: bisogna anche essere motivati e lavorare sodo. Grazie tante. Il punto è che determinazione e impegno sono condizioni necessarie, ma, da sole, non sufficienti a garantire il successo. Lo sappiamo tutti, in fondo, è dannatamente ovvio, ma ci piace lo stesso pensare che “basta crederci e tutto è possibile”.

Ecco, siamo arrivati al punto della questione. Perché ci piace tanto pensare che “volere è potere”? In effetti, questo genere di retorica si estende ben oltre l'ambito sportivo. Ce la propinano per tutta la vita in messaggi esaltanti, che si presentano come discorsi motivazionali ma in realtà sono marketing (abbigliamento, prodotti per il corpo, automobili, perfino società che vendono luce e gas).

Eppure, la retorica del “se lavori sodo ce la fai” è in realtà il contrario di un discorso motivazionale. È una frase reazionaria, tesa al mantenimento dello status quo. Chi ha di più colpevolizza chi ha di meno per tenerlo dov'è: “Se non ce la fai - è il messaggio - la responsabilità è solo tua: non ci hai creduto abbastanza, non hai lavorato abbastanza”. E per rendere la lezione più convincente, i pochissimi che dal basso riescono a salire (spesso estratti a sorte) vengono esaltati come eroi, come prove viventi che la società in fondo è giusta, perché “se ci credi tutto è possibile”.

Questo show è un trucco per nascondere la realtà, e cioè che la realizzazione personale è spesso impedita da barriere economiche, sociali e culturali che nessuno intende rimuovere né mettere in discussione. Il risultato è che nove volte su 10 il successo è appannaggio di chi parte dalle condizioni migliori: per loro, la frase “volere è potere” ha molto più senso.

Nell'aprile del 2018, Cameron Herrin non vedeva l'ora di salire sulla macchina avuta in regalo per la maturità e misurarsi in una gara di velocità con l'amico John Barrineau. Le due auto erano lanciate sul Bayshore Boulevard di Miami. Avrebbero dovuto fermarsi al semaforo. Herrin invece aveva continuato a correre e non era riuscito ad evitare di travolgere Jessica Reisenger e la figlia Lilia, di un anno, che stava sul passeggino. Uccise entrambe.

L'avvocato James Christie partì per un breve tragitto in macchina. Doveva raggiungere la Cancelleria di Birmingham, Alabama, per correggere alcuni documenti. Christie era certo di averli depositati a dicembre ma, una volta arrivato, scoprì che dei suoi documenti non c'era traccia. Gli impiegati giuravano di non averli mai visti e sui registri mancava la firma del corriere. I corrieri hanno l'obbligo di apporre un timbro sui fascicoli consegnati con  la dicitura di “ricevuto e archiviato” e l'impiegato ricevente doveva apporre la propria sigla con la data di consegna.

Si dice che lo scoutismo aiuti a guardare ogni cosa dal lato positivo. I Boys Scouts of America, che contano milioni di iscritti, s'impegnano a proteggere l'ambiente esplorando la natura ma sempre con particolare attenzione alla sicurezza. Gli scouts pare siano molto impegnati contro le molestie a danno di minori. Secondo le statistiche, negli Stati Uniti un minore su sei viene molestato sessualmente. Il Centro Generale Contro gli Abusi Sessuali insieme all'Associazione Nazionale Boy Scouts Usa, ritengono questo inaccettabile e  hanno sostenuto la nascita di un registro che segnali gli individui sospettati di abusi su minori sotto la supervisione del governo.

I leader della BSA hanno sempre messo sotto la loro ala protettiva gli scouts più giovani, insegnando loro come proteggersi dagli abusi e anche come superare gli ostacoli e accettare gli insuccessi come stimolo per rialzarsi e ricominciare. Nelle piccole come nelle grandi scelte devono essere consapevoli che la coerenza va dimostrata ogni giorno. Osservano i ritmi della natura imparando così anche l'attesa. Si può diventare scouts anche a due anni ma l'associazione è ripartita in cinque gruppi a secondo dell'età. Il vero ostacolo più che l'età sono i costi e molti ragazzi sono costretti a rinunciare a diventare scouts per ragioni economiche.

L'Associazione BSA ritiene sia un peccato ma ha già annunciato che da gennaio 2022 l'iscrizione aumenterà del  10% arrivando a 70 dollari annui. Secondo l'Associated Press anche i piccoli, che pagavano solo 33 dollari per iscriversi, ne pagheranno 60, un aumento dell'80%. La notizia è stata accolta con fastidio dagli iscritti adulti. Ma una mossa necessaria in vista del risarcimento record. Nel frattempo aumenteranno anche i costi vivi per le divise da “avventura” che con i vari accessori potranno arrivare fino a 600 dollari per ogni ragazzo.

La BSA acquista ogni cosa in spacci aziendali legati all'Associazione. Sacchi a pelo e giacche termiche rappresentano una spesa imponente. Ma quando si entra nei Boy Scouts bisogna tenere presente che tutto si paga e i costi non variano molto da un posto all'altro. I ragazzi organizzano mercatini ambulanti per permettersi di partecipare alle gite o ai centri estivi o alle speciali serate note come Jambouree”. Vendono pop corn per strada o cercano cose usate per risparmiare. In trasferta però dovranno avere comunque in tasca una ventina di dollari per mangiare.

Gli scouts avranno certamente dei meriti ma saranno sempre meno coloro che si iscriveranno e non sarà per colpa dei pantaloni corti che è obbligato indossare anche quando si gela. Le attività all'aria aperta sono il cuore stesso dello scoutismo ma con i costi non ci siamo. Inoltre era già noto da una decina d'anni che dietro l'insopportabile retorica della BSA su etica e sicurezza che durante le scalate sulle scogliere e le traversate dei fiumi in kajak adulti rapaci allungavano le mani sui ragazzini coi  berretti da lupetto, nonostante avessero invocato l'intervento del governo per proteggerli.

L'elenco dei casi è interminabile, neppure i disabili sono sfuggiti ai lupi mannari. Tra una cosa e l'altra l'Associazione Boy Scouts d'America stava andando alla grande e, sarà una coincidenza, ma pare che molti che hanno fatto gli scouts da piccoli da grandi sono diventati miliardari. Iniziando da uno dei titani dell'informazione e non solo: Michael Bloomberg. Già nel 2010 vantava ben diciotto miliardi di dollari sparsi tra banche e paradisi fiscali. Nel 1954 pareva destinato a finire in miseria mentre in seguito, miliardo dopo miliardo, è riuscito a farsi eleggere due volte sindaco di New York. Ross Perot era stato “aquila” nel boy scouts nel lontanissimo 1943.

Avrebbe voluto un altro tipo di aquila anni più tardi, quando si era candidato alla presidenza degli Stati Uniti, che hanno appunto come simbolo un'aquila dalla testa bianca. Perot non arrivò alla Casa Bianca ma vanta un patrimonio netto che supera i quindici miliardi di dollari. Charles Dolan, il padre della TV via cavo, aveva fatto i primi passi nel mondo dei media quando era solo un boy scout. A 96 anni vive con la moglie Helen in una villa inespugnabile a Long Island. Ha contribuito con molta larghezza all'elezione di Trump pare senza pentirsene. Partito povero dal Nebraska Walter Scott Jr.97 anni, ha visto passare generazioni e generazioni di boy scouts. E' stato anche pluripremiato per aver elargito donazioni generose all'Associazione.

Altro boy scout fortunato è Steven Spielberg. Ha raccontato ben poco delle sue esperienza, a parte esser rimasto per 36 ore nel deserto dell'Arizona senza acqua; eroismo involontario che gli fece guadagnare un distintivo d'onore. Non è chiaro se la sua vivacità ne abbia risentito.

Allo stato  attuale delle cose viene spontanea una domanda. La Boy Scouts of America era già in bancarotta un anno fa e sta oscurando i documenti che renderebbero comprensibile al pubblico l'intera faccenda. In sintesi: i capi della Boy Scouts Association od America sapevano già delle molestie e degli abusi ma non avevano fatto nulla a parte coprire gli autori dei reati. Hanno cercato di girare la frittata dicendosi “oltraggiati” da individui che avevano approfittato dei loro programmi per avventarsi su delle vittime innocenti.

Il 17 febbraio scorso la BSA aveva depositato presso un tribunale del Delaware un documento necessario per dichiarare una bancarotta che avrebbe compensato le vittime degli abusi allegando una lettera in cui si diceva che “anche una sola vittima era troppa”. Insomma l'Associazione ha lavorato onestamente, la colpa di tutto è di alcune mele marce. La BSA non può annullare quanto è accaduto ma farà in modo che non accada mai più. L'Associazione però non contava solo una manciata di mele marce, tanto è vero che le accuse di molestie e abusi superano le novantamila. I giudici hanno accordato un risarcimento di circa 850 milioni di dollari. Sicuramente una stangata epocale che non significa la fine dei Boy Scouts. Le giovani marmotte potranno restare in piedi. Le loro fortune superano il miliardo di dollari e con tanti ex-boy scouts danarosi che affogano nei soldi, qualcuno si metterà certamente le mani in tasca per evitare il peggio. Certo che novantamila lupi mannari è una cosa che non si era  mai sentita. Neppure i preti sono arrivati a tanto.

I capi dell'Associazione sono stati molto scaltri: chiedendo l'amministrazione controllata hanno potuto operare anche nei momenti grami. Questa volta però, anche il CEO del BSA dovrà ritoccarsi lo stipendio. Nei dieci anni in sui sarebbero iniziati i reati che hanno portato al risarcimento delle vittime i CEO coinvolti sono stati parecchi. Lupi, aquile, ecc. ma soprattutto personaggi tanto avidi quanto squallidi. In ordine cronologico; Robert J. Mazzucca percepiva quasi due milioni di dollari l'anno ed è tuttora tra i leaders della BSA. Nel 2012 lascò a sbrigarsela il suo vice, Wayne Brock. Anche a Brock veniva corrisposto un salario annuo superiore al milione e mezzo di dollari. Poi Brock decise di abbandonare gli Scouts in fretta e furia e la palla era passata a Michael Surbaugh ma che l'ha mollata subito. Gli è succeduto Roger Mosby che ha fatto il boy scout per 33 anni. Come da copione, nel libro paga Mosby risulta avere un salario che supera il milione e mezzo di dollari l'anno. Per Mosby gli attuali problemi sono superabili. “Quando si chiude una porta se ne apre un'altra” ha vaticinato con poca originalità il neo-eletto. Nessuna associazione nazionale risulta aver cambiato presidenti tanto velocemente come i Boy Scouts of America.

Sulla tragica vicenda che ha portato ad un risarcimento record neppure una parola. Se Mosby fosse onesto salirebbe subito su un kajak per fuggire lungo un fiume col cappellone da scout per coprirsi il faccione da obeso. Invece ha voluto strafare vantandosi dei piani sul cybebullismo che intende mette in pratica perché (udite udite) “la sicurezza dei ragazzi è la cosa più importante … 


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