di Sara Nicoli

Piergiorgio Welby "Signor presidente, mi aiuti a morire; questo mio grido non è di disperazione, ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese". Con la forza che gli resta, Piergiorgio Welby, co-Presidente dell'Associazione Luca Coscioni, malato di distrofia muscolare progressiva, ha registrato un video contenente una lettera aperta al Presidente della Repubblica. E' una supplica, non il testamento di un malato terminale che non ha più speranze e si augura solo di non svegliarsi la mattina: Welby chiede al Capo dello Stato di farsi promotore della riapertura del dibattito politico sull'eutanasia. "Perchè, signor presidente, io vorrei che anche ai cittadini italiani fosse data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi e olandesi; Montanelli mi capirebbe, se fossi in un altro Paese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo, ma sono italiano e qui non c'è pietà".

di mazzetta

Voglio porgere un invito ai commentatori che domani affronteranno l'ingrato compito di riferire della manifestazione in programma a Ferrara per chiedere che sia fatta luce sulla morte di Federico Aldrovandi.
Quasi tutti quelli che conoscono la sua storia lo devono alla sua famiglia, che ha trovato la forza di reagire a una situazione che nessun cittadino italiano dovrebbe mai affrontare.
Una mattina di un anno fa, il 25 settembre, Federico non è tornato a casa. E' morto a pochi metri dalla sua abitazione, all'alba, in una tranquillissima zona di Ferrara, dopo un serata con gli amici.
La polizia, che ha disgraziatamente incrociato il destino di Federico quella mattina, riferì che il giovane diciottenne era stato sorpreso a picchiare la testa contro i pali della luce. Dice che ci fu chi telefonò al centralino per avvertire di questa bizzarria di Federico e che gli intervenuti si adoperarono per contenerlo e soccorrerlo.
Qui comincia una vicenda che sarebbe surreale se non chiamasse in causa l'onorabilità delle istituzioni e non traesse spunto dalla morte di un ragazzo.

di Giovanna Pavani

Inutile chiedersi adesso se quella frase di Benedetto XVII è stata accidentale o deliberata. Il papa, durante l'Angelus di domenica, è tornato a sottolineare la sincerità del proprio mea culpa. "Sono vivamente rammaricato - ha detto davanti alla folla di Castel Gandolfo, ma il messaggio è andato in diretta anche su Al Jazeera _ per le reazioni suscitate da un breve passo del mio discorso nell'Università di Regensburg, ritenuto offensivo per la sensibilità dei credenti musulmani, mentre si trattava di una citazione di un testo medioevale, che non esprime in nessun modo il mio pensiero personale". Sembra, almeno dalle prime reazioni, che questa pubblica ammenda sia servita parzialmente a disinnescare l'allarme che il Viminale aveva subito alzato, con una circolare, circa la possibile reazione terroristica contro obiettivi sensibili in Italia. Una suora italiana è stata uccisa a Mogadiscio e fonti con stretti rapporti in ambienti fondamentalisti hanno spiegato all'agenzia Reuters che " c'è una possibilità molto alta che la persona che l'ha uccisa fosse in collera per i recenti commenti del papa contro l'Islam".

di Sara Nicoli

Le dimissioni a sorpresa del presidente Telecom, Marco Tronchetti Provera, e l'immediato avvicendamento con l'attuale commissario straordinario Figc, Guido Rossi, hanno reso evidente, anche ai non addetti ai lavori, la gravità della situazione in cui versa la principale azienda italiana di telecomunicazioni, il cui debito ammonta a 42 miliardi di euro, molti dei quali in scadenza il prossimo anno. Le ragioni "ufficiali" che stanno dietro l'uscita di scena di Tronchetti risiederebbero - per ammissione del protagonista - nel fatto che un'azienda come Telecom Italia non poteva andare avanti, in pieno momento di revisione del piano societario, con uno scontro frontale in atto con il governo, anche a livello personale tra il presidente e il premier Prodi. Ma non è solo questa, com'é facilmente intuibile, la sola ragione di un terremoto politico ed economico di cui, allo stato attuale, non si intravedono vie di fuga ponderate ed obiettivi concreti di risanamento in tempi brevi.

di Sara Nicoli

La sintesi della più caotica - e alla fine quasi sorprendente - giornata delle nomine Rai la dà, a tarda notte, un alto dirigente di An. ''Ad un certo punto deve essere scattata una paura generale di rimanere fuori da un accordo che nessuno, nei partiti, voleva raggiungere. E alla fine siamo rimasti fregati noi". La Cdl, dunque, esce con le ossa rotte dalla prima tornata di nomine Rai. In apparenza, l'investitura di Gianni Riotta, corsivista del Corsera in quota Prodi, a nuovo direttore del Tg1, e del nuovo capo del personale Rai, Maurizio Braccialarghe, centrista della prima ora, sono state salutate come frutto di un'intesa bipartisan. Unica eccezione il voto della consigliera leghista, Giovanna Bianchi Clerici, richiamata all'ordine da Maroni all'ultimo minuto, quando la falange del Carroccio non ha più avuto la certezza di veder salvo il "loro" direttore di Raidue, Antonio Marano. Nessun particolare scompiglio, comunque; solo una simpatica nota di colore verde ad accompagnare una delle più pesanti debacle che la Cdl abbia conosciuto negli ultimi tempi dopo le elezioni.


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