di Cinzia Frassi

Le norme in discussione in queste ore circa le intercettazioni telefoniche, vennero in qualche modo anticipate subito dopo l'inchiesta "Savoia", che ebbe inizio proprio con le intercettazioni - alcune finite sui giornali - e portò Vittorio Emanuele in carcere il 16 giugno, quindi agli arresti domiciliari che si conclusero il 23 giugno scorso, poi in libertà. L'accusa, per lui e per molti altri, era di associazione a delinquere finalizzata tra l'altro alla gestione illegale di appalti, slot machine, e prostituzione. E' l'inchiesta della concussione sessuale che ha agitato le acque della Rai e degli affari attorno al Casinò ma anche dei faccendieri vaticani, dei massoni e di trafficanti internazionali. Il pubblico ministero potentino Henry John Woodcock, titolare dell'inchiesta, ha gia condotto indagini difficili in passato. Ricordiamo ad esempio quella che ha portato in carcere un funzionario del Sisde amico di Cossiga, pestando i calli a Castelli che lo sottopose a procedimento disciplinare ma che gli fruttò solo grande delusione.

di Giovanna Pavani

Non è stato facile. Ma alla fine un pizzico di buon senso ha pervaso anche alcuni dei rappresentanti europei più refrattari a trovare un compromesso possibile sui finanziamenti di Bruxelles finalizzati alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. E così è stato varato un programma quadro europeo che permetterà, almeno, di fare sperimentazione su quegli embrioni che sono considerati inutili al fine della procreazione assistita. E l'Italia ha detto sì. Non si tratta di un accordo storico. Però è un primo passo verso l'apertura alla ricerca anche sul fronte delle staminali embrionali: senza questo documento, infatti, la ricerca sarebbe rimasta off limits anche su quelle cellule inutili per qualsiasi fine, ma giudicate intoccabili solo perchè embrionali, dunque "potenzialmente vita" secondo la subordinazione della politica ad una morale di parte, quella cattolica.

di Giovanna Pavani

Non ci vogliono stare. Se, all'indomani della sentenza del Caf un po' tutte le società colpite hanno annunciato ricorsi al Tar, promettendo di smontare quanto è uscito dalle aule del Foro Italico, ricostruendo un campionato di serie A come se nulla mai fosse successo, merita un'attenzione particolare quando sta accadendo, in queste ore, nel quartier generale di Forza italia. Si stanno attrezzando per fare "giustizia" a modo loro, partendo da un presupposto che già nei giorni scorsi era stato ventilato nelle parole di alcuni esponenti azzurri e della Lega, Bondi, Maroni e Bonaiuti in testa: se può considerarsi fondata la sentenza contro la Juve, così come quelle contro Lazio e Fiorentina, di certo il Milan è stato colpito con l'intenzione di colpire Berlusconi. Una sentenza politica, altrochè. Ma il punto non è l'ennesimo delirio di lesa maestà scatenato dai reggicoda del Cavaliere in cerca di nuove occasioni di servilismo nei confronti del loro leader colpito nell'affetto più caro. Quello che inquieta è che, ancora una volta, gli azzurri si stanno attrezzando per usare una legge che prossimamente verrà dibattuta in Parlamento, quella sull'indulto: cercheranno di cavalcarla per consentire al Milan di cominciare il prossimo campionato di serie A senza la pesante penalizzazione di punti che gli ha inflitto la giustizia federale. Quando si dice pensare al bene del Paese…

di Carlo Benedetti

Il dialogo tra il Vaticano e la Cina sfugge alle interpretazioni tradizionali della diplomazia mondiale, perché su tutta la "vicenda" predomina una componente di misticismo. Valgono poco i testi delle cancellerie e bisogna ricorrere alle sacre scritture, cattoliche o marxiste che siano.
Da un lato c'è la Chiesa di Roma che ritiene che la sua missione divina consiste nel portare il "verbo" nella terra della Grande muraglia; dall'altro lato ci sono i comunisti cinesi che prendono tempo muovendosi con le regole del ping-pong. Un colpo a destra, uno a sinistra, una "schiacciata" e poi di nuovo la pallina sul tavolo.
Intanto il tempo corre. Ma ora, con insistenza particolare, si parla di un reale avvicinamento, di una "disposizione" cinese al dialogo, di possibili aperture che possono far prevedere un viaggio di Papa Ratzinger, dalle mura vaticane alla muraglia cinese. Qualcosa si muove. Ma siamo sempre nel bel mezzo di quelle sabbie mobili delle valutazioni contraddittorie.

di Giovanna Pavani

Già, nemmeno Fidel aveva avuto tanto ardire. E neppure Ortega, neppure Jarusewlsky, in tempi e in condizioni storiche diverse, avevano "osato" disertare l'invito del Papa a prendere parte alla messa durante le visite apostoliche nei rispettivi Paesi. Certo, in quelle occasioni s'erano trovati davanti un pontefice dello spessore e del carisma di Woitjla, uno con cui valeva la pena parlare pur pensandola in modo radicalmente opposto: un'occasione unica, con un papa unico. Zapatero si è invece permesso di dire no al successore, l'integralista bavarese. A ricevere Benedetto XVI come Capo di Stato c'è andato. Ma la messa, a Valencia, il Papa se l'è cantata da solo con i suoi sostenitori, una minoranza di aficionados dei bei tempi andati dell'Inquisizione che, non a caso, ha fischiato il premier spagnolo a pieni polmoni. Zapatero ha tirato dritto, la contestazione si è spenta, lui è uscito vincitore.


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