di Bianca Cerri

Dicono che l'11 settembre abbia cambiato la classe politica americana, ma non è esattamente così. Semmai, è stata la classe politica americana ad usare l'11 settembre per imporre condizioni soffocanti ad altri paesi. Bush riuscì a convincere l'opinione pubblica della necessità di una "guerra giusta" che avrebbe "maturato i frutti della democrazia" prima ancora che fossero spalate via le macerie di Ground Zero. Iniziò così a delinearsi per tutto l'Occidente uno scenario orwelliano, dove la gente si abituò a vivere sospesa tra continui allarmi sul terrorismo, retorica politica grondante odio, richiami alla vendetta, complotti vari e privazioni delle libertà personali. Ma in questi cinque anni non abbiamo saputo nulla su quello che realmente avvenne l'11 settembre del 2001, né ci hanno mai convinto le spiegazioni ufficiali. A quanto risulta, il crollo del WCT non è servito che a lasciare mano libera ai governi occidentali per aggredire altri popoli sacrificandone il presente e pregiudicandone il futuro con il pretesto della lotta al terrorismo. Dal nostro 11 settembre esistenziale abbiamo visto il paese più potente del mondo abbandonarsi alla voluttà della tortura con il beneplacito di accademici, rappresentanti della legge e giornalisti, e ora siamo stanchi. E' vero che quanto accadde a New York fu una tragedia immane, soprattutto per un Occidente intento a crogiolarsi nell'autocompiacimento. Ma è anche vero che gli Stati Uniti continuano a servirsene per rimodellare il mondo con le armi.

di Carlo Benedetti

Nebojsa Medojevic Abbandonata l'unione con la Serbia, messa in archivio l'intera federazione jugoslava e fissate le basi per una vita istituzionale autonoma (con un referendum svoltosi nel maggio scorso) il Montenegro si avvia ora alla sua prima consultazione elettorale per formare - con 81 seggi - il Parlamento del dopo secessione. L'appuntamento, per circa 500mila elettori, è per il 10 settembre. E già si annuncia una dura sfida tra le forze che si sono battute per l'indipendenza e quelle che hanno sempre rivendicato la validità della vecchia scelta federale. In termini pratici questo vuol dire che nelle schede figureranno 12 partiti e coalizioni con circa 700 candidati. Secondo i commentatori montenegrini il partito favorito dovrebbe essere quello socialdemocratico, che rappresenta l'ala moderata della società locale. Si tratta di una formazione alla cui testa si trova ancora quel Milo Djukanovic che sta guidando la transizione dal periodo jugoslavo a quello attuale. E' lui - "padre" dell'indipendenza - che punta ora a sfruttare la vittoria al referendum per ottenere la maggioranza in Parlamento.

di mazzetta

Sono passati quasi cinque anni da quando i talebani furono costretti a fuggire dall'Afghanistan sotto l'incalzare degli attacchi dell'Alleanza del Nord e degli americani; cinque anni nei quali i talebani hanno saputo resistere ai tentativi di annichilimento ed agli attacchi combinati di Usa ed esercito pachistano una volta rifugiatisi nei territori tribali oltre frontiera.
L'altro ieri, dopo tre fallimentari offensive nel corso di questi anni, il dittatore pachistano Musharraf ha capitolato e ha firmato un accordo che concede ai talebani l'inviolabilità del Waziristan (la regione tribale) riconoscendo loro di fatto la sovranità sull'area montagnosa al confine dell'Afghanistan.

di Bianca Cerri

La leggenda vuole che anche il cittadino più umile possa aspirare alla Casa Bianca, ma a ben guardare le cose non stanno proprio così. Almeno a giudicare dal conto in banca di alcuni degli uomini politici americani più potenti. Mettendo da parte George Bush, i cui averi sono ormai incalcolabili, il partito repubblicano conta tra i suoi rappresentanti solo miliardari.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Centocinquanta milioni di abitanti, un territorio di 17 milioni di chilometri quadrati dalle coste del mar Glaciale Artico alle steppe dell'Asia centrale. Tutto sotto il controllo di una nuova nomenklatura che vede in testa cinquanta nomi eccellenti. Personaggi che fanno parte, per lo più, dell'entourage presidenziale. Sono l'avanguardia di una nuova classe post-sovietica. Coinvolti nelle operazioni finanziarie più sfacciate. Legati agli ambienti economici degli Usa e di Israele, alle grandi banche internazionali, alle holding del petrolio e del gas. Sfuggono tutti a qualsiasi catalogazione sociale. Ora i loro nomi sono di pubblico dominio e i russi, che si accingono ad affrontare le elezioni regionali e presidenziali (nel 2008), cominciano a seguire con sempre maggiore interesse quanto scrive in merito quella stampa che conserva ancora una certa libertà nei confronti dei diktat del Cremlino. Irrompono nella scena del paese scenari degni di storie gialle.


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