di Carlo Benedetti

L’Ucraina è in marcia secondo le regole di un golpe programmato dagli americani in versione antirussa. Apre gli scontri il presidente di Kiev Viktor Yushenko che, attaccando il premier Viktor Ianukovic, scioglie la “Rada” (il parlamento locale), fissa le elezioni legislative per il 27 maggio e punta a riportare alla guida del governo Yulia Volodomyrivna Tymoshenko. Come dire che la “Rivoluzione arancione” del 2004 continua. E questo – alla luce della situazione attuale – può anche voler dire che l’Ucraina è di nuovo alla vigilia di una scissione. Due paesi in uno. Da una parte la zona industriale - quella forte e filorussa delle aree operaie – dall’altra quella contadina, cattolica e filoccidentale di Lvov. Due Ucraine, quindi. La prima orientata verso Mosca, la seconda che guarda alla Polonia antirussa e allo sponsor d’oltreoceano.

di Alessandro Iacuelli

La Gazzetta Ufficiale della Repubblica Francese ha pubblicato quel che già da settimane si attendeva: il decreto che autorizza il colosso elettrico d'oltralpe EDF a costruire il suo reattore nucleare di terza generazione "EPR" a Flamanville, in Normandia, progetto nel quale è coinvolta anche ENEL. Dopo il via libera dell'Autorità di sicurezza del nucleare e del ministero della sanità, "nulla si opponeva più alla firma del decreto", ha dichiarato il ministro dell'Economia e delle Finanze, Thiery Breton, al quotidiano Les Echos. I dubbi sul progetto riguardano però la sua ubicazione: occuperà infatti 120 ettari di terreno, a ridosso delle scogliere del Cotentin: una zona direttamente affacciata sull'Atlantico, soggetta spesso a bufere e mareggiate.
Altri dubbi vengono dal fatto che la pubblicazione del decreto avviene all'indomani dell'incidente nucleare di Dampierre, avvenuto lo scorso 9 aprile nel Loiret, dipartimento francese della regione Centro. Il comunicato dell’Autorità di sicurezza nucleare (ASN), sostiene essersi verificato un incidente sul reattore numero 3 della centrale nucleare gestita dalla stessa EDF e sottolinea che è stato provocato "da un abbassamento dell'energia elettrica".

di Elena Ferrara

La parola “pace” è bandita dal Darfur. Con il tragico scenario del Sudan e del Ciad che riprendono le ostilità. Da Khartum (che alle spalle ha sempre una guerra civile tra Sud e Nord del paese, scoppiata per il controllo dei giacimenti di petrolio e complicate questioni etniche e religiose) giungono notizie sempre più allarmanti (in Darfur si combatte) che riferiscono di un’aggressione armata, in cui almeno 17 soldati sudanesi sarebbero rimasti uccisi dopo un’incursione delle truppe del Ciad. E da N’Djamena – la capitale situata sulle rive del fiume Chari – si ammette l’incursione sostenendo, però, che alcuni reparti dell’esercito erano sì entrati nella regione sudanese del Darfur, ma solo per inseguire un gruppo di ribelli. E sempre in riferimento a questi scontri il Ciad accusa le forze sudanesi di essere intervenute a protezione delle retroguardie dei ribelli del Cnt (“Concordia nazionale del Ciad”). Khartum sostiene invece di avere respinto un attacco nella zona di Khour Baranga, nel Darfur occidentale. E ancora una volta negli scontri – a quanto risulta alle agenzie di stampa - ci sarebbero state ingenti perdite tra i civili.

di Giuseppe Zaccagni

Un Iran sempre più impenetrabile con un potere centrale – quello del presidente Mahmoud Ahmadinejad – capace di dispiegare una forza immensa, ma allo stesso tempo di muoversi in uno stato di palese incertezza. E’, in sintesi, la fotografia dell’oggi. Dove in primo piano svetta il capo supremo del Paese che lancia un annuncio che è, allo stesso tempo, un monito sul quale riflettere. La sede prescelta da Ahmadinejad è la città di Natanz (200 chilometri a sud della capitale) dalla quale, appunto, parte una nuova sfida: è l’avvio della nuova era nucleare di Teheran. Ed è un significativo ed agghiacciante incipit del discorso del leader iraniano che risuonerà per vario tempo nelle cancellerie dei paesi che temono l’Iran: “A partire da oggi l'Iran si è aggiunto alla lista di quei Paesi in grado di produrre combustibile nucleare". Nessuno, quindi, sarà in grado di fermare il programma nucleare di Teheran perché – come ama ripetere con tragica monotonia Ahmadinejad - "il nostro percorso nucleare è una strada senza ritorno". Il percorso è quello dell’arricchimento dell’uranio.

di mazzetta

Nel nostro paese l’Afghanistan ha l’immagine di un giornalista liberato che esce esultando dall’aereo che lo ha riportato in patria. Nel nostro paese il dibattito sull’Afghanistan si riduce a una squallida lotta ad uso interno, ora strumentalizzando la morte di un afgano che non abbiamo saputo proteggere, ora mettendo sul banco degli imputati Emergency, mentre i soliti sciacalli premono perché i nostri soldati combattano ed uccidano, dimostrando agli alleati che anche il paese dove prosperano questo genere di imbecilli ha gli attributi. L’avventura in Afghanistan era cominciata all’indomani del 9/11, quando l’America ferita decise di farla finita con i “terroristi” che essa stessa aveva allevato come serpi in seno in funzione antisovietica. All’epoca fonti affidabili dell’intelligence americana valutavano tra i cinquemila ed i diecimila uomini il nucleo che faceva riferimento ad “al Qaeda” e soci. Per sgominare il mostro si decise di invadere l’Afghanistan e di cacciare il regime talebano il quale, oltre ad ospitare i qaedisti, aveva condotto il paese nelle braccia di un medioevo anacronistico.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy