di Elena Ferrara

Le guerre dei grandi – oltre venti conflitti in tutto il mondo – vedono impegnati mezzo milione di bambini e bambine. E’ la tragedia del secolo con ragazzini che sono utilizzati in combattimento sia da parte delle forze governative che di quelle dei movimenti di opposizione. Piccoli armati di kalashnikov e di bombe a mano, impegnati al fronte o come killer e kamikaze. Spesso restano feriti o sottoposti ad efferati abusi. Molti sono fuori del conto delle guerre e dei morti. Personaggi “minori” dei quali non si parla e sui quali è steso un velo di silenzio. I paesi della vergogna sono tanti. Afghanistan, in primo luogo. E poi Angola, Sierra Leone (dove già 40mila sono stati smobilitati), Costa d’Avorio, Sudan, Kosovo, Cecenia, Burundi, Ruanda e Myanmar nazioni, tutte, che hanno mandato bambini sulla linea del fronte. Altri governi, come quelli di Colombia, Uganda e Zimbabwe, hanno appoggiato formazioni paramilitari che impiegano bambini soldato. E in paesi come Indonesia e Nepal i bambini sono usati come informatori, spie o messaggeri.

di Giuseppe Zaccagni

Il fronte del nucleare coreano ed iraniano è sempre caldo, mentre le varie proposte non riescono a fondersi in iniziative concrete, accettabili. Da Pyongyang Kim Jong Il dichiara la propria disponibilità ad accogliere gli ispettori dell'Aiea, ma solo dopo che sarà confermato lo sblocco dei 25 milioni di dollari congelati dagli americani in un conto a Macao, presso il “Banco Delta”. Da Teheran Mahmud Ahmadinejad fa capire di essere nuovamente pronto ad una trattativa e concorda anche un faccia-a-faccia tra il suo negoziatore Ali Larijani e l'Alto Rappresentante dell'Unione Europea per la politica estera e la sicurezza, Javier Solana. La data dell’incontro dovrebbe essere il 25 aprile in una località ancora da definire. Si va, quindi, verso un processo distensivo pur se i due paesi puntano sempre a far valere i loro programmi. Ma per evidenziare una certa volontà distensiva sia Pyongyang che Teheran annunciano una serie di iniziative.

di Carlo Benedetti

Le manganellate di Mosca e San Pietroburgo sembrano avere una certa continuità. A Mosca dissidenti ed oppositori sono sotto accusa. Si muovono polizia e magistrati. E ancora una volta c’è, in Russia, una situazione delicata e difficile che va esaminata con molta attenzione (e preoccupazione…) proprio perché tutto è in movimento, mentre si dispiega una competizione senza frontiere tra mercati finanziari vecchi e nuovi. Si è così di fronte ad uno sfacciato tradimento delle promesse e ad una sorta di fallimento politico di quel disegno “democratico” - post-eltsiniano - tanto propagandato. Cerchiamo di districarci in questo labirinto geopolitico che si è andato sempre più caratterizzando, negli ultimi tempi, con il prevalere di un dibattito politico che ha solo enfatizzato i contrasti tendendo a risolvere ogni confronto in una questione di schieramenti. E, di conseguenza, lacerando il Paese. Partiamo, per questo tentativo di ricostruzione analitica, dagli ultimi fatti.

di Laura Bruzzaniti

Il 9 maggio prossimo in una piazza de L’Aja (Paesi Bassi) sarà tolto il velo ad un nuovo monumento ai caduti. Un grande acero collegato tramite webcam ad un sito internet, realizzato dell’artista olandese Voebe de Gruyter, sarà posto a memoria di una categoria particolare di caduti in guerra: non i caduti di una guerra in particolare, né i caduti di tutte le guerre, ma le vittime delle armi chimiche, morti in battaglie e guerre diverse, per mano di nemici diversi, nel corso dell’ultimo secolo. Come i 5.000 morti a Ypern il 22 aprile 1915 per il gas di cloro usato dall’esercito tedesco, o i morti in Abissinia per mano italiana, i caduti del Vietnam, o quelli dello Yemen per l’acido cianidrico impiegato dall’Egitto, o i Curdi morti ad Halabja nel 1988 per i gas nervini iracheni.

di Carlo Benedetti

Boris Nikolaevic Eltsin passa alla storia per aver ordinato il bombardamento del Parlamento, per aver posto la sua firma nell’atto di scioglimento dell’Unione Sovietica, per aver combattuto contro il sistema socialista dell’Urss, per aver gettato le basi di un capitalismo selvaggio. E soprattutto per essere stato uno zar rozzo, inflessibile e astuto: espressione di una potenza irrazionale, convinto di voler e poter rifare tutto da capo. Non, comunque, un liberale impegnato sul terreno delle riforme democratiche, ma un populista capace di cogliere gli umori della gente. Era arrivato al vertice sull’onda lunga di una lotta alla corruzione e ai privilegi della nomenklatura, ma una volta al Cremlino si era scordato platealmente di tutto. E’ stato – ricordiamolo - il primo presidente della Russia - dal 1992 al 2000 – sino a quando lasciò il Paese nelle mani di Vladimir Putin. Travolto da scandali, circondato da oligarchi e mafiosi, è stato in tutti questi anni in chiaro declino fisico e psicologico. E’ morto a 76 anni. Ed ora il Cremlino – “liberatosi” della ingombrante presenza – potrà riuscire a fare i conti con la storia dell’intero periodo della transizione post-sovietica. E vedere, forse, le cose più obiettivamente, gettando nuova luce su una gestione che si caratterizzò con intrighi e lotte di palazzo.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy